Chi sono i principali psicoanalisti? Da Freud a Mahler, come si forma la personalità

Se non indicato espressamente, le informazioni riportate in questa pagina sono da intendersi come non riconosciute da uno studio medico-scientifico.
Da Vienna è partita una rivoluzione: l’Io è solo una piccola parte della nostra personalità ed è l’unica sulla quale possiamo esercitare un minimo controllo. Dopo Freud, in tanti hanno provato a indagare l’inconscio e i nostri istinti. Ecco i terapisti più importanti.
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Giulia Dallagiovanna 3 Novembre 2018

La psicoanalisi è stata, semplicemente, una rivoluzione. A cavallo fra l'Ottocento e il Novecento, l'umanità ha dovuto accettare un drastico ridimensionamento del proprio ruolo: la Terra non era il centro dell'universo, l'uomo era un animale che discendeva dalle scimmie e l'Io, cioè la parte cosciente della personalità, non era "padrone in casa propria".

In una Vienna che sente arrivare la fine dei propri giorni come capitale dell'Impero asburgico, fioriscono per reazione le forme artistiche e la cosiddetta cultura mitteleuropea. Tutto viene rimesso in discussione e così un medico di origine ebraica, Sigmund Freud, può avanzare e poi formalizzare l'ipotesi che la parte di personalità che mostriamo al mondo sia solo la punta di un iceberg. Tutto quello che rimane sommerso è invece l'inconscio, una buona frazione di noi stessi che tendiamo a rimuovere, a mettere a tacere. È questa secondo la psicanalisi l'origine delle psicosi, delle nevrosi e dell'isteria.

Una teoria che ha rivoluzionato il modo di pensare dell'epoca e ha avuto un impatto fortissimo anche su arte e letteratura. Con Freud hanno poi dovuto fare i conti tutti gli psicoanalisti che sono venuti dopo di lui. Vediamo chi sono i principali:

Sigmund Freud

Perché è stato importante Sigmund Freud? Perché la psicoanalisi l'ha creata lui. Nato in Repubblica Ceca, ma vissuto a Vienna fino all'arrivo del nazismo, dobbiamo a lui la scoperta dell'inconscio e del metodo con il quale farlo emergere. Parte dall'ipnosi, per poi capire che era meglio lasciare che il paziente procedesse per libere associazioni di pensiero, tanto il rimosso si comportava come una sorta di magnete che avrebbe ricondotto a sé ogni esternazione.

Chi si sottoponeva alla sua terapia, si coricava su un divano divenuto molto famoso come lettino da psicoanalisi e che gli era stato regalato proprio da una facoltosa paziente. Alle sedute partecipava anche la sua cagnolina Jofi, un Chow Chow, perché Freud era convinto che questo aiutasse le persone a rilassarsi e favorisse un rapporto di fiducia con il terapeuta. Sicuramente ne avrai già sentito parlare: è il transfert ed è la condizione essenziale perché il metodo funzioni.

Ma Freud non era conosciuto solo per le sue teorie. Famose furono infatti anche le sue manie, come quella per il temuto numero 62. Convinto che sarebbe morto a quell'età, evitava di averci a che fare in qualunque modo: dalle camere d'albergo al posto in treno. In realtà, si spense a 83 anni a causa di un tumore alla gola, provocato dai tanti sigari che aveva fumato durante la sua vita.

Un'ultima curiosità: sapevi che è stato candidato al premio Nobel? Sì, e non solo una, ma ben 12 volte. Non l'ha mai vinto, perché il comitato sosteneva che il suo lavoro non avesse risvolti scientifici. Gli è stato però dedicato uno dei crateri sulla superficie lunare.

Carl Jung

Nome completo: Carl Gustav Jung. Segni particolari: rapporto d'amore e odio nei confronti di Freud. I due furono legati da profonda amicizia e il viennese era convinto che lo svizzero potesse diventare il proprio erede. Ma Jung prese le distanze dalla visione dell'istinto sessuale come il motore del comportamento psichico degli esseri viventi e sviluppò una sua teoria psicoanalitica.

