Un bambino può seguire una dieta vegetariana o vegana? Lo abbiamo chiesto agli esperti

Anche un bambino può seguire un regime alimentare privo di prodotti di derivazione animale, purché sia seguito dal proprio pediatra e da un esperto di nutrizione. Il rischio infatti è quello di incorrere in carenze alimentari importanti e potenzialmente pericolose.
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Giulia Dallagiovanna 8 Ottobre 2020
* ultima modifica il 08/10/2020
Intervista a Prof. Andrea Vania e dott.ssa Maria Cristina Varotto Pediatra di SIPPS, già responsabile del Centro di Dietologia pediatrica del Policlinico Umberto I di Roma, e Dietista

In Italia, la dieta vegetariana e quella vegana piacciono. Secondo l'ultimo rapporto Eurispes, la popolazione che ha adottato questi particolari regimi alimentari è in crescita, seppur leggera: se l'anno scorso rappresentavano il 7,1% degli italiani, oggi sono l'8,9%. Le ragioni dietro a questa scelta sono diverse, ma nella maggior parte dei casi sono di tipo etico: rispetto degli animali e riduzione del proprio impatto sull'ambiente sono al primo posto. È arrivato quindi il momento di affrontare un nodo centrale della questione e cioè l'alimentazione dei figli di genitori che non inseriscono più carne e prodotti derivati all'interno del loro menù quotidiano. E la prima notizia è che sì, si può fare. A patto di dimenticarsi del fai-da-te e di rivolgersi a uno specialista che possa fornire le giuste indicazioni per prevenire eventuali carenze nutrizionali che possono rivelarsi anche molto pericolose durante la fase di crescita e sviluppo di un bambino.

"La ragione per cui l'essere umano è onnivoro è perché più la dieta è variata e più è difficile che si verifichino delle carenze – ci spiega il professor Andrea Vania, pediatra di SIPPS (Società Italiana di Pediatria Preventiva e Sociale) e già responsabile del Centro di Dietologia pediatrica del Policlinico Umberto I di Roma. – Di conseguenza tanto più un regime alimentare è restrittivo, quanto più potrebbe provocare dei problemi di salute. E questi saranno di gravità diversa in base all'età della persona. I più a rischio sono i bambini, che sono in una fase di crescita e di sviluppo di tutti gli apparati e i sistemi del loro corpo, perché avranno fabbisogni diversi rispetto a quelli di un adulto. Anche se non è detto che questi pericoli si verifichino. È fondamentale la presenza di un medico che sia competente in questi temi e di un nutrizionista che aiuti a stabilire una dieta completa".

Le possibili carenze

La dieta vegetariana prevede l'eliminazione della carne e nella maggior parte dei casi anche del pesce. Non vengono però sacrificati latte, formaggi, uova e altri prodotti di derivazione animale, come accade invece nel regime vegano. Potrai quindi facilmente intuire come sia più facile cadere in una possibile carenza nutrizionale nel secondo caso. Ad esempio, di vitamina B12, il cui deficit può comportare anche delle complicanze a carico del sistema nervoso centrale che non si riescono a correggere. "Il nostro organismo ne richiede quantità molto basse, ma non è comunque capace di sintetizzarla in autonomia – prosegue il professor Vania. – Perciò se ancora le uova fanno parte della dieta non ci saranno problemi, ma una persona vegana dovrà pensare a integrare questo micronutriente".

"Per la B12 è indispensabile un'integrazione – conferma anche la dottoressa Maria Cristina Varotto, dietista. – Per quanto riguarda le altre eventuali carenze devono essere individuate a mano a mano che il bambino cresce attraverso tutti gli esami e le visite mediche necessarie. Quando poi ne viene accertata una, si cerca una strategia per sopperirla. E se proprio non è possibile trovarla, si interviene con un integratore".

Questo deficit potrebbe riguardare ad esempio alcuni acidi grassi essenziali, chiamati così perché il tuo organismo non è in grado di produrli e dovrai per forza assumerli dall'esterno. In particolare, il DHA (acido docosaesaenoico) che viene sintetizzato a partire dal suo precursore, l'acido alfa-linoleico. "Questo nutriente è particolarmente importante nel bambino – chiarisce il professor Vania, – perché viene incluso nelle strutture del sistema nervoso, che sono in fase di costruzione, e per lo sviluppo di alcune funzioni come quelle cognitiva e motoria. Potrebbero dunque derivarne problemi nei movimenti o nelle capacità intellettive". Il problema è che del precursore servono quantità 10 volte maggiori che non di DHA, perciò potrebbe essere difficile riuscire a raggiungere tutta quella di cui il corpo potrebbe aver bisogno.

