Moby Dick aveva ragione: la balena del Nord Atlantico ora rischia seriamente l’estinzione. Ed è tutta colpa dell’uomo

Secondo il nuovo studio dell’Unione internazionale per la conservazione della natura (IUCN), le balene del Nord Atlantico rischiano seriamente l’estinzione. Sono in totale 400 gli individui, ma 250 sono adulti. Questo provoca una serie crisi della specie che, a causa del cambiamento climatico e della pesca selvaggia, la loro riproduzione è sempre più difficile.
Entra nel nuovo canale WhatsApp di Ohga
Francesco Li Volti 12 Novembre 2020

Tutta colpa di gente come il Capitano Achab. Herman Melville, quando scrisse il suo Moby Dick, forse non avrebbe immaginato che 150 anni dopo non ci sarebbe stato più bisogno di "cacciatori di balene", perché questi cetacei, purtroppo, sono così pochi che nessun marinaio metterebbe in pericolo la propria vita per inoltrarsi in acque aperte.

Capitano Achab a parte, dopo tre secoli di caccia selvaggia alle balene del Nord Atlantico, questa specie è passata da essere semplicemente "in pericolo" a "serio pericolo d'estinzione". Ovviamente non siamo noi a dirlo, ma è il nuovo studio dell'Unione internazionale per la conservazione della natura (IUCN), che ha dichiarato che sono soltanto 400 le balene nell'Oceano Atlantico, di cui 250 sono individui adulti. Secondo l'organismo internazionale, la popolazione totale di questi cetacei è diminuita del 15% dal 2015.

Cacciata per il suo grasso nel corso dei secoli, questa specie ha già rischiato di estinguersi negli anni trenta e deve la sua sopravvivenza alle misure di protezione adottate a livello internazionale nel 1937. Malgrado il divieto totale di caccia stabilito nel 1987, la specie non si è mai veramente ripresa. Sebbene sia una notizia profondamente triste, molti scienziati e ambientalisti hanno espresso la speranza che questo declassamento possa aiutare ad accelerare le protezioni nei confronti di questi giganti dei mari.

Le cause

Pesca accidentale

I pochi avvistamenti di questa specie sono dovuti al momento in cui risalgono le acque e vanno alla ricerca del plancton in superficie. Solitamente era questo l'istante che i cacciatori sfruttavano per colpire le balene del Nord Atlantico, anche perché la loro bassa velocità le rendeva facili prede.

Fortunatamente oggi, le cose sono leggermente diverse, ma la situazione resta critica per altre motivazioni. Queste balene vengono colpite dalle eliche delle barche oppure ferite fatalmente dagli attrezzi da pesca. Dei 30 decessi registrati tra il 2012 e il 2016, 26 sono stati causati da reti o metodi di pesca.

Di conseguenza, molti scienziati sostengono che servirebbero norme più severe nel settore della pesca, un argomento che suscita preoccupazione nelle comunità di pescatori: nuove normative significa sostenere enormi spese per i nuovi attrezzi e hanno paura che questi cambiamenti ridurranno anche le loro catture.

Cambiamento climatico

Anche il cambiamento climatico gioca un ruolo importante. Dal 1990, la principale zona di alimentazione della balena franca del Nord Atlantico, il Golfo del Maine, si è riscaldato tre volte più velocemente del resto degli oceani del mondo.

I governi degli Stati Uniti e del Canada hanno imposto dei limiti di velocità delle imbarcazioni stagionali nelle aree frequentate dalle balene franche. Ma le balene stanno cambiando i loro soliti luoghi di ritrovo perché cercano acque più fresche, e questo le porta in luoghi dove questi limiti di velocità sono assenti e il rischio che vengano colpiti in maniera accidentale causerebbe altre perdite.

Inoltre, il cambiamento climatico ha causato un boom di aragoste nel New England settentrionale e nel Canada orientale, attirando ancor più pescatori in quelle acque, molto frequentate dai cetacei dell'Atlantico.

Alla ricerca di cibo

Il riscaldamento delle acque ha anche reso più difficile per le balene del Nord Atlantico il reperimento del cibo, il che potrebbe spiegare il loro tasso di natalità insolitamente basso.