Lemure topo

Un supercomputer può aiutarci a scoprire dove si nascondono le centinaia di specie di mammiferi ancora sconosciute

L’Università dell’Ohio, grazie al nuovo computer che sfrutta algoritmi di apprendimento automatico, ha raccolto dati sul DNA di migliaia di mammiferi esistenti per sviluppare un modello predittivo che consenta di scoprire le specie ancora sconosciute. Secondo il modello, si tratta per la maggior parte di animali di piccola taglia.
Entra nel nuovo canale WhatsApp di Ohga
Martina Alfieri 30 Marzo 2022

Conosciamo molto poco della natura che ci circonda. Le stime dicono che, finora, abbiamo identificato e descritto meno del 10% delle specie di mammiferi presenti sul Pianeta. L’Università dell’Ohio ha condotto uno studio che potrebbe farci fare grandi passi avanti. Grazie a un supercomputer sono stati raccolti e combinati dati relativi a migliaia di specie esistenti con lo scopo di sviluppare un modello predittivo che aiuti a trovare le specie che ancora non sono note.

In particolare, il computer, attraverso algoritmi di apprendimento automatico, ha analizzato milioni di sequenze genetiche di oltre 4.000 specie di mammiferi conosciuti. Incrociando i dati sulla loro morfologia, sui loro habitat e sulla loro distribuzione geografica, gli studiosi sono riusciti a elaborare un modello predittivo che aiuterà a individuare quali aree del Pianeta hanno la più alta probabilità di nascondere specie ancora ignote. Alcune potrebbero già essere sotto i nostri occhi, senza che ce ne rendiamo conto: molti gruppi (taxa) hanno infatti al loro interno specie che solo le analisi sul DNA permettono di distinguere.

Questa conoscenza è importante per chi fa un lavoro di conservazione. Non possiamo proteggere una specie se non sappiamo che esiste. Dare il nome a una specie ha una rilevanza sotto aspetti legali e non solo", ha detto al Guardian Bryan Carstens, tra gli autori dello studio pubblicato sulla rivista dell'Accademia americana delle scienze (Pnas).

Secondo il modello, le centinaia di mammiferi che ci restano da scoprire apparterrebbero perlopiù a specie di piccole dimensioni – come roditori, lemuri e pipistrelli –, mentre la loro distribuzione geografica sarebbe ampia e variabile. Le foreste pluviali tropicali sono certamente un habitat ricco di biodiversità, capace di custodire nuove specie, ma nella ricerca compaiono anche riferimenti agli Stati Uniti. Non è escluso che lo stesso modello possa essere applicato anche allo studio, ad esempio, degli insetti, che rappresentano un mondo vastissimo e in gran parte sconosciuto.

Le analisi genetiche hanno consentito negli ultimi anni di identificare e conoscere molte specie. La speranza è che i modelli predittivi come questo consentano agli studiosi di comprendere sempre meglio le caratteristiche della biodiversità, con l’obiettivo di tutelarla e di rendere più efficaci le azioni di conservazione.