Tra le tante azioni che si possono fare nella lotta alla crisi climatica, la compensazione delle emissioni di gas serra è sicuramente il più immediato e attraente per le aziende e le istituzioni che vogliono mantenere il business as usual.
Con questa pratica, infatti, possono continuare a inquinare come prima, ma fare passi avanti sulla strada verso lo zero alla voce emissioni nette. Non fraintendere, finanziare progetti di piantumazione di alberi, di lotta alla deforestazione o di installazione di energie rinnovabili nei paesi in via di sviluppo è importante, ma non può essere l'unica soluzione alla crisi climatica, a maggior ragione dopo la sconcertante inchiesta portata avanti per nove mesi dal Guardian, dallo Zeit e da Source Material.
Con un accurato lavoro di studi scientifici, interviste e osservazioni sul campo, il quotidiano britannico, il settimanale tedesco e la no-profit di giornalismo investigativo hanno analizzato i risultati dei progetti di compensazione delle emissioni di CO2 di Verra, un'organizzazione statunitense che da sola emette circa i tre quarti degli offset volontari nel mondo.
In base ai risultati (contestati da Verra), più del 90% dei crediti di carbonio riferiti alle foreste tropicali sono crediti fantasma, cioè non hanno portato effettivi vantaggi nella riduzione delle emissioni. Quasi sempre l'impatto promesso da Verra, a cui si affidano alcune delle principali aziende del mondo, non si è verificato nemmeno in minima parte.
Facciamo prima un passo indietro per chiarire in cosa consista la compensazione dei gas serra emessi. Sostanzialmente si paga per finanziare nel mondo dei progetti che riducono la quantità di gas serra, o togliendola dall'aria (quindi piantando alberi, o attraverso il complicato e dispendioso meccanismo della carbon capture) oppure evitando che delle emissioni previste vengano generate (quindi combattendo la deforestazione, finanziando impianti di energia rinnovabile).
I crediti di carbonio sono un meccanismo finanziario per far pagare questo. Oggi nel mondo valgono circa 2 miliardi di euro, ma il loro giro d'affari è destinato a quintuplicare nei prossimi anni. Peccato però che, come ha rivelato l'inchiesta, la maggior parte non solo non genera benefici, ma addirittura produce più danni.
Tornando ai risultati del lavoro giornalistico, dei 29 progetti esaminati, 21 non hanno apportato alcun beneficio, 7 avevano performance significativamente più basse di quelle dichiarate da Vera, e solo uno aveva un impatto in linea con gli impegni.
Da un lato, la riduzione della deforestazione promessa non è stata mantenuta, dall'altro la minaccia per le foreste era stata sopravvalutata circa del 400%, quindi le aziende pagavano per salvare foreste in realtà non in pericolo, il cui potenziale di cattura dell'anidride carbonica non sarebbe quindi diminuito in ogni caso. In tutto questo, per altro, ci sono i problemi legati alle violazioni dei diritti umani portate avanti in Perù nell'ambito di uno dei progetti di deforestazione.
Anche se tutti i crediti di carbonio fossero davvero efficaci (e non lo sono, come dimostra un'inchiesta sul più grande gestore di carbon offset al mondo), questi rischierebbero comunque per togliere il focus dal vero obiettivo: ridurre le emissioni, non compensarle.
Bisogna togliersi dalla testa di poter continuare il business as usual e lavorare per delle soluzioni meno impattanti a livello climatico e ambientale in tutti gli ambiti, dalle energie rinnovabili al risparmio energetico.