Guardi e non c’è più. In questi tempi di crisi climatica succede troppo spesso di cercare un ghiacciaio, un lago, una spiaggia, qualcosa che eri abituato a trovare lì, come una presenza rassicurante, e poi non vederla più. Perché fuso, evaporato, sommerso, distrutto.
Questa volta è successo con il ghiacciaio di Flua, un gigantesco ammasso bianco che nell’800 misurava ben 80 ettari, come 112 campi di calcio.
Oggi invece sul Monte Rosa, del ghiacciaio non c’è praticamente più traccia. Svanito, sparito. Restano solamente piccoli cumuli di neve dovuti alle recenti nevicate tardive, poi un mare di rocce e detriti. Stop.
Il ghiacciaio di Flua si è estinto e la colpa, ancora una volta, è della crisi climatica e del graduale ma costante aumento delle temperature dovuto al peso delle emissioni inquinanti di natura antropica introdotte in atmosfera.
Lo stesso destino, tra l’altro, a cui dal 2050 sembrano destinati anche i ghiacciai alpini con quote massime al di sotto dei 3500 metri, tra cui anche quelli dell’Adamello e della Marmolada.
A scattare la drammatica fotografia ci ha pensato la Carovana dei Ghiacciai 2024, la campagna nazionale di Legambiente in collaborazione con CIPRA Italia e con la partnership scientifica del Comitato Glaciologico Italiano, che per la sua terza tappa è arrivata in Piemonte sul Monte Rosa per osservare quel che resta del ghiacciaio di Flua.
Ma le cose non vanno meglio sul versante sud del Rosa: anche i ghiacciaio delle Piode e il Sesia-Vigne non se la passano bene. Dagli anni ’80 sono arretrati di oltre 600 metri lineari.
A preoccupare c’è anche la triste scoperta che ormai lo zero termico sale a quote sempre più elevate: ciò determina un minor accumulo di neve alle quote più basse e, dunque, una perdita di massa glaciale. Ricordi quanto successo sul Monte Bianco?
A ciò vanno uniti i sempre più frequenti eventi meteo estremi in quota: ben 101 quelli registrati nelle regioni dell’arco alpino in questi primi sette mesi del 2024 (da gennaio a luglio) dall’Osservatorio Città Clima di Legambiente. Erano 87 nel 2023 e 70 nel 2022 (sempre nello stesso periodo). Le regioni più colpite in questi primi mesi del 2024 sono state Lombardia, Veneto e Piemonte, rispettivamente con 40, 27 e 13 eventi estremi.
“La fusione dei ghiacciai e gli eventi meteorologici estremi generano lungo le pendici del Monte Rosa una serie di effetti a cascata – ha spiegato Marco Giardino, vice presidente del Comitato Glaciologico e professore dell’Università di Torino – che vanno rilevati e monitorati costantemente e che non possono essere sottovalutati. “Cascate” di ghiaccio dalle cime più elevate, cascate di acqua che si originano dalla fusione glaciale, cascate di detriti che queste acque veicolano verso il basso durante gli eventi piovosi più intensi, cascate di blocchi che staccandosi per frana dalle pareti rocciose ricoprono in parte i ghiacciai. Abbiamo potuto riconoscere ciascuno di questi fenomeni salendo in quota, osservando il versante sud del Monte Rosa, con i ghiacciai delle Piode, di Sesia-Vigne, e il ghiacciaio di Flua che il Comitato Glaciologico Italiano monitora sin dal 1927. La conoscenza scientifica degli ambienti d’alta montagna permette di accrescere la consapevolezza sul cambiamento climatico e di affrontarne gli effetti con maggiore preparazione".
Fonte | Legambiente