Diffuse prima nei paesi dell’Europa del Nord e successivamente in altri Paesi dell'Europa Centrale come l'Olanda, la Francia, la Germania e la Svizzera, le case passive sono arrivate in Italia solo da qualche anno. Sono particolari edifici che consentono un maggior risparmio energetico perché abbinano tecniche e materiali di costruzione che, se combinati, permettono di raggiungere il cosiddetto “impatto zero” dell’abitazione.
A parlare per primo di casa passiva è stato un fisico tedesco, Wolfgang Feist, che nei primi anni Novanta coniò questo termine (passivhaus) per identificare un edificio che non consumasse più dell’energia equivalente di 1,5 litri di carburante per mq per il solo riscaldamento.
L’obiettivo principale da raggiungere era proprio quello di ridurre i consumi energetici di un’abitazione. In collaborazione con un professore svedese della Lund University, tale Bo Adansom, Feist riuscì ad arrivare in tempi brevi a risultati promettenti per andare in questa direzione: un primo tentativo venne fatto a Darmstadt, in Germania, ma i costi di produzione erano ancora troppo elevati per poter fare della casa passiva un’alternativa allettante rispetto alle comuni soluzioni abitative. Con il tempo, i costi di produzione si abbassarono (non ancora quelli dei materiali però) e nel 1996 Feist riuscì a dare vita alla fondazione Passivhaus Institut, l‘istituto di ricerca indipendente che avrà un ruolo cruciale nello sviluppo del concetto di Casa Passiva,
In conformità con la direttiva europea 2010/31/UE, recepita dal governo italiano con la Legge n. 90/2013, le case passive sono edifici che vengono classificati con la sigla NZEB ("near zero energy building"), difatti l'obiettivo è raggiungere il cosiddetto impatto zero.
Normalmente, gli interventi per migliorare l’efficienza energetica degli edifici si riducono all'isolamento con tecniche e materiali specifici come finestre a doppio vetro o cappotto termico (un rivestimento isolante sulla parte esterna delle pareti dell’edificio), con l'obiettivo di impedire che il freddo e il caldo abbiano facile passaggio dall’esterno all’interno e viceversa. Nelle case passive, invece, non solo vengono impiegati sistemi e materiali che riducono la dispersione termica, ma si studiano soluzioni per sfruttare anche il naturale irraggiamento solare e in alcuni casi anche il calore naturale proveniente dal terreno attraverso tubature interrate nel giardino che si diramano nell’edificio, sfruttando quindi i principi della geotermia.
Nel voler meglio definire le caratteristiche di un casa passiva, va quindi detto che l'esposizione della stessa ricopre un ruolo importante. Nella fase di progettazione di una casa, infatti, non solo la forma deve essere compatta, per ottimizzare al meglio le prestazioni energetiche, ma è anche corretto pensare alla corretta esposizione dell’edificio rispetto al sole: un'esposizione a sud, per esempio, permette all'edificio di assorbire calore per più ore al giorno e dal momento che l’obiettivo è garantire alla casa la massima esposizione solare, lungo le pareti più soleggiate con ogni probabilità si utilizzeranno soprattutto superfici vetrate, mentre le pareti meno soleggiate verranno coibentate in modo appropriato.
L'isolamento termico è il cuore di una casa passiva. Per raggiungere questo obiettivo vengono impiegati per la costruzione materiali altamente isolanti come per esempio il legno, fibre di vetro e lana di roccia. In generale, su tutte le pareti esterne dell’edificio viene posto materiale isolante, senza tralasciare la coibentazione del tetto.
in una casa passiva, la ventilazione deve essere controllata, per evitare che la circolazione dell’aria tra interno ed esterno porti a notevoli perdite di calore. Attraverso un apposito dispositivo per lo scambio di calore si può arrivare ad assorbire fino all’80-90% del calore dell’aria in uscita, per rimandarlo all’interno dell’abitazione.
Nello specifico si tratta di un dispositivo a ventilazione meccanica forzata, ossia un doppio sistema di tubature con un circuito di uscita e uno di entrata. L’aria calda in uscita (può provenire dalla cucina o dal bagno) viene diretta verso uno scambiatore a flusso, dove l’aria fredda in ingresso riceve l’80-90% del calore e viene reindirizzata all’interno (nel soggiorno e nelle camere da letto).
Gli impianti di ventilazione di una casa passiva sono molto efficienti, in grado di recuperare dal 75% al 95% del calore, e oltretutto necessitano di poca energia elettrica (circa 40-50 Watt).
Le finestre ampie aumentano la luminosità e assorbono maggiore calore assorbito dai raggi solari. Anche questo aspetto non viene sottovalutato nella progettazione di una casa passiva: ecco perché si preferisce impiegare poche, ma di grandi dimensioni, piuttosto che tante piccole finestre.