
In Siberia esiste un luogo che sta attirando sempre più l’attenzione della comunità scientifica e dell’opinione pubblica: si tratta del cratere Batagaika, conosciuto anche come Porta dell’Inferno. Questa enorme voragine è un segnale tangibile degli effetti del cambiamento climatico e dello scioglimento del permafrost, e continua a espandersi a una velocità allarmante.
La Porta dell’Inferno si trova nella regione della catena montuosa di Chersky, nel nord-est della Siberia, nei pressi del fiume Yana. La voragine ha origine negli anni ’60, quando la deforestazione ha esposto il suolo ghiacciato alla luce solare, dando il via allo scioglimento del permafrost e provocando il cedimento del terreno.
Il cratere è classificato come depressione termocarsica, anche nota come megaslump di Batagay: una formazione geomorfologica che si sviluppa quando la terra ghiacciata collassa a causa della fusione del ghiaccio sotterraneo.
Attualmente, la voragine misura oltre un chilometro di lunghezza, 800 metri di larghezza e raggiunge una profondità di 100 metri. Secondo le stime più recenti, il cratere aumenta di circa 30 metri all’anno, con una perdita di suolo pari a un milione di metri cubi l’anno: l’equivalente di 400 piscine olimpioniche.
Le immagini satellitari, confrontando i dati dal 1991 al 2023, mostrano un’accelerazione del fenomeno, alimentata dalle temperature record registrate nell’Artico siberiano.
Lo scioglimento del permafrost legato all’espansione del cratere rilascia nell’atmosfera enormi quantità di gas serra, come metano e anidride carbonica, che fino a oggi erano intrappolati nel terreno ghiacciato. Secondo uno studio pubblicato su Geomorphology, si stima che:
ogni anno vengano rilasciate tra 4.000 e 5.000 tonnellate di carbonio organico;
dal 1960 al 2023 siano già stati liberati circa 169.500 tonnellate di gas serra.
Questi gas contribuiscono ad amplificare l’effetto serra, alimentando un circolo vizioso: più gas vengono rilasciati, più aumenta la temperatura globale, e più velocemente si scioglie il permafrost.
Il permafrost copre circa il 15% delle terre emerse dell’emisfero settentrionale e custodisce il doppio del carbonio presente oggi nell’atmosfera. Se il disgelo continuerà a questo ritmo, le emissioni potrebbero equivalere a quelle di una grande nazione industrializzata, aggravando drasticamente la crisi climatica globale.
Secondo gli esperti, fenomeni simili a quello di Batagaika potrebbero emergere anche in altre zone dell’Artico, mettendo a rischio interi ecosistemi e accelerando cambiamenti geologici e climatici su scala planetaria.
La Porta dell’Inferno in Siberia rappresenta un segnale d’allarme evidente degli effetti del riscaldamento globale. Studi come quello del glaciologo Alexander Kizyakov e del geofisico Roger Michaelides dimostrano come la situazione sia in rapido peggioramento, e sottolineano l’urgenza di interventi concreti per ridurre le emissioni e mitigare gli impatti del cambiamento climatico.