Roma, il fiume Tevere è invaso da microplastiche, Marevivo: “I resti degli oggetti monouso sono stati trovati nella placenta delle donne”

I nostri corsi d’acqua sono sempre più inquinati da materiali che spesso finiscono nei piatti che mangiamo. Il Tevere è diventato oggetto di studio, per saperne di più abbiamo chiesto a Fondazione Marevivo di commentare la situazione.
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Francesco Castagna 18 Marzo 2024
Intervista a Raffaella Giugni Responsabile delle Relazioni Istituzionali Marevivo

Soffocano i mari, inquinano ciò che mangiamo e, spesso, uccidono anche gli animali: sono le microplastiche, piccole ma pericolosissime per il loro grado di pervasività. Stiamo letteralmente inquinando non solo la terra in cui abitiamo, ma anche i mari e gli oceani, rovinando l'habitat naturale di numerose specie marine e non.

La solita condanna al nostro modello di vita iperconsumista? Il punto è che, oltre agli enormi impatti ambientali legati all'utilizzo eccessivo della plastica, c'è molto di più: le microplastiche che finiscono in mare o nei nostri fiumi contaminano i nostri cibi e l'acqua che beviamo. Morale della favola: questi minuscoli pezzettini fatti da più materiali finiscono nel nostro corpo, spesso nel sangue, portando a malattie serie.

Ma da dove vengono? Spesso le microplastiche che finiscono in mare arrivano direttamente dalle nostre case. Provare per credere. Avete mai utilizzato dei prodotti scrub, fatto un lavaggio di capi sintetici o utilizzato prodotti non solubili? Ecco che il gioco è fatto: secondo l'Unione europea infatti, queste sono le principali cause della produzione di microplastiche. A queste si aggiungono l'abrasione dei pneumatici su strada delle macchine, le buste di plastica, le bottiglie o le reti da pesca.

In uno studio, il primo in questione in Italia, i chimici del Dipartimento di Scienze e Tecnologie Chimiche e gli ecologisti del Dipartimento di Biologia di Tor Vergata hanno analizzato i campioni raccolti nell'area marina tra Fiumara Grande e Canale di Traiano, proprio dove sfocia il fiume Tevere.

Il risultato? Gli autori dello studio, pubblicato sulla rivista scientifica Marine Pollution Bullettin, hanno scoperto che il corso di questo fiume contiene quantità notevoli di polistirolo e microplastiche. Nel corso degli anni questi materiali si stanno stabilizzando sui fondali, laddove prima a essere stratificati erano solo i resti dell'antica Roma e delle civiltà precedenti.

Abbiamo chiesto a Raffaella Giugni di Marevivo, la fondazione che dal 1985 si batte in difesa del mare e dei suoi abitanti di approfondire il tema.

Da quanto tempo il Tevere è invaso da microplastiche?

Purtroppo il problema del marine litter e delle microplastiche in acqua va avanti da molti anni e si è intensificato nell’ultimo periodo a livelli altissimi. Non riguarda solo mari e oceani, ma anche i nostri fiumi e i bacini lacustri: secondo i dati dell'ultimo report ISPRA, sui 12 principali fiumi italiani analizzati, il 35% degli oggetti dispersi è un prodotto di plastica monouso.

Cosa sta facendo il Comune di Roma, insieme ad associazioni come Marevivo, per rimediare al problema?

La competenza sulle acque del Tevere è della Regione Lazio, che è stata la prima in Italia ad aver investito sull’installazione di sistemi di raccolta di rifiuti sui fiumi e che si è occupata dell’introduzione delle barriere acchiappa rifiuti. Noi di Marevivo abbiamo sostenuto fortemente la decisione e assistito all’installazione e all’inaugurazione delle Blue Barriers. Ogni barriera è formata da moduli – sistemati uno di fianco all’altro lunghi 1 metro ciascuno che arrivano fino a 90cm di profondità, in grado di aprirsi automaticamente in modo rapido e semplice, permettendo così di massimizzare la raccolta dei rifiuti fluviali e di intercettare sia i rifiuti e i detriti superficiali sia quelli che vengono trasportati sotto il livello dell’acqua.