Innanzitutto la personalità era molto più complicata di uno gioco di ruoli fra l'Io, l'Es e il Super Io. Quello che siamo nel presente è il risultato dell'incontro fra le vicende del nostro passato e le aspettative che abbiamo per il futuro. Gli agenti che determinano la nostra persona solo almeno sei: l'Io, cioè la mente cosciente, l'inconscio personale, formato dalle esperienze che sono state rimosse, l'inconscio collettivo, dove risiedono le tracce delle generazioni che ci hanno preceduto, la persona, ovvero la maschera con la quale affrontiamo le convenzioni sociali, l'anima e l'animus, gli archetipi della donna e dell'uomo, e infine l'ombra, cioè l'istinto animale.

Tutto ruota attorno al ed è mosso dalla libido, che non sono gli istinti sessuali, ma l'energia psichica. Può essere rivolta verso emozioni e sentimenti oppure verso persone e fatti: sono i due aspetti della personalità, uno cosciente e l'altro inconscio. Per arrivare all'autorealizzazione bisogna tenere presenti tutti questi fattori e permettere ai diversi agenti da cui siamo formati di svilupparsi in modo completo e autonomo.

Jacques Lacan

Ritratto di Jacques Lacan. Credits: Thierry Ehrmann su Flickr

Nato a Parigi nel 1901, Jacques Lacan si ritiene un freudiano convinto e in grado di ripristinare l'insegnamento originario del padre della psicoanalisi. Così, prende le distanze dall'Associazione psicoanalitica internazionale e fonda la Scuola freudiana. In realtà però rispetto al medico di Vienna si conta più di una differenza.

La prima, quella fondamentale, è che mentre Freud voleva potenziare l'Io affinché, appunto, diventasse "padrone in casa sua", per Lacan il vero scopo della terapia era liberare l'inconscio. In poche parole, l'individuo vive immerso in una struttura, che è la società, con la sua cultura e soprattutto con il suo linguaggio, dalla quale viene condizionato e predeterminato. L'Io blocca l'inconscio, che è la vera essenza della personalità, a causa del proprio narcisismo, cioè del desiderio di essere accettato.

Il paziente quindi non deve guarire, ma rinunciare al proprio narcisismo e ritrovare la Verità, la sua vera voce, l'inconscio. Come per Freud, la chiave per avere accesso al rimosso è il linguaggio. Ma se per il primo serviva soprattutto a prendere le distanze dal mondo delle pulsioni e dell'istinto, per Lacan è l'espressione della cultura, cioè della sovrastruttura imposta dalla società. La terapia diventa quindi una sorta di percorso di liberazione.

Margaret Mahler

Margaret Mahler ha indagato a fondo il rapporto madre–figlio, per capire come facesse un bambino a sviluppare la propria personalità

Fra tanti uomini, arriva una donna. Margaret Mahler è una psicanalista ungherese emigrata negli Stati Uniti, che sviluppa le sue teorie fra gli anni '50 e gli anni '70. Si concentra soprattutto sui bambini e vuole rispondere a una domanda fondamentale: poiché il bambino si forma nella pancia della madre, come si forma la personalità individuale?

Dopo aver osservato tante coppie madre-figlio, anche con bambini con problemi comportamentali, è giunta alla conclusione che l'individuo diventa indipendente nei primi tre anni di vita. Non esiste personalità autonoma, se non è avvenuta prima una separazione fisica dalla madre.

Al contrario di quello che potresti pensare, il primo distacco non avviene con il parto, ma dopo circa un mese, quando il neonato inizia ad accorgersi che c'è un mondo esterno del quale anche la madre fa parte. Piano piano, scoprirà che i due corpi non sono più legati fra loro, sposterà la sua attenzione anche su altri oggetti come i giocattoli, sorriderà a una persona che avrà capito essere altro da sé e, infine, inizierà a gattonare e a ritagliarsi uno spazio suo.

Si chiama la teoria della separazione-individuazione, perché senza un distacco non avviene la vera nascita, quella psicologica.