Quali sono i cibi più “inquinati” da ftalati e bisfenolo e come fare per evitarli

Recenti indagini hanno dimostrato che sostanze chimiche dannose per la salute come gli ftalati e il bisfenolo sarebbero presenti negli alimenti che mangiamo tutti i giorni più di quanto pensiamo. Insieme al dottor Simone Gabrielli, biologo nutrizionista, abbiamo cercato di capire quali atteggiamenti assumere per evitarli e proteggerci.
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Kevin Ben Alì Zinati 25 Gennaio 2024
* ultima modifica il 25/01/2024
In collaborazione con il Dott. Simone Gabrielli Biologo nutrizionista

Quando vai a fare la spesa al supermercato, anche tu sicuramente leggerai tutte le etichette dei prodotti che metti nel carrello.

Anche tu insomma andrai alla ricerca delle indicazioni sugli ingredienti, sulle calorie e sui valori nutrizionali di ciò che stai per mangiare.

C’è un altro dettaglio a cui devi cominciare a prestare attenzione, altrettanto importante per la tua salute.

Sto parlando delle sigle che ti avvertono sulla possibilità che nella confezione che hai in mano – e probabilmente dunque anche nell’alimento contenuto – vi sia la presenza di ftalati e bisfenolo.

Ovvero sostanze chimiche impiegate nella produzione di plastica alimentare per ammorbidire alcuni materiali e che tuttavia sarebbero capaci di migrare fin dentro l’alimento interferendo con il tuo sistema ormonale.

“Gli effetti sulla salute sono stati a lungo dibattuti – ci ha spiegato il dottor Simone Gabrielli, biologo nutrizionista – ma la preoccupazione principale è legata alla loro attività di interferente endocrino, cioè in grado di alterare l'equilibrio ormonale. Al momento l'OMS ha dichiarato che l'esposizione è inferiore alla dose di rischio ma si stanno conducendo ulteriori ricerche per approfondire l’argomento”.

La possibilità di incontrare tracce di ftalati e bisfenolo purtroppo non è poi così rara.

Consumer Reports, per esempio, ha recentemente condotto un’indagine su quasi 100 alimenti scoprendo che nonostante le misure di sicurezza e i limiti costantemente aggiornati da parte delle autorità, queste sostanze popolano i cibi che compriamo al supermercato e mettiamo sulle nostre tavole più di quanto pensiamo (e vorremmo).

Gli ftalati sono stati ritrovati in quasi tutti gli alimenti testati, e spesso a livelli elevati. Il punto è che le concentrazioni non dipendevano dal tipo di imballaggio utilizzato e non c’era un cibo che avesse più probabilità di contenerli rispetto a un altro.

Non c’erano indizi o dettagli a cui aggrapparsi per provare a trovare una spiegazione e quindi una soluzione.

Ma quali sono gli elementi con alte concentrazioni di ftalati e bisfenolo?

Tra le bevande, Consumer Reports ha messo in cima alla lista una particolare marca di tè al limone ma anche una delle bevande gassate più famose al mondo, di colore nero, e altre simili.

Altri alimenti “inquinati” da ftalati identificati erano alcune tipologie di pesche, il salmone rosa, dei frappè al cioccolato, dello yogurt magro alla vaniglia francese oltre a cibi tipici di diversi fast food, tra cui dei bocconcini di pollo croccanti, un burrito di pollo e un hamburger con del formaggio.

Queste sostanze finiscono nei nostri alimenti a causa della loro capacità di migrare. Sono, cioè, in grado di entrare all’interno dell’alimento una volta che vi entrano a contatto.

Ma non solo. La contaminazione può avvenire anche nelle fasi di produzione o confezionamento, durante le quali il cibo può entrare in contatto con materiali al cui interno sono già presenti gli ftalati.

Per non parlare poi dei rischi legati alle alterazioni delle condizioni di sicurezza, come l’esposizione di questi materiali a bruschi aumenti della temperatura.

La contaminazione tuttavia può avvenire anche durante altre fasi del processo alimentare: queste sostanze possono penetrare anche dalla plastica contenuta nelle componenti plastiche dei macchinari, nei nastri trasportatori e nei guanti utilizzati dagli operatori durante la lavorazione degli alimenti.

contenitori con bottiglie plastica

Fatto salvo che oggi è impensabile evitare completamente la plastica nella nostra vita visto l’utilità ma anche la larghissima diffusione, secondo il dottor Gabrielli è importante assumere dei comportamenti semplici ma estremamente efficaci.

Come, per esempio, fare attenzione a leggere nel modo corretto le etichette poste sulle infezioni dei prodotti. L’occhie deve cadere su due sigle:

  • PET 07: significa che può contenere bisfenolo A
  • PET 03: significa che può contenere ftalati

Altri consigli del nutrizionista sono, per esempio, quello di “preferire se possibile cibi freschi, quindi evitare ci comprare cibi già pronti soprattutto se imballati e anche limitare i fast food, dove gli alimenti vengono conservati in contenitori di plastica”.

Secondo il dottor Gabrielli è decisivo evitare di scaldare il cibo dentro i contenitori di plastica, anche se indicato che sono adatti al microonde questi, col calore, possono trasferire microplastiche sugli alimenti ma anche “scegliere utensili da cucina sicuri. Evitare, per esempio, un tagliere non di plastica di bassa qualità che si degrada facilmente e, se possibile, preferirlo in acciaio o polietilene resistente. Non dimentichiamoci però che i taglieri in legno sono sconsigliati perché aiutano la proliferazione batterica”.

Ultimo, ma non meno importante: preferire bevande in bottiglia o bere acqua del rubinetto. “A patto che non ci siano segnalazioni particolari da parte del comune”. 

Le informazioni fornite su www.ohga.it sono progettate per integrare, non sostituire, la relazione tra un paziente e il proprio medico.