Le pandemie del futuro potrebbero arrivare dallo scioglimento dei ghiacciai

Da un nuovo studio compiuto nell’Artico emerge che la crisi climatica e lo scioglimento dei ghiacci potrebbero risvegliare virus e batteri in grado di infettare la fauna selvatica. Questo, attraverso il salto di specie, potrebbe significare nuove pandemie anche per l’uomo.
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Martina Alfieri 19 Ottobre 2022

Sappiamo che, presto o tardi, arriveranno nuove pandemie, di fronte alle quali dovremo farci trovare preparati. Ciò che forse non immaginiamo è che potrebbero avere origine anche dallo scioglimento dei ghiacciai. Dei nuovi dati, rilevati nel principale lago d’acqua dolce dell’Artico, chiariscono che la materia contenuta nel ghiaccio disciolto contiene virus e batteri in grado di infettare la fauna selvatica. E attraverso lo “spillover” – il salto di specie –  c’è la possibilità che si diffondano in futuro anche tra le persone.

Lo studio Viral spillover risk increases with climate change in High Arctic lake sediments dimostra che l’aumento delle temperature causato dai cambiamenti climatici accresce le probabilità che i virus e i batteri “congelati” nei ghiacciai e nel permafrost possano risvegliarsi e attaccare la biodiversità locale. Per calcolare il rischio di pandemie derivanti dallo scioglimento della superficie di ghiaccio, i ricercatori dell’Università di Ottawa hanno analizzato campioni prelevati dal lago Hazen, nel nord dell’isola canadese di Ellesmere, che normalmente è coperto di ghiaccio per circa dieci mesi all’anno.

Poiché i cambiamenti climatici e le pandemie stanno ridisegnando il mondo in cui viviamo, è diventato fondamentale capire come questi due processi interagiscono”, si legge in un comunicato rilasciato dalla Royal Society. “Se il cambiamento climatico dovesse anche spostare verso nord l'areale delle specie di potenziali vettori e serbatoi virali, l'Alto Artico potrebbe diventare terreno fertile per l'insorgere di pandemie”.

In particolare sono stati valutati campioni raccolti vicino al punto in cui confluivano piccole, medie e grandi quantità di acqua di fusione dai ghiacciai locali. Grazie al sequenziamento genetico di questi campioni i ricercatori sono riusciti a identificare i virus, a valutare i potenziali ospiti animali, vegetali o fungini e anche a misurare la possibilità che questi virus riescano a infettare gruppi di organismi diversi.

Il risultato è che il rischio di diffusione di virus verso nuovi ospiti è più alto nei punti in cui confluisce più acqua derivante dalla fusione dei ghiacciai. Possiamo dunque pensare che questa condizione, con i cambiamenti climatici, diventerà sempre più comune.

Lo spillover, il salto di specie, ha dato origine anche alla pandemia da Coronavirus e secondo un altro studio recente, i cambiamenti climatici potrebbero favorire, da qui al 2070, oltre 15.000 nuovi scambi di virus tra specie.