Non solo gas: dobbiamo liberarci anche dal petrolio russo (e dal petrolio in generale)

Non solo gas: la Russia esporta all’Italia e all’Unione Europea anche un’enorme quantità di petrolio. Liberarsene non è semplice, soprattutto in tempi brevi. Per farlo, serve una rivoluzione in settori come la mobilità.
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Michele Mastandrea 15 Marzo 2022

Da giorni ci si interroga, te ne sarai accorto, su come ridurre la nostra dipendenza dal gas russo. La guerra scoppiata lo scorso 24 febbraio ha aperto del resto una seria riflessione sull'importanza di una rapida transizione ecologica. Insomma, bisogna liberarsi dalla dittatura delle fonti fossili come il gas. Ma liberarsene per davvero, anche una volta che – speriamo presto – sarà terminato il conflitto tra Ucraina e Russia.

Come ti ho detto, ci si è concentrati molto sul gas. Ma il Paese guidato da Vladimir Putin esporta un altro bene molto importante per la nostra vita di tutti i giorni: il petrolio. Dalla Russia arriva infatti una quota rilevante sul totale delle importazioni europee, come fa notare Eurostat. Per quanto riguarda l'Italia, il nostro Paese acquista da Mosca circa 5,6 mega tonnellate di greggio all'anno: si tratta di circa il 12,5% del totale delle nostre importazioni di questo combustibile, che soddisfa a sua volta il 35% dei nostri consumi totali di energia.

Più guadagni dal greggio che dal gas

Tra gas e petrolio, Mosca vale il 25% del nostro import di combustibili fossili: la nostra dipendenza da Vladimir Putin è tutta qui. Devi capire che il petrolio è una fonte di guadagno per la Russia anche maggiore rispetto al gas. Sempre per Eurostat, ogni giorno il mercato europeo e britannico fruttano a Mosca 285 milioni di dollari dal petrolio, a fronte di "soli" 100 dal gas. Il 60% delle sue esportazioni è indirizzato verso l'Unione Europea. Ne deriva che il greggio sia un'arma importantissima per la Russia a livello economico. Si tratta di una risorsa difficilmente sostituibile in tempi brevi, e non a caso le sanzioni europee non si sono ancora abbattute sul settore dell'energia, come invece fatto dagli Usa.

L'Italia importa il 25% delle proprie fonti fossili dalla Russia

Le conseguenze soprattutto per i Paesi dell'Europa Orientale, i più legati al greggio di Mosca, sarebbero molto pesanti. "Ci sono alternative al petrolio russo, nel caso che l’Occidente rinunci ad acquistarlo? No, non ce ne sono" ha affermato non a caso Alberto Clò, economista e direttore responsabile della rivista Energia. Per quanto ci riguarda, Eni ha annunciato di recente che non stipulerà ulteriori contratti di acquisto di greggio con Mosca, e questo vorrà probabilmente dire l'inizio di acquisti da altri Paesi produttori.  Ma la situazione è più complicata di quello che sembra. Ti basta pensare solo al fatto che la seconda raffineria sul nostro territorio, quella di Priolo Gargallo (provincia di Siracusa), è di proprietà dell'azienda russa Lukoil.

L'importanza del piano europeo

La presidentessa della Commissione Europa, Ursula Von Der Leyen, ha annunciato che entro metà maggio l'Ue presenterà un piano per abbandonare il petrolio russo entro il 2027 (insieme a gas e carbone). Ovviamente, limitarsi a sostituire il petrolio della Russia non è certo un passo giusto nella direzione della transizione energetica. Comprare greggio da Arabia Saudita ed Emirati Arabi -peraltro non proprio campioni di democrazia- rischia di sostituire una dipendenza con un'altra. La strada maestra è invece abbandonare (il più possibile) il petrolio. Ma per farlo, anche se non è una cosa semplice in tempi brevi, serve un piano adeguato che investa tutta l'organizzazione della nostra società.

Uno dei temi principali dove intervenire è la mobilità elettrica: i consumi di auto e mezzi pubblici alimentati a combustibili fossili hanno un peso rilevante nelle emissioni climalteranti di ogni giorno. Si tratta di un tema che non riguarda solo il nostro Paese, ma tutta l'Unione Europea. Gli obiettivi del programma ‘Fit for 55' prevedono del resto una riduzione delle emissioni del 55% entro il 2030 a livello continentale. E il 65% del petrolio che consumiamo nel nostro continente è legato proprio alla mobilità di tipo tradizionale. Le risorse in arrivo dall'Unione Europea nell'ambito del piano RepowerEu vanno allora sfruttate nella maniera migliore: per iniziare a liberarsi dal petrolio, senza fare più retromarcia.