Perché nel primo trimestre del 2022 aumenteranno le bollette di luce e gas

Il rincaro sarà del 55% per l’energia elettrica e del 41,8% per il gas, una situazione che non ha precedenti. Ma a cosa dobbiamo questo aumento che, per la verità, era stato ampiamente annunciato?
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Giulia Dallagiovanna 11 Gennaio 2022

Il nuovo anno è iniziato con una notizia che farà male alle nostre tasche: durante il primo trimestre, le bollette di luce e gas aumenteranno. E di tanto. Il rincaro sarà addirittura pari al 55% per le prime e al 41,8% per le seconde. Ma senza l'intervento del governo, sarebbe stato anche maggiore. Lo ha annuciato in una nota Arera, l'Autorità di regolazione per energia reti e ambiente, che all'inizio di ogni trimestre fissa i prezzi del mercato tutelato. E proprio il presidente, Stefano Besseghini, definisce questa situazione "assolutamente eccezionale", "che non ha precedenti".  Sebbene non inaspettata, visto che il ministro della Transizione ecologica Roberto Cingolani aveva lanciato un avvertimento già lo scorso settembre.

La crescita riguarda soprattutto una voce della tua bolletta: il costo della materia prima. I rialzi dunque sono dovuti alla crescita delle quotazioni internazionali delle materie prime energetiche, in particolar modo del gas, e del prezzo della CO2. Non stiamo davvero pagando la riconversione green del sistema di produzione e consumi, come potresti aver sentito dire in questi giorni, quanto piuttosto proprio il nostro ritardo sulle fonti rinnovabili. Un problema che ad oggi accomuna tutti i Paesi, e di riflesso tutti i consumatori, d'Europa.

Il prezzo della CO2

Sì, la CO2 ha un prezzo, quanto meno all'interno del sistema Ets (Emissions Trading Scheme) per lo scambio di quote di emissioni di gas a effetto serra dell’Unione europea. Meccanismo in vigore dal 2005 e che si basa sul principio "chi inquina, paga". Ogni azienda energetica deve quindi acquistare quote che le permettano di emettere una certa quantità di anidride carbonica nell'atmosfera. Va da sé che più ne viene sprigionata e maggiore sarà il numero di quote che dovranno essere comprate.

I prezzi dell'energia elettrica all'ingrosso hanno subito un aumento del 400% nel 2021

L'idea di base sarebbe quella di stimolare una riduzione dell'inquinamento, scoraggiandolo attraverso un sistema di sanzioni economiche. In coerenza con questo principio, i "permessi" hanno iniziato a costare sempre di più e così tra gennaio e dicembre 2021, i prezzi dell'energia elettrica all'ingrosso hanno conosciuto un aumento di quasi il 400%. E di passaggio in passaggio, questo trend finisce per ripercuotersi sul totale che compare in bolletta.

Il prezzo del gas

Nello stesso periodo, si è registrato un incremento anche sul prezzo del gas naturale che al TTF (Title Transfer Facility), mercato punto di riferimento per lo scambio di questa materia prima in Europa, ha fatto segnare un più 500%. Le ragioni dei rincari potrebbero riassumersi in molta domanda e poca offerta. Quest'anno infatti la Russia non ha consegnato più di quanto fosse previsto dagli obblighi contrattuali. Una situazione inedita, visto che di norma era sufficiente pagare per ottenere il metano che ci mancava e che non era contenuto negli accordi, per il semplice fatto che questi vengono stipulati molto prima che la stagione invernale effettivamente inizi. Di conseguenza, quando sono arrivati i primi freddi e abbiamo acceso i riscaldamenti, i bisogni hanno subito un'impennata senza trovare un'adeguata risposta.

Allo stesso tempo, a dicembre la Francia ha dovuto fermare quattro reattori nucleari e chiudere temporaneamente due centrali a causa della scoperta di guasti che ne mettevano a rischio la sicurezza. La quota di energia che importiamo dai nostri cugini d'Oltralpe, dunque, non è arrivata, costringendoci a rivolgerci ad altre materie prime per mantenere costante la produzione di elettricità. Una di queste è proprio il gas e un'altra è il carbone. Anche i prezzi di importazione di quest'ultimo combustibile fossile sono aumentati, tanto che l'Italia ha deciso di riattivare per pochi giorni due centrali ormai in dismissione.

