Non maltempo, ma crisi climatica: ecco cosa sta succedendo in Emilia Romagna

Quello che sta succedendo in Emilia Romagna in questi giorni è l’altra faccia dell’aumento delle temperature, della siccità, della crisi climatica. Dobbiamo accettare che eventi come questo saranno sempre più frequenti e prepararci mettendo in atto misure che ci permettano di prevenire i danni (laddove possibile), o quantomeno di attenuarli.
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Beatrice Barra 19 Maggio 2023

Le immagini dell'Emilia Romagna che stai vedendo su tutti i canali d'informazione in questi giorni sono allarmanti, ma non dovrebbero sorprendeti. La crisi climatica ormai è uscita dalla dimensione "emergenziale" diventando una realtà con la quale dobbiamo imparare a convivere, cercando di prevenire (quando possibile) e limitare i danni.

Cosa sta succedendo in Emilia Romagna?

Per capire quanta pioggia è caduta devi sapere che, mediamente, in tutto il mese di maggio a Milano si contano 60-70mm di acqua. Nel giro di due giorni se ne sono accumulati 200, 3 volte tanto. Il risultato? L’acqua ha sommerso la regione, con 21 fiumi esondati, più di 250 frane, circa 20mila sfollati e 13 morti.

Fonte: Arpa

Eppure, se guardi questo grafico, puoi vedere come ci siano stati anni più piovosi del 2023, come il 2016 o il 2018, almeno fino a maggio. Quindi il volume d’acqua non è straordinario di per sé, il problema è che tutto è avvenuto nell’arco di pochi giorni, con una forte intensità e dopo un periodo difficile a livello climatico. Gli impianti di scolo e i canali di questo territorio sono infatti in grado di assorbire, mediamente, meno di 1000 mm di acqua in un anno: in alcune zone, però, tra il 15 e il 17 maggio è caduta metà dell’acqua che cade in genere in un anno intero.

Le conseguenze

Come abbiamo detto, queste precipitazioni hanno inondato città e campagne causando vittime e sfollati. In più, stanno anche provocando disastrosi danni economici, soprattutto in ambito agricolo.

Solo in bassa Romagna parliamo di più di 200 milioni di euro di danni: sono stati sommersi di acqua e fango campi agricoli, frutteti, vigneti, oliveti, già provati dalle grandinate avvenute nei giorni precedenti. Senza contare che l’alluvione interrompe il lavoro agricolo, provocando ulteriori perdite. Le stime complessive di Confagricoltura sui danni toccano, ad oggi, circa 1,5 miliardi di euro.

Non è maltempo, ma crisi climatica

Le conseguenze che stiamo osservando non possono essere ridotte a una semplice ondata di maltempo. I due eventi estremi avvenuti nel giro di due settimane, i cui effetti si sono sommati, hanno fatto emergere un problema più complesso, che va ricondotto a un insieme di fattori più ampio. Le piogge torrenziali che stiamo vedendo arrivano dopo prolungati periodi di siccità che hanno reso il terreno arido, secco. E questo è un fattore determinante perché se la terra non riceve acqua in maniera moderata e costante, la sua capacità di assorbimento si riduce: il suolo può diventare addirittura impermeabile se si secca troppo.

Quindi, delle piogge così forti, invece di idratare il terreno, non riescono neanche a penetrare al suo interno e il risultato è che l’acqua rimane bloccata in superficie e scivola su una barriera impenetrabile. Questo può produrre due conseguenze, che si sono entrambe verificate in Emilia Romagna. In caso di aree pianeggianti, l’acqua ristagna, causando appunto l’alluvione: è il caso della parte nord-est della regione. Mentre sul versante appenninico, dove nascono i numerosi fiumi esondati, l’acqua può provocare frane, come vedi in queste immagini.

