Il sughero: un tesoro sostenibile e 100% riciclabile

La produzione del sughero è una delle attività più praticate in Italia. Questa pianta si sviluppa nell’area mediterranea e contribuisce al rimboschimento delle aree inutilizzate, ma soprattutto è rinnovabile e riciclabile. Per parlare della sostenibilità di questa filiera abbiamo intervistato Pino Angelo Ruiu, Responsabile forestale della Sughereta Sperimentale di “Cusseddu-Miali-Parapinta”.
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Francesco Castagna 11 Aprile 2022
In collaborazione con Pino Angelo Ruiu Responsabile forestale della Sughereta Sperimentale di “Cusseddu-Miali-Parapinta”

È un materiale che hai in casa e fa parte di oggetti che usi ogni giorno: il sughero. Probabilmente, avendolo sempre a portata di mano, non hai mai pensato alla sua importanza. Eppure devi sapere che è riciclabile e sostenibile.

Ricordi quando da piccolo ti dicevano di non staccare la corteccia dalle piante? Ecco, il sughero è un materiale che si estrae proprio da lì. È un tessuto che si ricava dalla sughera. Come accade a ogni organismo vivente, una volta che le cellule della corteccia muoiono si riempiono di aria e di gas, dando al sughero una proprietà isolante. Questa barriera isolante è il motivo per cui grazie ai tappi puoi bere un vino di qualità, oppure ad esempio, avere degli ambienti caldi in inverno e freddi d’estate con i pannelli isolanti.

Ma quanto è sostenibile questa pianta? E soprattutto, la sua filiera produttiva lo è? Per capirlo, ci siamo fatti aiutare da Pino Angelo Ruiu, Responsabile forestale della Sughereta Sperimentale di “Cusseddu-Miali-Parapinta”.

Situata nel comune di Tempio Pausania (SS), la riserva è gestita dal “Servizio della Ricerca per la Sughericoltura e la Silvicoltura dell’Agenzia Regionale Agris Sardegna”.

Pino Angelo Ruiu è il primo al mondo ad aver ottenuto, insieme ai suoi colleghi, la certificazione FSC di sostenibilità per la sughereta e la certificazione di servizi ecosistemici.

Certificazione FSC

Magari anche tu ti sarai accorto che sempre più persone sono interessate a conoscere la provenienza dei prodotti che acquistano, la loro realizzazione e che tipo di impatto hanno sull’ambiente. In base a questo, anche tu preferisci un prodotto piuttosto che un altro. Le aziende, in base a questi criteri, scelgono come acquistare i materiali.

"I parametri FSC sono dieci criteri stabiliti a livello internazionale, vanno ad esempio dal non utilizzo di sostanze chimiche industriali nella sughereta, al rispetto dei diritti dei lavoratori, al rispetto delle condizioni della sicurezza”, dice Ruiu.

Un marchio di sostenibilità in questo momento è una garanzia. La certificazione FSC fa proprio questo, ti dà la sicurezza che ciò che compri è sostenibile e realizzato in maniera responsabile dal punto di vista ambientale, economico e sociale.

“Noi siamo stati certificati come gestione forestale sostenibile nel 2005 e l’abbiamo rinnovata fino al 2020”, spiega il responsabile forestale. La certificazione si divide in: “Gestione forestale” per proprietari e gestori, e “Catena di custodia”, che garantisce la rintracciabilità dei materiali per chi si occupa del commercio dei prodotti forestali. Attualmente in Italia sono 24 le aree boschive certificate FSC.

“Abbiamo ottenuto nel 2020 anche la certificazione di servizi ecosistemici. Sono i servizi supplementari che fornisce un’area boscata, per esempio: la tutela delle risorse idriche, del suolo e delle biodiversità. Rappresentano gli elementi di carattere ambientale, ecologico ed economico”, dice Ruiu.

Negli ultimi anni capire ciò che può offrirci la natura sta assumendo sempre più importanza. Le aree boschive come le sugherete devono essere tutelate perché contribuiscono, se non lo sapevi, ad assorbire nell'area mediterranea 14 milioni di tonnellate di CO2 all'anno. Così facendo le sugherete contribuiscono a contenere il riscaldamento del Pianeta. La cura di questi ambienti genera anche un valore economico per chi si occupa della produzione di sughero.

“All’interno della sughereta abbiamo più di 400 specie di piante, più di 40 specie di uccelli e più di 200 specie di funghi: un bagaglio di biodiversità immenso. Tutto ciò non viene quantificato dal punto di vista economico: tutelare la biodiversità quanto vale?”, dice Ruiu, spiegando come la cura di questi ambienti riguardi tutti, dal momento che la qualità dei prodotti che compri dipende soprattutto dal lavoro attento nel territorio di provenienza. Più i produttori si prenderanno cura delle sugherete e più faranno bene alla natura, i prodotti sostenibili che ne derivano avranno un valore economico maggiore.

