elefante estinzione

Oltre 20mila elefanti uccisi per bracconaggio: ogni anno che passa rischiano sempre di più l’estinzione

Nell’immaginario comune questi grossi pachidermi sono docili, affascinanti ed esotici. Ma se il mondo continuasse sulla strada che ha intrapreso, gli elefanti sarebbero solo un lontano miraggio. Oggi è la giornata mondiale degli elefanti, l’occasione giusta per ricordare che bracconaggio e riscaldamento globale sono le cause del (forte) rischio d’estinzione. Eppure, seguendo l’esempio di alcuni Paesi, il trend potrebbe rovesciarsi, salvando concretamente l’elefante africano.
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Sara Polotti 12 Agosto 2022

È una moria tremenda e preoccupante, quella che riguarda gli elefanti. E che non ha nulla di naturale.

A uccidere ogni anno 20mila esemplari di questo grande mammifero altri non è che l'uomo. Anche la IUCN mette in guardia: la International Union for Conservation of Nature (l'Unione Internazionale per la Conservazione della Natura) ha inserito l'elefante nella sua lista rossa (proprio come il leone) definendolo in pericolo critico.

Le specie principalmente in estinzione? Il Loxodonta Cyclotis (o elefante della foresta africana, oggi inserito nella lista di animali pericolosamente a rischio) e il Loxodonta Africana (o elefante della savana africana, in pericolo).

Fino al 2021 queste due specie erano trattate come un unico animale e inserite nella lista di esemplari "vulnerabili", ma dallo scorso anno la IUCN ha optato per separarle, dopo aver studiato il loro profilo genetico e aver approfondito l'emergenza estinzione.

I numeri sono abbastanza chiari: nel corso di 31 anni, il Loxodonta Cyclotis ha subìto una riduzione dell'86%, mentre il Loxodonta Africana negli ultimi 50 anni ha visto più che dimezzarsi la popolazione (si parla del 60%).

Questi pachidermi africani, come sottolineano dalla IUCN, non sono solo affascinanti: hanno un ruolo fondamentale per l'ecosistema in cui vivono, ma oggi devono fronteggiare un pericolo d'estinzione tra i più concreti e spaventosi.

Per rovesciare la situazione, alcuni Paesi del continente africano hanno già messo in atto alcune efficaci politiche per preservare le savane e le foreste. È il caso del Gambon e del Congo: qui nelle aree protette si è riusciti a invertire la tendenza e il dottor Bruno Oberle, direttore generale dell'organizzazione, sottolinea come sia oggi quantomai necessario seguire il loro esempio.

Nella Giornata dell'Elefante, che ricorre oggi, il 12 agosto di ogni anno, è giusto ricordare che il rischio estinzione è dovuto principalmente alle azioni degli esseri umani che nel corso di decenni hanno cacciato questi animali per ricavarne avorio dalle loro zanne, rovinando al contempo l'habitat originario.

Per quanto riguarda il bracconaggio, si stima che questa pratica barbara di uccisione dei pachidermi porti ogni anno a un calo del 4% della popolazione (con 20mila esemplari ammazzati).

Anche il riscaldamento globale, tuttavia, ha le sue responsabilità, dirette o indirette.

Prendiamo, come riporta WWF, il caso del cianobatterio del 2020: a maggio di quell'anno, le autorità si trovarono di fronte a 169 elefanti deceduti vicino al delta del fiume Okavango, tra Namibia e Botswana.

Il mese successivo, il numero era raddoppiato. Non fu difficile stabilire la causa, ovvero le alghe tossiche (i cianobatteri) presenti nelle pozze d'acqua, a causa dell'innalzamento delle temperature.