Lo scorso dicembre, il Viceministro all’Ambiente e Sicurezza Energetica Vannia Gava ha firmato il Decreto ministeriale che adotta e finanzia il primo programma sperimentale per il recupero delle plastiche nei fiumi, nell’ambito della Legge Salvamare promossa e fortemente voluta da Marevivo. L’augurio è che a breve siano resi attuativi i decreti che ancora mancano e che sono necessari perché consentirebbero di stabilire i criteri e le modalità con cui i rifiuti pescati dal mare possano essere riusati, recuperati e riciclati.

Dove sono le barriere per le microplastiche acchiappa-rifiuti di plastica e perché non riescono a trattenerle tutte?

Le barriere acchiappa-rifiuti sono state posizionate sul fiume Tevere, nel comune di Fiumicino e sull’Aniene, nel comune di Roma, e hanno raccolto nella prima fase del progetto oltre 9 tonnellate di rifiuti, costituiti per il 25% da imballaggi di plastica.

Ad oggi l’80% delle plastiche e microplastiche che si riversano nei mari proviene dai fiumi. Il problema con le microplastiche è che la loro dimensione non permette di trattenerle all’interno delle barriere. Gran parte delle microplastiche che arrivano nei fiumi provengono da prodotti di uso comune, come ad esempio i cosmetici, oppure dalla plastica abbandonata sulle sponde che si frantuma in piccoli pezzi e viene raccolta dai fiumi, ma prevalentemente arriva dagli scarichi domestici, come le acque di scarico delle lavatrici. Pensate solo che a ogni lavaggio un tessuto sintetico produce 700.000 microfibre di plastica.

Marevivo, anche in questo caso ha lanciato una campagna dal nome “StopMicrofibre” per sensibilizzare l’opinione pubblica sul tema e chiedere alle istituzioni una legge che renda obbligatorio l’utilizzo di sistemi di filtraggio che trattengono microfibre e ha recentemente stretto una collaborazione con Beko, che ha lanciato sul mercato “FiberCatcher”, il primo sistema di filtraggio integrato nelle lavatrici di ultima generazione, in grado di raccogliere e trattenere oltre il 90% delle microfibre rilasciate dagli indumenti sintetici.

Quali sono i danni ambientali per fauna e flora sul Tevere e nello sbocco del Mar Tirreno?

Sappiamo purtroppo molto bene cosa può causare l’ingerimento di plastica agli animali che la scambiano inconsapevolmente per cibo. Uno studio recente, pubblicato sulle pagine del Journal of Hazardous Materials, ha scoperto infatti per la prima volta la “plasticosi”: una malattia che colpisce gli uccelli ed è causata direttamente dalla plastica. Inoltre, Margherita Ferrante, Responsabile del Laboratorio di Igiene Ambientale e degli Alimenti presso l’Università degli Studi di Catania, ha evidenziato nello sviluppo delle larve di pesci d’acqua dolce gravi deformità a livello della colonna e della coda, nonché una compromessa integrità della struttura visiva e delle funzionalità degli occhi, dove sono state ritrovate nanoplastiche.

Quali i danni per la salute delle persone?

Anche se non conosciamo ancora con certezza gli effetti che la plastica può avere sull’uomo, sappiamo già che è entrata nel nostro corpo e che sicuramente ha impatti negativi.

Le microplastiche sono state trovate nella placenta delle donne, nei tessuti polmonari, nel sangue, e una recentissima ricerca italiana rivela per la prima volta la loro presenza perfino nelle placche aterosclerotiche, depositi di grasso nelle arterie pericolose per il cuore e fornisce prova inedita della loro pericolosità.