La Cina chiude i battenti ai rifiuti: dove finirà tutta la plastica prodotta in Europa?

Da gennaio 2018 il governo di Pechino non accoglie più rifiuti riciclabili dai Paesi occidentali, che prima smaltivano così il 70% di tutti quelli prodotti. Al momento, le rotte hanno trovato nuove mete: Malesia, Vietnam e Thailandia. Ma queste nazioni hanno già annunciato che chiuderanno i confini entro il 2021. Come faremo a quel punto?
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Giulia Dallagiovanna 15 Novembre 2018

Se sei interessato al tema dell'economia circolare e del riciclo, avrai letto più di una volta che l'Italia è sul podio dei Paesi europei più efficienti. Recuperiamo il 70% dei rifiuti e il 43% degli imballaggi di plastica e cartone. Ma c'è un dato che non viene mai indicato: mentre ci prendevamo le medaglie, la Cina faceva il lavoro sporco. Perché va bene fare la raccolta differenziata alla perfezione, ma gli scarti poi vanno lavati, trattati e ritrasformati. Operazione che abbiamo sempre ceduto ad altri.

Almeno, fino a quando ce l'hanno permesso. Da gennaio 2018, il governo di Pechino ha chiuso i cancelli ai residui riciclabili che Europa, Stati Uniti e Giappone gli inviavano a ritmo di milioni di tonnellate ogni anno. Al momento, le rotte dei fiumi di plastica e altri scarti hanno fatto una deviazione verso la Malesia, il Vietnam e la Thailandia. Ma quando anche queste nazioni smetteranno di importarne, dove metteremo tutti i rifiuti?

Le porte chiuse della Cina

Solo nel 2016, Stati Uniti, Giappone ed Europa hanno affidato alla Repubblica popolare cinese il 70% di tutti i rifiuti plastici raccolti nel proprio territorio. Si parla di 7,3 milioni di tonnellate. Ed è solo una parte di tutta l'immondizia inviata a Pechino. L'America, da sola, riversa nel Paese 13,2 milioni di tonnellate di carta da macero.

La Cina importava il 70% dei rifiuti plastici dell'occidente, un mercato da 17 miliardi di dollari

La chiamano la yang laji, la spazzatura straniera. Un mercato che, secondo Il Sole 24 Ore, vale 17 miliardi di dollari. Ma lavare e trattare le materie di scarto, può produrre inquinamento. E lasciare che le stesse materie si accumulino sul proprio suolo, produce ulteriore avvelenamento del terreno e dell'aria. E la Cina, semplicemente, era stanca di essere considerata come la pattumiera d'Europa.

Anche perché mentre i volumi di plastica aumentavano, la qualità peggiorava e il recupero diventava sempre più difficile. Così, da un giorno all'altro, ha deciso che il mercato del riuso, da ora in poi, poteva alimentarsi grazie ai rifiuti interni e che i Paesi occidentali dovevano iniziare ad arrangiarsi da soli.

Cumoli di plastica

Dopo la chiusura dei cancelli, i rifiuti sono rimasti fermi. Magazzini improvvisati sono sorti vicino ai porti e nei cantieri. Depositi ad alto rischio di incendio e fonte costante di inquinamento. In Italia una parte di questi viene destinata ai termo-valorizzatori, che producono energia dai materiali di scarto. Prima venivano utilizzati solo quelli reputati non riciclabili, ma al momento è una strada obbligatoria per tutta l'immondizia che non sappiamo dove mettere.

Eppure, pur decidendo di bruciare tutto, una soluzione non praticabile e non sostenibile a livello ambientale, i volumi sarebbero comunque troppo elevati e i pochi impianti presenti nel nostro Paese non sono sufficienti.

Malesia: la nuova pattumiera

Ma una legge vale solo entro i confini dello Stato che l'ha emanata. Così, le aziende cinesi di trattamento dei rifiuti, vedendosi sottratta una parte di mercato, si sono limitate a delocalizzare. Vicino ai porti appena al di fuori del raggio d'azione del governo di Pechino, sono sorte nuove sedi di società che accolgono l'immondizia occidentale, spesso in Paesi con normative ambientali meno rigide.

Ci sono poi nazioni che sono diventate le nuove mete preferite della plastica europea e americana. Prima fra tutte, la Malesia. Secondo i dati del Financial Times, mentre le importazioni della Cina calavano rapidamente, quelle della Malesia quadruplicavano. Quattro volte in più, in soli sei mesi. E il resto lo facevano il Vietnam, con le tonnellate accolte che raddoppiavano, e la Thailandia che arrivava a 253mila.

Nuovi respingimenti alle porte

La Malesia però ha già da tempo un problema interno legato al riciclo della plastica. Anzi, una situazione quasi disperata, dove solo il 15% della popolazione accetta di differenziare i rifiuti. Per darti un'idea della gravità della questione, sappi che entro la fine dell'anno, il governo farà installare 500 macchinette che daranno oro in cambio di bottiglie di plastica smaltite in modo corretto. In Germania offrono centesimi, in Malesia sono costretti a fornire pepite.

È evidente che le nuove rotte non possono essere una soluzione definitiva. Dalla Malesia hanno già fatto sapere che nel giro di due anni, seguiranno l'esempio della Cina. E lo stesso farà la Thailandia entro il 2021. E a quel punto, dove metteremo tutta la plastica? Appare chiaro che serve un piano europeo che risolva la questione mantenendola all'interno ai confini. Il Parlamento si prepara a vietare gli oggetti di plastica monouso, ma anche tu puoi fare la tua parte, cercando di preferire il più possibile materiali che rispettino l'ambiente e chi siano più facilmente riciclabili.