Storia, segreti e potenzialità dell’acido ursodesossicolico: il vecchio-nuovo farmaco che la Cina sta usando contro il Covid-19

L’Udca è un farmaco già utilizzato per trattare i calcoli biliari e altre malattie del fegato ma oggi in Cina rappresenta l’ultima linea di difesa messa in campo contro il Covid-19. Secondo recentissimi studi, tuttavia non ancora confermati con un trial clinico strutturato, sarebbe in grado di impedire al virus di entrare nelle nostre cellule, prevenendo così l’infezione.
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Kevin Ben Alì Zinati 5 Gennaio 2023
* ultima modifica il 05/01/2023

Il protagonista di questo nuovo capitolo della pandemia si chiama acido ursodesossicolico. Forse ne hai già sentito parlare dal momento che si tratta di un farmaco già utilizzato per trattare i calcoli biliari e altre malattie del fegato: in Cina, invece, è l’ultima linea di difesa messa in campo contro il Covid-19.

Il governo di Pechino sta lavorando per riconquistare la propria normalità ma la decisione di abbandonare la politica di Zero Covid, e quindi i lockdown di intere città allo scattare di pochissimi casi positivi, gli si sta ritorcendo contro.

Anziché scendere, i contagi sono letteralmente esplosi in tutto il Paese e l’effetto della nuova, potente ondata di casi (e decessi) ha già fatto il giro del mondo, arrivando perfino in Italia. Nei nostri aeroporti infatti sono tornati obbligatori i tamponi per chi scende da un aereo proveniente dalla repubblica cinese.

L’ultima strategia su cui la Cina sta puntando forte l’attenzione prevede appunto l’utilizzo di Udca. Un farmaco, cioè, che si sarebbe dimostrato in grado di contrastare Sars-CoV-2 bloccandogli la porta d'ingresso nelle nostre cellule, impedendogli quindi l’ingresso nel nostro organismo e prevenendo così l’infezione. Non solo: prendendo di mira le cellule ospiti e non il virus, l’acido ursodesossicolico sarebbe anche utile per proteggere da eventuali nuove varianti.

La mossa di Pechino si poggia su basi scientifiche concrete ma parziali. Un gruppo di ricercatori del Wellcome-MRC Cambridge Stem Cell Institute dell’Università di Cambridge ha infatti scoperto le potenzialità di prevenzione dell’Udca lo scorso dicembre, confermando i dati con varie sperimentazioni su animali e tessuti umani. Ad oggi però non ha ancora prodotto dati esaustivi derivati da un trial clinico vero e proprio capace di verificare con certezza la validità dell’Udca come terapia anti-Covid sull’uomo.

Le prospettive che apre nella lotta alla pandemia, tuttavia, sono decisamente interessanti. Ma andiamo con ordine.

Cosa sta succedendo in Cina?

Se alle nostre latitudini abbiamo ormai innescato una convivenza tutto sommato virtuosa con il virus, in Cina la situazione oggi è esattamente all’opposto e l’intero paese si trova ancora fortemente sotto l’assedio della pandemia.

Gli scorsi mesi il Governo di Pechino è stato bersagliato da proteste e pressioni da parte dalla popolazione che chiedeva, anzi pretendeva un rapido ritorno alla normalità e l’abolizione della cosiddetta politica Zero Covid. I cinesi, in sostanza, non sopportavano più che una risicata manciata di casi positivi al Covid-19 portasse automaticamente alla chiusura totale di intere città, anche popolate da milioni di persone.

Il governo ha così “dovuto” allentare le restrizioni e riaprire viaggi e turismo. L’inversione di rotta, però, ha avuto un effetto boomerang devastante e i contagi sono letteralmente esplosi.

Non è facile farsi un’idea chiara e precisa del quadro epidemiologico cinese dal momento che ciò che viene dichiarato (o propagandato) dal governo centrale non corrisponde alle rilevazioni effettuate da esperti indipendenti.

Le ultime stime, però, raccontano che se da un lato i contagi sarebbero in discesa in metropoli come Pechino, Shanghai, Chongqing e Guagnzhou, in altre zone (le province di Sichuan, Shaanxi, Gansu e Qinghai) starebbero addirittura salendo, al punto da arrivare al picco entro fine gennaio.

Ti do un po’ di numeri: dal 1 dicembre ad oggi si conterebbero ogni giorno oltre 18 milioni di contagi e quasi 9mila morti, per un totale di almeno 100mila decessi. Ribadisco: in un solo mese.

Visti i giganteschi focolai, le esplosioni di casi e l’inevitabile ingolfamento del sistema sanitario, potresti pensare che la campagna di vaccinazione, in Cina, non è poi andata così bene come avrebbe dovuto. E avresti ragione.

In Cina allentare le restrizioni e riaprire viaggi e turismo ha avuto un effetto boomerang devastante con un'esplosione di contagi

La spinta verso l’immunizzazione è stata decisamente più blanda che da noi e l'impiego di vaccini meno efficaci rispetto ai "nostri" ha anche portato a una certa diffidenza da parte della popolazione.

