Al via a Chioggia un progetto per trasformare in carburante la plastica raccolta in mare e le cassette di polistirolo

Chiudere il ciclo del recupero dei rifiuti plastici marini realizzando gasolio per le imbarcazioni attraverso un processo di pirolisi: è questo l’ambizioso obiettivo del progetto marGnet (coordinato dal Cnr-Ismar di Venezia), che vedrà in prima fila per la sperimentazione anche i pescatori e il mercato ittico di Chioggia, chiamati a fornire il materiale per l’impianto pilota.
Entra nel nuovo canale WhatsApp di Ohga
Federico Turrisi 6 Novembre 2020

È possibile dare una seconda vita a tutti quei rifiuti di plastica che si trovano in mare e che regolarmente vengono tirati su con le reti dai pescatori? A questa domanda prova a dare una risposta affermativa il progetto "marGnet", Mapping and recycling of marine litter and ghost nets on the sea-floor, coordinato dall’Istituto di scienze marine del Consiglio nazionale delle ricerche di Venezia (Cnr-Ismar).

I ricercatori, in collaborazione con alcune aziende del Veneto e di Torino, hanno sviluppato un prototipo portatile – le dimensioni sono grosso modo quelle di un container – in grado di trasformare, a costi relativamente contenuti, i rifiuti plastici presenti in mare in carburante per imbarcazioni. Come? Tramite un processo di pirolisi a basse temperature, cioè un processo chimico in assenza di agenti ossidanti con il quale è possibile decomporre i materiali sfruttando il calore.

Il progetto è in una fase avanzata e necessita ora di test sul campo, diciamo così. La scelta del luogo in cui cominciare la sperimentazione è caduta su Chioggia, città della laguna veneta che vanta un'antica tradizione marinara. "Da anni con i nostri pescatori portiamo avanti iniziative per la raccolta della plastica in mare. Nelle loro reti, oltre ai pesci, finiscono sempre più spesso rifiuti di ogni tipo, soprattutto di plastica. Tra questi anche frammenti di attrezzi legati alla pesca stessa come le retine tubolari delle reste usate per la mitilicoltura", sottolinea l’assessore alla pesca di Chioggia Daniele Stecco. "Insomma, disponibilità di materiale plastico raccolto attraverso le reti e riportato a terra ce n'è. Siamo stati allora contattati dai responsabili del progetto marGnet e abbiamo accettato volentieri la proposta".

Il progetto prevedeva originariamente solo l'utilizzo della plastica recuperata in acqua e nei fondali. "Noi abbiamo voluto aggiungere un ulteriore elemento: le cassette di polistirolo. Il mercato ittico di Chioggia produce infatti una grande quantità di rifiuti di questo tipo; pensiamo alle fasi di trasbordo del pesce dal peschereccio al mercato, e poi dal mercato verso i commercianti", aggiunge l'assessore Stecco.

Non dimentichiamoci che le cassette di polistirolo rappresentano un problema per l'ambiente, perché può capitare a volte che il vento forte le spinga in acqua, inquinando la laguna. E se anziché un problema cominciassimo a vederle come una potenziale risorsa? Ecco allora che il polistirolo derivante dalle attività del mercato può essere reimpiegato per alimentare il prototipo ideato dai ricercatori e produrre così carburante. In questo modo si attiva una sorta di circolo virtuoso, dal momento che "c'è bisogno di un quantitativo di scarto costante, altrimenti non è conveniente industrializzare un sistema del genere".

Tra i vantaggi del processo termochimico messo a punto dal Cnr-Ismar c'è inoltre la possibilità di utilizzare il rifiuto plastico senza necessità di particolari pretrattamenti. Nessun problema, dunque, per gli scarti raccolti in mare che magari presentano incrostazioni né per le cassette di polistirolo sporche di pesce.

La sperimentazione a Chioggia dovrebbe partire entro la fine dell'anno, Covid-19 permettendo. L'obiettivo del progetto è comunque quello di realizzare un impianto mobile, che possa poi essere spostato nelle varie località costiere. Nella città lagunare il prototipo potrebbe rimanere in funzione per circa un mese. Ci vorrà poi del tempo per valutare tutti gli aspetti tecnici in gioco da parte degli esperti. "Nei prossimi mesi verranno eseguiti ulteriori test per raccogliere indicazioni utili per il miglioramento del processo in caso, per esempio, di presenza di elevate quantità di poliammidi nel materiale di partenza che tende a far abbassare sensibilmente la resa in carburante", spiega Fantina Madricardo, ricercatrice del Cnr-Ismar e coordinatrice del progetto.

"Inoltre, campioni di carburante sono già stati inviati a laboratori specializzati per verificarne la corrispondenza con gli standard tecnici ISO 8217 per i carburanti marini al fine di garantire il rispetto delle normative in termini di prestazioni del motore delle imbarcazioni e di protezione ambientale. Alla fine di questa fase di controllo, il gasolio marino prodotto sarà consegnato ad alcune cooperative di pescatori, principali destinatari del prodotto, che lo potranno testare fornendo utili feedback per perfezionare, se necessario, il processo di produzione".

Che dire, un'originale iniziativa in cui degli scarti si trasformano in risorse, in un'ottica di economia circolare. In questo caso, rimanendo sempre in ambito marinaresco. Non ti colpisce il fatto che una retina dimenticata o una cassetta di polistirolo portata via dal vento, anziché giacere sul fondo del mare o galleggiare sul pelo dell'acqua, possa finire il suo viaggio all'interno del serbatoio di un'imbarcazione? Eppure è così, dietro al recupero in mare dei rifiuti plastici si possono nascondere delle interessanti opportunità.