Lo stesso ragionamento può essere applicato anche al ferro: da onnivori lo assumiamo soprattutto nella forma presente anche nei cibi di origine vegetale, cioè quella inorganica. Nella carne e nel pesce, però, lo troviamo anche in forma organica. La differenza è che la prima si lega a sali minerali, la seconda invece a proteine, ed è meglio assorbibile. Di conseguenza, con una dieta che elimina i prodotti di derivazione animale si rischia di non assumerne quantità sufficiente dell'ultimo tipo. "Il ferro è importante soprattutto quando un bambino ha tra i 6 e i 12 mesi di vita, periodo nel quale il corpo mostra un fabbisogno addirittura pari a quello di un ragazzo adolescente – aggiunge il professore. – Quegli 11 milligrammi al giorno possono essere assunti attraverso alimenti fortificati in ferro, prodotti ad esempio a partire dal latte vaccino o di capra, che però non sono compresi in una dieta vegana. Inoltre, alcuni genitori rifiutano questi prodotti per ragioni etiche, in quanto poco naturali e provenienti dalla grande distribuzione. Ed è qui che può subentrare il problema".

Le strategie per sopperire alle carenze

Strategie si diceva prima. Combinazioni e accostamenti di alimenti che formino un pasto completo, con tutti i nutrienti dei quali tuo figlio ha bisogno. "Le proteine nobili, ad esempio, sono fonti di aminoacidi essenziali, che il corpo da solo non è in grado di produrre – spiega la dottoressa Varotto. – I vegetariani le possono acquisire da latte e uova, ma per quanto riguarda i vegani bisogna trovare un'altra strada. Tra quelle possibili, esiste l'abbinamento tra legumi e cereali: entrambi i cibi hanno un elevato contenuto di proteine, ma non contengono tutti gli aminoacidi. In questo modo, le sostanze nutritive che mancano in uno, si trovano nell'altro".

Le combinazioni e gli accostamenti di alimenti possono aiutare a costruire un pasto equilibrato e nutriente

A mano che il bambino cresce dunque, il pediatra dovrà valutare le sue condizioni di salute e individuare se vi siano necessità aggiuntive per coprire le sue esigenze in modo ottimale. Insomma, la dieta vegana e ancora meno quella vegetariana per i più piccoli non sono un tabù, ma semplicemente situazioni nelle quali fare molta attenzione.

Quando si può cominciare?

"Fin da subito – a questa domanda la dottoressa Varotto non esita a rispondere. – La nutrizione del bambino parte da quella della madre, perché se anche lei segue un regime restrittivo potrebbe non produrre un latte materno adeguato alla crescita del bambino. Se lei quindi presenta già delle carenze, queste potrebbero trasmettersi al bambino durante l'allattamento. Si dovrebbe pensare di intervenire con prodotti sostitutivi".

Durante lo svezzamento dunque si può già mettere in atto questa scelta. D'altronde in un Paese dove si segue la dieta mediterranea, almeno in teoria, non dovrebbe essere troppo lontana dallo standard. Se pensi alla famosa piramide alimentare, saprai che tra gli alimenti da consumare con minor frequenza si trovano proprio carne, pesce e uova. Sono invece frutta, verdura e cereali quelli da portare più spesso in tavola. Inoltre, bisogna considerare che non solo le persone vegetariane o vegane vanno incontro a carenze alimentari. Chi di noi può affermare con assoluta certezza di seguire tutti i giorni un'alimentazione perfettamente equilibrata? O di studiare un pasto in modo che tutti i principali nutrienti siano sempre presenti?

Dunque un bambino può eliminare i cibi di derivazione animale fin dalla nascita, a patto che sia seguito attentamente dal proprio pediatra e da un esperto di nutrizione. Un'attenzione importante, che potrebbe anche essere portata avanti per tutta la vita. Si può allentare un po' la guardia una volta che la crescita è completa. "Secondo l'Organizzazione mondiale della sanità, l'adolescenza termina attorno ai 20-21 anni – chiarisce il professor Vania, – anche se alcune strutture del cervello sembra che proseguano con lo sviluppo anche oltre questa età. Un ragazzo però ha già le proprie idee, anche in ambito etico, e queste devono essere rispettate, ma con i dovuti accorgimenti".

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