Microfibre: quando a inquinare gli oceani sono i tuoi vestiti

Avresti mai pensato che, mentre lavi i tuoi vestiti, stai causando danni enormi agli oceani e a tutti gli animali che li abitano? Eh sì, perché per ogni ciclo di lavatrice che avvii, ci sono milioni di particelle di microfibra che vengono disperse nell’ambiente, sfuggono ai processi di trattamento e si riversano in mare.
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Sara Del Dot 8 Giugno 2019

Quando si parla di inquinamento del mare, la prima cosa che ti viene in mente è, senza alcun dubbio, la plastica. Tutti pensiamo alle bottigliette, ai sacchetti e ai bicchieri monouso che affollano i fondali e galleggiano in superficie, e che sempre più spesso sentiamo essere ritrovati nello stomaco di tartarughe e cetacei spiaggiati senza vita perché non erano più in grado di alimentarsi. Eppure, a minacciare gli oceani, c’è un altro pericolo, forse ancora più grave eppure meno conosciuto. Probabilmente perché si tratta di un fenomeno che c’è, ma non si vede. Si tratta delle microplastiche. Di cosa sono e che danni fanno all’ambiente acquatico te ne ho già parlato in questo articolo. Ma devi sapere che c’è un tipo di microplastica, detta primaria, che, invece di derivare dalla disintegrazione di rifiuti di più grandi dimensioni, si riversa in mare direttamente da casa tua. E come? Dal lavaggio dei tuoi vestiti. Sto parlando delle microfibre, quelle minuscole particelle di plastica che a ogni lavatrice che fai si staccano dai tuoi abiti riversandosi negli scarichi a milioni, per poi finire direttamente nelle acque dei mari di tutto il mondo avvelenandone gli ecosistemi.

Cosa sono le microfibre

Le microfibre altro non sono che minuscole particelle di plastica composte da un materiale sintetico derivante dalla combinazione di poliestere e poliammide, che è un sottoprodotto del nylon. Si tratta di filamenti sottilissimi, fatti in modo tale da poter essere legati insieme e conferire all’abito un colore brillante e intenso. Si tratta di un materiale utilizzatissimo nel campo dell’abbigliamento, soprattutto per quella che viene definita come fast fashion, ovvero la moda che dura solo una stagione, come quella che si può reperire nelle grandi catene multinazionali. Oggi circa il 60% dei vestiti su produzione globale viene realizzato con fibre sintetiche. Le microfibre fanno parte delle microplastiche, di conseguenza hanno una dimensione inferiore a 5 micrometri, quindi sono invisibili all’occhio umano, caratteristica che ci impedisce di renderci conto della reale portata del problema che questi minuscoli filamenti portano con sé.

Dove finiscono le microfibre?

Ti sembrerà assurdo, ma ogni singola volta che butti in lavatrice un pile o una t-shirt e schiacci il tasto di avvio, non stai solo lavando i tuoi vestiti, bensì stai contribuendo in modo rilevante all’inquinamento degli oceani e alla distruzione dei loro ecosistemi. Infatti, per ogni lavaggio che effettui, milioni di microfibre vengono rilasciate dagli abiti e scaricate, assieme all’acqua, negli impianti di trattamento. Tuttavia, le loro dimensioni ridottissime consentono loro di sfuggire anche ai processi di filtraggio, tant’è che circa il 40% di loro finiscono effettivamente in fiumi, laghi e mari. Attualmente, si può dire che le microfibre siano una delle fonti maggiori di inquinamento al mondo. Hai bisogno di un esempio concreto? Un carico di 5 kg di materiale in poliestere può produrre tra i 6 e i 17,7 milioni di microfibre.

Un impatto ambientale poco “micro”

Ogni anno finisce negli oceani circa mezzo milione di tonnellate di microfibre. Una quantità pari a 50 miliardi di bottigliette di plastica. Non a caso, il 35% delle microplastiche primarie che finiscono in mare sono proprio microfibre. Una quantità incredibile, difficile (se non impossibile) da recuperare, dal momento che si tratta di un nemico invisibile. E qual è il loro effetto sull’ambiente marino in cui si disperdono?

Oltre all’inquinamento delle acque, le particelle colpiscono anche la flora e la fauna marina. Infatti, piante e molluschi tendono ad assorbirle, mentre gli altri animali come pesci, granchi, polpi e anguille le mangiano. Così, le microfibre si accumulano all’interno del loro organismo, intossicandoli. Ma il problema non si esaurisce qui. Infatti, essendo ingerite da animali anche molto piccoli, le microfibre entrano nella catena alimentare direttamente a partire dalla base, arrivando fino al nostro piatto e, di conseguenza, al nostro corpo. In pratica, potrebbe capitarci per assurdo di mangiare per cena un pezzo infinitamente piccolo del maglione che abbiamo lavato, stirato e riposto in fondo all’armadio.

Cosa fare quindi?

Il tema delle microplastiche, e quindi anche delle microfibre, è stato messo sotto i riflettori solo di recente. A lottare per una maggior consapevolezza da parte nostra, ma anche e soprattutto da parte delle aziende di abbigliamento e produttrici degli impianti di filtraggio delle acque, è stata soprattutto l’associazione Marevivo, che appena qualche mese fa ha lanciato la campagna #stopmicroplastiche. Assieme a dati e informazioni sulla pericolosità del fenomeno, l’associazione ha anche fornito alcuni accorgimenti che tu, nel tuo piccolo, puoi adottare per cercare di disperdere meno microfibre possibili durante le tue lavatrici (lavare meno, ridurre i detersivi, abbassare le temperature, ridurre gli acquisti, prediligere detergenti liquidi). Anche se, è evidente, il problema va risolto con un impegno collettivo. E alla svelta.