Influenza aviaria, è morto il primo uomo contagiato dal “nuovo” virus H5N2: cosa sappiamo e quali sono i rischi

L’Organizzazione Mondiale della Sanità ha confermato che è morto l’uomo di 59 anni, messicano, infettato dal virus H5N2. Era il primo caso umano confermato in laboratorio a livello globale di infezione provocata da questo sottotipo di virus dell’influenza A. Non ci sono prove di una trasmissione uomo-uomo e le autorità considerano il rischio generale basso.
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Kevin Ben Alì Zinati 6 Giugno 2024
* ultima modifica il 06/06/2024

Dici aviaria e le orecchie del mondo si drizzano, mentre negli occhi serpeggia un alone di dubbio e timore.

Che il virus dell’influenza di tipo A, in particolare H5N1, abbia tutte le carte in regola per dare il via alla prossima pandemia ce l’aveva confermato anche David Quammen, l’autore di Spillover e di quella previsione sul Covid-19 che scettici e complottisti hanno bollato come “profezia” o “maledizione” e che invece altro non era se non una lineare deduzione della cronaca scientifica.

Le sue parole scritte sul New York Times, e poi ribaditeci in una lunga intervista via Zoom, non vanno quindi sottovalutate.

Non dobbiamo sottovalutare cioè i rischi legati alla sempre maggior diffusione di H5N1 nell’uomo, arrivata a un culmine a fine marzo 2024, quando Centers for Disease Control and Prevention statunitensi avevano segnalato l’infezione da A/H5N1 in un uomo originario del Texas.

Piuttosto, serve monitorarne l’evoluzione lasciando da parte l’allarmismo e mettendo in campo cautela, attenzione e prevenzione.

La stessa formula con cui oggi dobbiamo leggere anche la recente scoperta del primo caso umano confermato in laboratorio a livello globale di influenza aviaria veicolata dal virus A/H5N2.

tumore al seno

Registrata in Messico, l’infezione provocata da un sottotipo di virus dell'influenza A ha colpito un uomo di 59 anni, poi deceduto, che già era affetto da diverse altre malattie.

Mai prima di oggi questo agente virale era riuscito a diffondersi nella popolazione umana ma ciononostante l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha valutato l’attuale rischio per la popolazione generale come basso.

L’uomo prima dell’infezione era già stato costretto a rimanere a letto per tre settimane a causa di condizioni di salute precarie ma intorno al 17 aprile ha cominciato ad accusare febbre, fiato corto, diarrea, nausea e uno stato di malessere generale e così nella giornata del 24 aprile, è stato ricoverato presso l'Istituto nazionale per le malattie respiratorie "Ismael Cosio Villegas”.

Qui, però, la sua salute si è aggravata rapidamente al punto che l’uomo nel giro di poche ore alla fine è deceduto.

In quelle ore drammatiche era stato comunque sottoposto a un test PCR e l’esame del suo campione respiratorio aveva individuato tracce di un virus influenzale A non sottotipizzante.

Il campione è stato poi sottoposto a un processo di sequenziamento in un altro laboratorio che ha successivamente confermato: era un caso di influenza A(H5N2).

Non appena le autorità sanitarie hanno avuto la certezza di chi e cosa avesse contagiato l’uomo, hanno immediatamente fatto partire l’indagine epidemiologica per gli eventuali contatti e dei 17 identificati a livello ospedaliero, solo uno ha segnalato un raffreddore tra il 28 e il 29 aprile.

I campioni prelevati da questi contatti tra il 27 e il 29 maggio sono risultati negativi all’influenza e al SARS-CoV 2. Altri 12 contatti (sette sintomatici e cinque asintomatici) sono stati individuati vicino alla residenza dell’uomo ma i  campioni prelevati sono risultati tutti negativi.

Tutto, insomma, fa pensare che anche in questo caso la trasmissione da uomo a uomo non sia avvenuta. Il fatto che, secondo parenti e famigliari, il paziente messicano non avrebbe avuto contatti con pollame o altri animali infetti può disorientare ma va anche ricordato che, a marzo 2024, era stato rilevato un focolaio di influenza aviaria ad alta patogenicità A(H5N2) in un allevamento di pollame da cortile nello stato di Michoacán, che confina con lo stato del Messico dove risiedeva l’uomo.

Secondo l’Oms, le prove epidemiologiche e virologiche oggi disponibili suggeriscono che i virus A(H5) non hanno la capacità di trasmettersi tra esseri umano e che quindi l'attuale probabilità di diffusione sostenuta da uomo a uomo è bassa. In più, ad oggi non sono stati rilevati altri casi umani di infezione da A(H5N2), nemmeno associati a questo caso.

Questo però non vuol dire che la formula di prima non serva.

Fonte | OMS

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