Ti sarà chiaro, a questo punto, perché ogni potenzie alleato contro il virus, come l’ursodesossicolico, ora viene valutato con grandissima attenzione.

L’Udca e Sars-CoV-2

L’acido ursodesossicolico è un acido biliare “di sintesi” che grazie alle sue capacità di favorire la dissoluzione dei calcoli biliari ricchi di colesterolo è utilizzato per trattare la calcolosi biliare.

Recentemente però un gruppo di ricercatori inglesi e italiani ha scoperto le potenzialità di questo farmaco anche contro Sars-CoV-2. In un articolo pubblicato su Nature gli scienziati del Wellcome-MRC Cambridge Stem Cell Institute dell’Università di Cambridge hanno spiegato che l’Udca sarebbe in grado di diminuire il numero di recettori ACE-2 sulle nostre cellule, rendendo più difficile al virus entrarvi.

È andata così. I ricercatori stavano sfruttando degli organoidi, cioè strutture cresciute in laboratorio e capaci di mimare la vita del fegato, per studiare alcune malattie a carico dei dotti biliari.

Poi è arrivata la pandemia e durante le ricerche è subito balzato ai loro occhi un elemento che con il nuovo coronavirus era ormai diventato di interesse pubblico: i recettori ACE-2, cioè la “serratura” a cui si lega la “chiave” di Sars-CoV-2, ovvero la proteina Spike.

Fotios Sampaziotis e l’italiana Teresa Brevini, i due scienziati autori dello studio sull’Udca e il Covid–19. Photo credit: Università di Cambridge

Sotto al microscopio gli scienziati avevano visto che anche sulla superficie delle cellule degli organoidi di dotti biliari erano presenti grandi quantità di recettori ACE-2 e che la loro presenza era legata in modo decisivo a una molecola denominata FXR.

L’Udca sarebbe in grado di diminuire il numero di recettori ACE-2 sulle nostre cellule, rendendo più difficile al virus entrarvi

Questa infatti non è solo in grado di regolare la “porta” virale ACE-2, aprendola e chiudendola: se inibita per mezzo dell’acido ursodesossicolico, può portare alla riduzione dei recettori ACE-2 presenti sulla cellula. Meno recettori ACE-2, meno possibilità di ingresso nel nostro organismo per Sars-CoV-2.

Le successive prove

La possibilità di avere a disposizione un nuovo strumento di contrasto alla pandemia ha subito entusiasmato gli scienziati, che si sono così messi in moto per verificarne l’efficacia anche su modelli sempre più vicini all’uomo.

In prima battuta hanno dimostrato che lo stesso approccio per chiudere la porta ACE2 aveva prevenuto l’infezione in organoidi di polmoni e intestino, tra i principali bersagli del coronavirus. Ma a quel punto serviva confermarne le potenzialità anche negli organismi viventi.

Nei laboratori dell’Università di Liverpool hanno quindi messo in piedi un esperimento per sperimentare l’acido ursodesossicolico su un gruppo di criceti.

Dividi in due gruppi, i sei criceti esposti al virus e non trattati con Udca si sono ammalati e hanno perso peso mentre dei nove pretrattati con il farmaco, solo tre si sono infettati, sviluppando una forma meno grave di malattia.

Sempre più vicini all’uomo

A quel punto era chiaro che servivano prove sull’uomo. Serviva insomma capire se l’acido ursodesossicolico avrebbe potuto davvero rientrare tra le terapie preventive contro il virus nel mondo reale, fuori dai laboratori.

Così il team di ricercatori si è servito di veri polmoni umani donati alla ricerca, non adatti al trapianto e mantenuti in vita grazie ad appositi ventilatori e pompe per far circolare un fluido simile al sangue, esponendoli a Sars-CoV-2 prima e sottoponendoli a un trattamento con Udca poi.

Uno dei due polmoni perfusi e sottoposti ala sperimentazione con l’Udca. Photo credit: Teresa Brevini

E anche in questo caso i risultati hanno dato loro ragione. Il polmone trattato ha resistito all’infezione, che invece si è diffusa in quello non sottoposto a terapia.

Dagli organi, infine, si è passati alla concreta sperimentazione sull’uomo. Collaborando con il Centro medico universitario Hamburg-Eppendorf, in Germania, hanno quindi reclutato otto volontari sani per ricevere il farmaco. Quando poi li hanno sottoposti al tampone nasale, hanno verificato che i livelli di ACE-2 erano effettivamente più bassi: il virus aveva fatto molta più fatica ad entrare e infettare le loro cellule.

Perché è potenzialmente molto interessante?

Come ormai saprai, i vaccini contro Sars-CoV-2 non ci proteggono dall’infezione ma dalle forme gravi di malattia perché una volta iniettati, potenziano il nostro sistema immunitario insegnandogli a riconoscere, combattere ed eliminare il virus.