La tropicalizzazione del clima

Piogge torrenziali che si alternano a prolungati periodi di siccità. Questo pattern si sta ripetendo così frequentemente che ormai non ha senso parlare di “emergenza” o “fenomeni anomali”. L’Italia è al centro del processo di tropicalizzazione del clima che sta interessando tutto il Mar Mediterraneo. Ciò significa la progressiva scomparsa del “clima mediterraneo”, caratterizzato da temperature e fenomeni atmosferici moderati, per lasciare il posto a fenomeni più estremi: la siccità e le piogge torrenziali, appunto.

Le temperature in aumento modificano anche il ciclo dell’acqua del Mediterraneo: più caldo significa evaporazione più rapida e intensa dell’acqua, cosa che causa precipitazioni distruttive come quelle avvenute in questi giorni. Anche le correnti atmosferiche subiscono delle modifiche, diventando meno variabili. Ciò comporta che durano di più i periodi di forte caldo, che provocano siccità, oppure i giorni di pioggia intensi, che mettono alla prova il territorio.

Aumento delle temperature ed eventi estremi: due facce della stessa medaglia

Per quanto non sia ancora scientificamente accurato attribuire in toto questi fenomeni al riscaldamento globale, è difficile non fare qualche collegamento. Appare sempre più evidente che l’aumento delle temperature stia modificando drasticamente l’andamento delle stagioni e la distribuzione delle fasce climatiche. Basta dare uno sguardo allo scorso anno per rendersi conto che fenomeni del genere sono sempre più frequenti e costruiscono un quadro coerente.

Ti ricordi il Po in secca o il clima primaverile tra novembre e dicembre? Il 2022 è stato in generale un anno estremamente caldo e anche i primi mesi del 2023 non accennano a smentire questa tendenza: anzi, sarà un anno probabilmente ancora più caldo. Secondo Legambiente, l’innalzamento delle temperature va di pari passo con un aumento del 55% degli eventi meteorologici estremi in Italia nello scorso anno. 310 fenomeni tra alluvioni, siccità, grandinate, trombe d’aria che hanno attraversato tutto il territorio italiano.

Cosa possiamo fare?

Dire che bisogna intervenire per ridurre le emissioni di gas serra e tenere a bada l’innalzamento delle temperature, ormai, è scontato. Anzi, la continua sfida con fenomeni atmosferici estremi a cui l’Italia è sottoposta è la prova che ciò non basta e bisogna fare molto altro. Innanzitutto imparare a convivere con questa nuova realtà climatica e cercare, laddove possibile, di prevenire e mitigare i danni.

Proprio l’Emilia Romagna è una regione particolarmente a rischio, sia per le alluvioni che per la siccità. Le riserve d’acqua, sia in superficie che in profondità, sono in calo, e questo mette a rischio desertificazione il terreno. Sono stati fatti degli investimenti per costruire infrastrutture per ottimizzare la distribuzione di risorse idriche, che sono spesso però rallentati dai tempi burocratici e di realizzazione. E come dimostrano i gravi danni causati dalle alluvioni, le infrastrutture attuali hanno bisogno di essere ripensate e rafforzate per far fronte a fenomeni atmosferici così intensi. Un altro provvedimento da prendere potrebbe essere quello di ridurre la cementificazione, visto che l’elevata densità abitativa di molte aree aumentano il rischio di frane e alluvioni. Aumentare il verde, quindi gli alberi, specialmente quelli dalle radici profonde che sostengono il terreno e rallentano la discesa dell’acqua. La pulizia dei fiumi costante, la manutenzione degli argini e, come Anbi chiede da molto tempo, un Piano Nazionale degli Invasi medio-piccoli per ridurre il rischio idrogeologico: ovvero bacini che servirebbero a raccogliere le acque di piena, evitando disastrosi allagamenti come quelli che stiamo vedendo in questi giorni, per riutilizzarle poi nei momenti di carenza di acqua.

Insomma, un insieme di provvedimenti diventati ormai inevitabili se si vuole far fronte alla crisi climatica  che sta mettendo, e continuerà a mettere a dura prova il nostro Paese.