Tuvalu: lo Stato che chiede un trattato di non proliferazione dei combustibili fossili, per non diventare l’isola che non c’è

Tuvalu non è soltanto un’isola del Pacifico, ma una delle prime a rischio sparizione nel caso in cui il livello del mare dovesse alzarsi ulteriormente a causa del riscaldamento globale. Ecco cosa ha chiesto alla Cop27 il leader dello Stato insulare.
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Francesco Castagna 11 Novembre 2022

Quante volte nella vita hai detto "vorrei proprio andarmene in un'isola sperduta e sparire dalla faccia della Terra"? Ecco, e se a sparire dal nostro Pianeta sia proprio quell'isola sperduta? Non ti sto raccontando nulla di inventato, sto parlando di ciò che sta accadendo alle Tuvalu. Lo stato insulare si trova nell'Oceano Pacifico, a metà  tra le Hawaii e l'Australia. Tra le varie particolarità, se non lo sapevi, è il secondo Stato con meno popolazione dopo lo Stato del Vaticano e il secondo Stato più piccolo delle Nazioni Unite.

Ed è proprio di Nazioni Unite che si parla, perché a Sharm el-Sheikh, durante i lavori per la Cop27 in Egitto, i delegati in collegamento online hanno chiesto alla platea internazionale l'approvazione del Trattato di non proliferazione dei combustibili fossili. Altra affinità con il Vaticano, uno dei primi Stati al mondo a chiedere la realizzazione di un trattato del genere. Come ti avevamo già raccontato precedentemente, questo accordo ha delle origini che risalgono al 2015, quando i leader dei Paesi del Pacifico proposero "una moratoria e l'adozione di meccanismi internazionali vincolanti per l'eliminazione graduale dei combustibili fossili nel Pacifico". Se il Vaticano è il primo Stato ad aver aderito, le Tuvalu sono il primo a essersi esposto apertamente alla Cop27.

La prima isola del Pacifico ad avanzare una tale richiesta fu Vanuatu, nel 2015, dopo che il ciclone Pam aveva devastato il territorio, distruggendo il 96% dei raccolti dell'isola. Ora gli effetti del cambiamento climatico stanno colpendo anche le Tuvalu. Se non lo sapevi, le isole di Tuvalu raggiungono un'altezza massima di 4,5 metri sul livello del mare, puoi immaginare quindi come una realtà del genere sia tra le prime vittime dell'innalzamento del livello del mare, dovuto al riscaldamento globale.

Secondo l'Agenzia spaziale europea"Dal 1993 il mare che circonda Tuvalu si è sollevato di 5-6 cm",  spiegando che Tuvalu ha già cominciato a prepararsi agli effetti del riscaldamento globale, al clima più caldo e all'innalzamento del livello del mare.  L'Agenzia riporta anche che "La superficie freatica dell’isola viene misurata da due stazioni situate sulla costa, installate dall’Australia. Ha raggiunto il suo livello massimo nel mese di marzo 2001, quando arrivò a 1,8 metri sopra il valore normale. Questo diventa un problema grave quando l’isola non è più grande di un banco di sabbia o di corallo in mezzo al mare". A spaventare, oltre agli scenari descritti, è che questo testo è del 2004, ben diciotto anni fa e ben prima degli Accordi di Parigi.

Così il primo ministro di Tuvalu Kausea Natano è intervenuto in video, affermando che “i mari hanno iniziato a inghiottire le nostre terre, centimetro dopo centimetro. Ma la dipendenza del mondo da petrolio, gas e carbone non può far affondare i nostri sogni sotto le onde”. Non è la prima volta che il primo ministro Natano ha fatto una dichiarazione del genere. Nel 2019 si era già espresso in merito al ritiro da parte degli USA dagli Accordi di Parigi, "La scienza non è negoziabile, Tuvalu è la frontiera della lotta al cambiamento climatico, se salviamo Tuvalu dimostriamo di essere in grado di salvare il mondo".

Purtroppo per il primo ministro, a poco servirono quelle parole e al momento non hanno sortito un grande risultato nemmeno durante la Cop27.