“Ma i vaccini non funzionano per tutti, per esempio i pazienti con un sistema immunitario debole, e non tutti possono accedervi. Inoltre, il virus può mutare in nuove varianti resistenti al vaccino” ha spiegato il dottor Fotios Sampaziotis, del Wellcome-MRC Cambridge Stem Cell Institute dell'Università di Cambridge e tra gli autori principali dello studio.

Ecco perché è estremamente importante trovare modi alternativi per proteggerci dall’infezione da Sars-CoV-2 che non dipendano dal sistema immunitario e possano integrare (e non sostituire) la vaccinazione.

Se davvero l’acido ursodesossicolico fosse in grado di chiudere la porta al virus, non avremo dunque solo aumentato le nostre difese. Ci saremmo garantiti anche uno strumento efficace per proteggere le persone per i quali i vaccini sono inefficaci o inaccessibili e gli individui a maggior rischio di infezione.

Soprattutto però avremmo a disposizione un alleato capace di respingere anche le nuove varianti del coronavirus con cui potremmo, un giorno, trovarci di fronte. Agendo sulle nostre cellule e non sul virus, infatti, l'Udca non è influenzato dalle mutazioni di Sars-CoV-2 e non dovrebbe perdere efficacia nel caso di forme virali nuove.

E ora?

I dati sembrano suggerire con forza che questo vecchio ed economico farmaco già noto per contrastare i calcoli della bile e la colangite biliare primitiva, una malattia rara epatica autoimmune, potrebbe davvero funzionare anche il Covid-19. La corsa al suo acquisto in Cina potrebbe quindi sembrare quasi giustificata.

Il punto, però, è che ad oggi il farmaco non è stato oggetto di un vero e proprio trial clinico con una coorte di pazienti sufficientemente grande ed eterogenea capace di confermarne l’efficacia verso Sars-Cov-2.

Dalla loro, i ricercatori inglesi hanno prove indirette e ottenute confrontando l’evoluzione del Covid-19 in un gruppo di pazienti sotto Udca per le proprie condizioni epatiche e uno di persone non sottoposte al trattamento. I risultati avrebbero ancora una volta dimostrato che chi assumeva Udca aveva effettivamente meno probabilità di sviluppare una malattia grave.

Non si tratta però di una sperimentazione ad hoc e per questo per ora non può bastare. I ricercatori infatti non raccomandano l’utilizzo di Udca come terapia alternativa o in sostituzione alla vaccinazione per il Covid-19. Serve insomma uno studio clinico molto più strutturato.

Ad oggi il farmaco non è stato oggetto di un vero e proprio trial clinico con una coorte di pazienti ampia ed eterogenea

Correre ad acquistare acido ursodesossicolico è dunque sbagliato? Difficile dirlo. È rischioso? Sembrerebbe di no dal momento che si tratta di un farmaco già noto e utilizzato, sicuro e certificato sebbene per altre patologie e condizioni.

La soluzione migliore a cui ricorrere, tuttavia, potrebbe essere un’altra. Anzi, la solita: i vaccini. Non tuttavia quelli già utilizzati nei mesi scorsi, meno efficaci e con una più bassa capacità di indurre gli anticorpi di quelli costruiti con l’mRna bensì “i nostri”.

L’Unione europea nelle scorse ore ha infatti provato a dare il proprio aiuto offrendo gratuitamente a Pechino scorte di vaccini anti-Covid, specialmente quelli bivalenti e aggiornati contro Omicron.

Il Governo però ha seccamente declinato, dichiarando che “la Cina ha stabilito le più grandi linee di produzione al mondo di vaccini Covid con una capacità di produzione annuale di oltre 7 miliardi di dosi e una produzione annua di oltre 5,5 miliardi di dosi, che soddisfano le esigenze di garantire che tutte le persone idonee alla vaccinazione abbiano accesso ai vaccini Covid” e specificando che “la situazione Covid in Cina è prevedibile e sotto controllo”. I numeri, tuttavia, sembrano raccontare un'altra storia.

Agendo sulle nostre cellule e non sul virus, l'Udca non è influenzato dalle mutazioni di Sars-CoV-2 e non dovrebbe perdere efficacia contro nuove varianti

Ma non è tutto. La portavoce portavoce del ministero degli Esteri, Mao Ning, si è poi scagliata contro quei Paesi, come l’Italia, che “hanno adottato restrizioni all’ingresso che prendono di mira solo i viaggiatori cinesi”. E invocando il principio della reciprocità ha paventato possibili contromisure.

Oltre ai vari vaccini e farmaci, se davvero si vuole fermare la pandemia ciò che serve è semmai la collaborazione. Contro Sars-CoV-2 servono maggiore prudenza e lungimiranza. E soprattutto fiducia.

Fonte | "FXR inhibition may protect from SARS-CoV-2 infection by reducing ACE2" pubblicato il 5 dicembre 2022 sulla rivista Nature 

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