La riscoperta del Sengi somalo, un toporagno che gli scienziati credevano scomparso da 50 anni

Un piccolo mammifero che gli scienziati davano per perso da 50 anni e che era già stato inseirito nella lista delle 25 specie perdute della Global wildlife conservation. E invece si trova vivo e vegeto nel Corno d’Africa, precisamente in Gibuti.
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Gianluca Cedolin 30 Agosto 2020

Un team di scienziati ha scoperto nello stato di Gibuti, sul corno d'Africa, degli esemplari di macroscelide somalo, o sengi somalo, una specie animale della quale la scienza non registrava tracce da oltre 50 anni, tanto da essere inserito dal 1968 nella lista delle 25 specie perdute della Global wildlife conservation. I sengi somali sono delle specie di toporagno elefanti (da qui il nome scientifico elephantulus revoili), corrono fino a 30 chilometri orari, risucchiano le formiche con il loro nasetto a proboscide e sono monogami.

Questo mammifero, molto piccolo, era stato a dire il vero perso di vista dalla scienza ma non dagli abitanti di Gibuti, che hanno subito riconosciuto l'animale quando i ricercatori gliel'hanno mostrato su delle foto. Proprio grazie ai locali, i ricercatori hanno messo delle trappole fotografiche, attirando i sengi somali con del burro d'arachidi spalmato su delle pietre (dove solitamente si rifugiano per sfuggire dai predatori). In totale, sono stati osservati e fotografati 12 diversi esemplari. Una scoperta "spettacolare", nelle parole del ricercatore alla Duke University Steven Heritage, riportate sul Guardian; "era dagli anni '70 che le ricerche sui mammiferi non li trovavano, quando ne abbiamo trovato uno, poi un altro, e poi un altro ancora, non ci credevamo".

Le buone notizie non sono finite qui, comunque, visto che oltre a "ritrovare" l'animale, non sono state rilevate minacce per l'habitat della specie, arido e quasi tutto inospitale per l'uomo. Per questo, gli scienziati hanno detto all'Unione internazionale per la conservazione della natura (Iucn) di aggiornare la Lista rossa delle specie minacciate, indicando un rischio meno preoccupante per il macroscelide somalo.