Perché la Russia si comporta così

La Russia non è a corto di gas, ma ha tagliato le forniture all'Unione europea per fare pressione e ottenere l'approvazione di un nuovo gasdotto, il Nord Stream 2. Si chiama così perché il numero 1 già esiste: è quello progettato da Gazprom e inaugurato a settembre 2011 con partenza da Vyborg (in Russia) e arrivo a Greifswald (in Germania) per garantire la consegna della materia prima a tutta l'Europa occidentale. Nel 2021 è stata però completata la seconda linea, che questa volta passa attraverso il territorio finlandese, e che è pronta per entrare in funzione. A frenarla, solo la sospensione dei processi di certificazione del gestore del gasdotto da parte proprio della Germania.

La Russia sta facendo pressioni affinché venga approvato il gasdotto Nord Stream 2

Ma Vladimir Putin non vuole fare a meno di questa seconda corsia che gli permetterebbe una maggiore libertà nella gestione dei rapporti e delle pressioni sull'Ucraina. Proprio per il Paese con il quale la Russia è in perenne conflitto transita infatti l'Urengoy–Pomary–Uzhhorod, un altro gasdotto lungo 4.500 chilometri che trasporta il gas dal giacimento di Urengoj, in Alta Siberia, fino all'Europa. Questo canale costituisce una sorta di scudo di sicurezza per l'Ucraina che si vede così garantito l'apporto costante di materia prima senza troppi rischi di interruzione (che per la verità in passato si sono già verificati).

Così, la Russia da una parte costruisce un canale alternativo e dall'altra schiera più di 100mila soldati del proprio esercito lungo i confini del Donbass, regione che dal 2014 è sotto il controllo dei ribelli separatisti sostenuti da Mosca. E il via libera del Nord Stream 2 da parte dell'Europa diventa più importante che mai.

Il gas non è green

Mentre ci affanniamo a cercare di accaparrarci tutto il gas naturale di cui abbiamo bisogno e mentre inveiamo contro gli aumenti in bolletta, ci dimentichiamo un passaggio fondamentale: il gas rimane comunque una fonte non rinnovabile e dunque non sostenibile. Non dovrebbe essere considerato all'interno di un processo di transizione ecologica.

In un'analisi pubblicata lo scorso luglio, Legambiente parla di "una corsa insensata al gas" che rischia di annullare l'impatto positivo sull'ambiente che potrebbe avere la decarbonizzazione, il cui termine è previsto per il 2025. Diverse centrali che il nostro Paese sta chiudendo si stanno infatti avviando verso la riconversione a metano. Nello stesso tempo, la Commissione UE ha dato l'ok per l'inserimento del gas nella tassonomia dell'Unione europea, etichettandola, assieme al nucleare, come tecnologia verde che andrà a sostenere la finanza sostenibile. Andrebbe quindi detto chiaramente che le bollette sono più alte anche perché non stiamo investendo a dovere sulle fonti rinnovabili, di cui si parla poco anche nell'ultima legge di bilancio.

Gli aiuti del governo

Tornando all'aumento dei prezzi di luce e gas, bisogna precisare che quelli reali sarebbero stati rispettivamente del 65% e del 59,2%. A contenere in parte questo incremento sono stati gli interventi messi in atto dal governo, che ha ridotto l'Iva sul gas e ha annullato in modo transitorio gli oneri generali di sistema. Questi ultimi corrispondono a costi fissi e rappresentano diverse voci tra cui il sostegno alle energie rinnovabili, oneri nucleari, agevolazioni per il sistema ferroviario e alle industrie energivore.

Lo stanziamento di 3,8 miliardi di euro previsto dalla legge di bilancio consentirà inoltre di alleggerire il peso degli aumenti su 29 milioni di famiglie in difficoltà e su 6 milioni di microimprese. Ma si tratta di misure di emergenza e non di strategie a lungo termine.