In Italia esistono ancora Comuni senza fognatura ma le acque reflue sono una risorsa

Fognature assenti in quasi 300 comuni e oltre 930 agglomerati in infrazione perché non depurano adeguatamente. Servono miliardi di euro per sfruttare la risorsa acqua. Questi i dati allarmanti che emergono, in occasione della Giornata Mondiale dell’Acqua, nel Blue Book di Fondazione Utilitatis sul tema.
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Andrea Di Piazza Geologo specializzato in Green Management
22 Marzo 2024 * ultima modifica il 22/03/2024

Frequenti siccità e riduzione delle piogge sottolineano l'urgente necessità di aumentare il livello di disponibilità d'acqua per gli usi civili, agricoli e industriali. Nuovi pozzi, nuove derivazioni o invasi, possono certamente contribuire a questa causa, ma un grande potenziale ancora pienamente inespresso deriva dall'acqua che "gettiamo" ogni giorno. I reflui urbani, al pari dei rifiuti, sono una risorsa preziosa che va recuperata, trattata e re-immessa in circolo non soltanto per differenziare gli approvvigionamenti ma anche per tutelare l'ambiente che ci circonda e la nostra salute. Nella Giornata Mondiale dell'Acqua, la presentazione dei dati del Blue Book di Fondazione Utilitatis sul tema, ci ricorda che il nostro Paese è ancora piuttosto indietro sulla depurazione e il riutilizzo delle acque reflue. Un ritardo che stiamo pagando caro non solo da un punto di vista ambientale ma anche economico.

Sversamenti e infrazioni

Sembra incredibile eppure, in Italia, ancora oggi il servizio pubblico di depurazione delle acque reflue urbane è completamente assente in 296 comuni, dove risiedono 1,3 milioni di abitanti. Quasi il 70% di questi comuni è localizzato al Sud, principalmente in Calabria, Campania e Sicilia. Un situazione spaventosa, come confermano anche le cronache locali: è soltanto di pochi giorni fa la notizia che un depuratore nei pressi del paese di Petralia Soprana, in Sicilia, non sarebbe mai entrato in funzione sversando i liquami nei terreni adiacenti e dunque nelle falde acquifere.

A conferma di questo quadro, come si evince dal Blue Book, l'Italia è soggetta a quattro procedimenti di infrazione per mancata o non adeguata ottemperanza alla direttiva 91/271/CEE, che riguarda proprio il trattamento delle acque reflue urbane. Si tratta di 930 agglomerati essenzialmente localizzati al Sud, mentre le uniche regioni a non registrare anomalie da questo punto di vista sono il Piemonte, il Trentino Alto Adige e l'Emilia-Romagna.

Migliorare è possibile

Superare le infrazioni europee è possibile ma servono ingenti investimenti. Considerando tra gli agglomerati, per esempio, solo gli interventi gestiti dal Commissario Unico per la Depurazione, si tratta di oltre 700 progetti per un importo complessivo di circa 3,6 miliardi di euro. Il PNRR ha destinato 600 milioni di euro ad interventi distribuiti un po' in tutte le regioni, con l'obiettivo di ridurre di almeno 2.570.000 il numero di abitanti residenti in agglomerati non conformi alla direttiva.

Se il nostro Paese dunque ancora arranca sull'adeguamento impiantistico, tenere il passo con i nostri cugini europei non sarà impresa semplice, considerato che è già ai nastri di partenza una nuova direttiva sul trattamento delle acque reflue urbane che introduce obiettivi ancora più stringenti per assicurare la qualità dei trattamenti. Come emerge dai dati del Blue Book, del resto, l'adeguamento del parco impiantistico italiano alla nuova direttiva si traduce in una spesa complessiva pari a circa 5 miliardi di euro per dotare gli impianti attuali dei processi di eliminazione di azoto e fosforo (il cosiddetto trattamento terziario) e tra 1,6 e 6,1 miliardi di euro per implementare gli impianti esistenti con sistemi di trattamento che eliminino uno spettro più ampio di microinquinanti (trattamento quaternario).

Il riutilizzo per l'agricoltura

L'adeguamento è necessario non solo per migliorare il processo depurativo e dunque la qualità dell'acqua in uscita, ma anche per garantirne così il suo riutilizzo per esempio per fini irrigui. In un’ottica di economia circolare, il riutilizzo delle acque reflue può rappresentare una risorsa non convenzionale di grande valore, considerando che il contributo potenziale offerto si colloca tra il 38% e il 53% del fabbisogno irriguo nazionale.

Insieme a questi interventi, per incrementare rapidamente la quantità di acqua disponibile, trova già attuazione il "Piano Laghetti", un'iniziativa congiunta di ANBI e Coldiretti che mira a costruire 10.000 invasi medio-piccoli e multifunzionali in tutta Italia entro il 2030. Questo piano non solo aumenterà la relativa capacità di invaso del 60%, ma espanderà anche le aree irrigabili di 435.000 ettari, creando più di 16.000 nuove opportunità di lavoro.

Dopo una laurea in Geologia ed un dottorato di ricerca presso l'Università degli Studi Roma Tre, ha lavorato come ricercatore presso altro…