Come si ricicla

L’utilizzo del sughero in Italia è vasto e svariato: viene utilizzato principalmente per la produzione di tappi o per la produzione di materiale da isolamento, ma anche per la produzione di scarpe. In Italia si esporta come prodotto finito dal momento che ce n’è in abbondanza. La produzione è concentrata soprattutto in Sardegna.

E quando hai finito di bere una bottiglia di vino? Dove butti il tappo in sughero? Come lo ricicli?

Tranquillo, questo è un dubbio comune. Ti diciamo che, se si sta parlando di una quantità piccola, puoi tranquillamente buttarlo nell’umido perché si trasformerà in compost, in questo modo ridurrai i rifiuti che prima erano destinati alla discarica. Mai buttarlo nell’indifferenziato, puoi sempre sbriciolarlo e distribuirlo nel terriccio delle tue piante. Se invece si parla di una grande quantità di sughero, il ciclo di smaltimento si sposta dalle aziende che producono i tappi a quelle nel campo della bioedilizia e bioarredamento, che producono materiali fonoassorbenti (che assorbono suoni o rumori) o termoisolanti (che assorbono il calore). Queste aziende, proprio come puoi fare in casa tua, sbriciolano il sughero e lo riassemblano per creare altro materiale come oggetti di architettura e design o pannelli isolanti per gli edifici. Si tratta quindi di un materiale riciclabile al 100%.

Inoltre, devi sapere che le cellule del tessuto del sughero contengono delle sostanze che lo rendono un materiale resistente:

  • all’acqua: la sua impermeabilità gli consente di invecchiare senza deteriorarsi
  • al fuoco: quando viene bruciato non produce fiamme, non emana gas tossici e quindi la combustione non emette CO2.

Gestione sostenibile 

Dal punto di vista della compatibilità della gestione, si parla di sostenibilità delle sugherete anche perché il sughero prodotto è certificato e ha un’origine controllata. L’industria che l’acquista, che è certificata a sua volta, chiude il ciclo, ovvero produce dei tappi che hanno un’origine controllata. “Lo scarto del sughero grezzo, ovvero la polvere, non viene buttato via ma viene utilizzato come combustibile per produrre energia elettrica. È praticamente una catena chiusa, non c’è nessun tipo di inquinamento da questo punto di vista”, spiega Ruiu, e continua: “Anche un incremento della produzione non impatterebbe sulla sostenibilità della filiera, noi abbiamo in Sardegna allo stato attuale circa 120mila ettari di sughereta produttiva, che possono essere tranquillamente incrementati fino a 200mila ettari, utilizzando delle aree produttive che attualmente sono abbandonate”.

Ruiu spiega come le sugherete siano la scelta più giusta per i produttori, e continua: “si tratterebbe di aumentare la superficie boscata, questo non entra in contraddizione con la gestione sostenibile, anzi, l’aumenta perché aumenta lo stoccaggio di carbonio. L’importante è che si mantenga ciò che abbiamo”.

Devi sapere che la sughera è una pianta che va coltivata in zone attualmente improduttive, e non dove è possibile seminare altre coltivazioni. Questo perché, se non ne eri a conoscenza, è un albero molto frugale, quindi si adatta bene ai terreni dove invece non sarebbe possibile la crescita di un frutteto. Come afferma Ruiu: “In Sardegna abbiamo quasi tutte le aree di media collina che sono attualmente abbandonate e incustodite, con tutti i problemi che causano dal punto di vista biologico e idrogeologico, che potrebbero essere recuperate investendo nel rimboschimento di sugherete”.

Un materiale rinnovabile

Se possiedi in casa una pianta di limone, o più comunemente un rosmarino o un basilico, saprai che ogni tanto devi potarla. Più o meno lo stesso processo accade per la sughera: dal momento in cui nasce, la prima estrazione del sughero si fa dopo 25 anni e viene estratto quello che comunemente si chiama “sughero maschio” o “sugherone”: un tipo di sughero che non può essere utilizzato per la produzione pregiata dei tappi.

Come spiega Ruiu: “Bisogna aspettare altri 10 anni per poter riestrarre del sughero da utilizzare e quindi poi ogni 10 anni è possibile ripetere l’estrazione. Una pianta da sughero vive dai 150 ai 200 anni, una volta che le piante cominciano a invecchiare producono progressivamente sempre meno sughero". Possiamo dire quindi che in media una sughera può produrre sughero da lavorare per dieci volte nel corso della sua vita.

Nelle aree delle sugherete certificate non è possibile pascolare animali, non c’è presenza di coltivazioni agronomiche e nessun tipo di prodotto chimico industriale viene utilizzato, in modo da evitare il più possibile l’inquinamento causato dall’attività umana.