La siccità non è finita, ANBI: “Sono a rischio anche le falde”. Quali soluzioni esistono?

La neve caduta a dicembre si è già sciolta, a causa delle temperature troppo elevate per i mesi invernali, e i bacini idrici registrano quasi tutti una portata inferiore alla media. I grandi laghi del Nord sono addrittura più in deficit rispetto allo stesso periodo dello scorso anno. Ma non è del tutto corretto dire che non piove più: il problema è la modalità con cui oggi si verificano le precipitazioni.
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Giulia Dallagiovanna 16 Gennaio 2023
Intervista a Massimo Gargano Direttore generale di ANBI (Associazione nazionale dei consorzi di bonifica)

La siccità non è finita e la prossima estate rischia di essere peggiore di quella che ci siamo lasciati alle spalle. I segnali che preannunciano i mesi a venire si ritrovano soprattutto nei grandi laghi del Nord Italia e nella portata eccezionale della Dora Baltea, in Val d'Aosta. Proprio così, non sempre un fiume con 5 metri cubi al secondo in più di acqua rispetto alla media è una buona notizia. "Significa che la neve caduta a dicembre si sta già sciogliendo e la causa sono le temperature troppo elevate di gennaio – spiega a Ohga Massimo Gargano, direttore generale di ANBI, l'Associazione nazionale dei consorzi di bonifica. – Il manto nevoso in Lombardia è inferiore del 43% rispetto allo stesso periodo dello scorso anno". E nell'inverno 2021-2022, i fiocchi di neve si contavano sulle dita di una mano.

Si chiama deficit idrico e il cambiamento climatico lo sta rendendo insanabile. "C'è un ulteriore aggravamento: sono a rischio le falde sotterranee, da dove si preleva l'acqua potabile e quella destinata ad attività produttive o per il tempo libero. Per riempire le piscine, ad esempio. Un sistema che è già problematico di per sè, ma che potrebbe essere sostenibile se avessimo un bilancio in pareggio. Invece il livello dei bacini e delle falde si abbassa sempre di più".

I grandi laghi del Nord, dicevamo, riportano tutti una percentuale di riempimento al di sotto della media:

  • lago Maggiore: 18%
  • lago d'Iseo: 20,7%
  • lago di Como: 23,5%
  • lago di Garda: 36,4%

Il Po nel suo tratto piemontese ha una portata pari a un terzo di quella del 2021, mentre a Pontelagoscuro, poco prima del Delta, è del 30% inferiore alla media. L'Adda ha raggiunto il minimo degli ultimi 6 anni, tanto che alle sue riserve idriche manca il 45,2% del totale. In generale, buona parte dell'alta pianura vive una situazione di grave difficoltà e in alcuni bacini sono stati registrati livelli inferiori persino ai minimi assoluti rilevati negli ultimi 20 anni.

Lo scorso anno il campanello d'allarme era scattato in seguito alle temperature. Quest'anno sono ancora più elevate
E in tutto questo, non piove e non nevica. In autunno, le Dolomiti hanno ricevuto il 20% in meno di precipitazioni, le Alpi il 10%. A dicembre, poi, le temperature sono state di ben 4 gradi al di sopra della media stagionale e gennaio 2023 è il più caldo mai registrato. Sul Gran Sasso sembra primavera, sul massiccio del Pollino sono spuntate le viole e sull'Etna si vedono le prime margherite. "Lo scorso anno il campanello d'allarme era scattato proprio a causa delle temperature, ma quest'anno sono ancora più elevate – prosegue Gargano. – Il governo deve alzare la soglia di attenzione. Le risposte necessarie non possono tardare di un solo istante".

Lo scorso anno il campanello d'allarme era scattato in seguito alle temperature. Quest'anno sono ancora più elevate

Il cambiamento climatico c'è ed è un dato di fatto. Lo si vede nella colonnina di mercurio del termometro che non riesce a scendere quanto dovrebbe, ma anche nell'aumento degli eventi estremi come precipitazioni violente e tempeste di neve o nei ghiacciai che si sciolgono e non si riformano. "I dati scientifici, ma anche l'esperienza, ci hanno dimostrato che le nevicate davvero utili sono quelle che si verificano tra novembre e dicembre e che poi ghiacciano. Ogni strato che si deposita protegge quello sottostante. Se fa troppo caldo, invece, la neve si scioglie rapidamente".

Oggi la mappa dell'Italia mostra regioni come la Liguria o la Toscana alle prese con alluvioni e aree come Cerveteri, a due passi da Roma, dove i livelli di pioggia sono inferiori a quelli del Nord Africa. "A fine anno gli apporti delle precipitazioni rimangoni gli stessi, attorno ai 300/320 miliardi di metri cubi di acqua, ma il problema è la modalità in cui queste si verificano. Dobbiamo essere in grado di raccogliere l'acqua lì dove cade e accumularla. Un segnale che trasmetterebbe anche una maggiore sicurezza ai cittadini".

La soluzione che ANBI, assieme a Coldiretti, prongono da anni è la costruzione di una rete di invasi. Bacini che non impattino sugli ecosistemi dei fiumi e sulla biodiversità, ma che siano finalizzati a ottimizzare la raccolta dell'acqua piovana. "Un sistema di piccoli laghi, in armonia con l'ambiente e il paesaggio circostante, realizzati ad esempio nei letti di torrenti che rimangono asciutti per la maggior parte dell'anno e poi si riempiono a dismisura per brevi periodi. L'acqua intercettata può poi essere destinata ai diversi usi, anche per produrre energia pulita attraverso l'idroelettrico o con pannelli fotovoltaici galleggianti. Inoltre, può essere ripompata verso l'alto e fatta scendere di nuovo per continuare a utilizzarla nelle centrali", spiega Gargano. Un sistema che ha l'obiettivo di rispondere a tre problemi: la carenza d'acqua, la crisi energetica e il contrasto al cuneo salino, dal momento che si andrebbe a rabboccare anche la falda. Ci sono già 245 progetti pronti a partire.

C'è un altro problema di cui tenere conto: lo sfruttamento del territorio e l'urbanizzazione

Ma c'è anche un altro punto da affrontare: lo sfruttamento del territorio e l'urbanizzazione. "Continuiamo a costruire come se fosse l'unico modello di sviluppo possibile – fa notare Gargano. – Quando poi arrivano le precipitazioni, già violente, l'acqua trova solo asfalto e non ha uno sfogo. Occorre fornirlo, anche per prevenire le tragedie che abbiamo visto, ad esempio, nelle Marche".

Non siamo di fronte a un problema passeggero, questa situazione è destinata a diventare sempre più intensa e radicata. "Dobbiamo uscire dalla logica dell'emergenza, che non fa onore né al Paese né a chi la usa, e iniziare a ragionare sul lungo periodo. Inoltre, è un discorso che riguarda tutta l'Europa, sebbene l'Europa non abbia ancora adottato una visione lungimirante, forse perché il Paesi del Nord non toccano con mano tutta la gravità della carenza d'acqua. Ma devono essere consapevoli del fatto che subito dopo di noi, che per primi riceviamo le correnti africane, toccherà a loro", conclude Gargano.

Mitigare le conseguenze del cambiamento climatico significa adottare una cultura della prevenzione, che per ora è ancora oscurata da quella dell'emergenza.