Come cambierebbe la posizione dell’Europa sull’ambiente, se Orban diventasse presidente del Consiglio Europeo

L’annuncio che ha scosso i palazzi e le istituzioni politiche dell’Unione Europea è stata quella del Presidente del Consiglio Europeo Micheal, il quale ha comunicato di volersi candidare alle prossime elezioni e per farlo dovrà dimettersi dalla presidenza del Consiglio. Se l’Unione non dovesse trovare un suo successore entro inizio Giugno, la Presidenza passerebbe in mano al Premier ungherese Orban. In questo caso quale sarebbe la visione futura sui temi legati al clima e alla sostenibilità?
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Mattia Giangaspero 9 Gennaio 2024

Il presidente del Consiglio Europeo Charles Michel ha annunciato, domenica 7 gennaio 2024, che intende candidarsi alle elezioni europee del prossimo giugno e che se eletto si dimetterà dall’attuale ruolo che occupa, ma con alcuni mesi di anticipo. Fin qui nulla di allarmante. Ci saranno nuove elezioni europee che cambieranno la squadra di governo, gestione e amministrazione delle istituzioni continentali. E questo è sempre accaduto.

In questo caso però, se il Presidente Michel venisse eletto si saprebbe già chi potrebbe essere incaricato per occupare il suo attuale ruolo. Secondo le regole europee il primo ministro ungherese Viktor Orbán potrebbe dirigere i lavori del Consiglio Europeo.

È anche vero che, se i 27 leader dei Paesi Europei dovessero trovare un accordo per un nuovo Presidente entro l’inizio di luglio, allora potrebbero esserci possibilità che a ricoprire la carica di Presidente del Consiglio Europeo possa essere un'altra figura politica.

Detto questo, quel che sappiamo con certezza è che dal primo luglio inizieranno per l’Ungheria i classici sei mesi di presidenza di turno del Consiglio dell’Unione Europea, altra istituzione rispetto al Consiglio Europeo. Dov'è il punto?

In assenza di un presidente del Consiglio Europeo, quindi se non dovesse essere presa una decisione, anche questo incarico verrebbe svolto dal Primo Ministro ungherese in carica e quindi Orban potrebbe ricoprire ben due ruoli.

È vero che non si tratterebbe di ruoli che porterebbero in mano al Presidente dell'Ungheria poteri politici. Non si sta parlando di presidenza della BCE o della Commissione UE. Vero anche però che l’ipotesi di avere Orbán al vertice di uno degli organi più importanti delle istituzioni comunitarie può far allarmare.

Orbán ha sempre avuto un atteggiamento politicamente ostile e di contrasto con quello delle istituzione dell'UE. E la sua visione politica nazionale è un po' lo specchio di quel che potrebbe riservare nei mesi futuri. Governa l'Ungheria continuativamente da 14 anni (2010) in modo semi-autoritario, in Europa ha avuto scontri su temi, quali i diritti civili, crisi climatica, diritti delle minoranze e il rispetto dell’indipendenza di giornali e magistrati. Dopo tutte le frizioni avute la Commissione Europea decise di sospendere gran parte dei fondi provenienti dal bilancio pluriennale dell’Unione che sarebbero spettati all’Ungheria.

Quel che possiamo immaginare adesso è cosa potrebbe accadere se la macchina Europa non dovesse muoversi in tempo per scegliere un'altra figura rispetto al Premier ungherese. Quali sarebbe le decisioni politiche su tematiche legate al clima, all'ambiente e più nello specifico alla transizione energetica?

Il rischio potrebbe essere quello di fare un passo indietro rispetto alle politiche intraprese dall'Ue nell'ultimo anno su: biodiversità e natura, mobilità, Green Deal, comunità rinnovabili e Case green?

Proviamo a fare una previsione di quel che potrebbe essere la visione di Orbán da Presidente del Consiglio Europeo.

Senza tornare indietro di anni, la storia più recente del Leader ungherese ci dice che, rispetto ad altri capi di governo europei, è più scettico sul cambiamento climatico, che non vuol dire essere negazionisti. Questo lo disse esplicitamente lui in una conferenza tenutasi a fine settembre 2023 sulla natalità (vertice demografico di Budapes). E adesso arriviamo al punto. Perchè parlo di ambiente in quella conferenza?

Il primo ministro in quell'occasione accusò gli altri leader europei di narrare eccessivamente la minaccia del cambiamento climatico, ignorando invece il problema del calo dei tassi di natalità.

“L’Europa agisce per paura e la paura ci rende disfattisti”, ha detto giovedì il leader della destra. “Noi diciamo che non c’è futuro e, come tale, questa sta diventando una profezia che si autoavvera”.

Orbán affermò poi che le “élite occidentali” stanno ignorando la questione demografica e sono invece impegnate con le “quote di carbonio”.

Chiedono alle persone di vivere nella paura dell’avvicinarsi dell’Armageddon”,concluse.

Ora continuiamo l'analisi parlando anche della mission politica del partito in cui Orban si è sempre schierato, il PPE – ovvero il Partito Popolare europeo. (attualmente non fa più parte per sua decisione, ma è in contatto continuo per riallacciare i rapporti e rientrare prima delle elezioni di maggio).

La visione del PPE sulla nuova Europa è abbastanza chiara:

"L'economia europea deve impegnarsi sulla base del principio dell'Economia Sociale di Mercato, un modello che combina responsabilità sociale e principi di mercato dinamici, che ha garantito negli ultimi decenni elevati standard di vita e benefici socio-sanitari a tutti i cittadini europei che si trovavano in situazione di necessità. Lavoro, crescita e attività commerciale sono i tre pilastri dell'Economia Sociale di Mercato".

Stando agli obiettivi del Partito quel che si percepisce è che anche Orbán punterà sulla visione economica complessiva che l'Unione ha già avuto e intrapreso dopo la crisi finanziaria del 2008.

Vedendo poi nel concreto l'operato del governo di Orbán per l'Ungheria si può notare come il Premier, sempre nel 2023, abbia comunque puntato sulle rinnovabili e questo fa pensare che si è di fronte a un leader scettico sulle attività politiche europee in chiave green e non completamente negazionista. Infatti ha introdotto nuove norme sull'installazione di pannelli solari, vietando però che l'energia, proveniente da questa fonte, venga re-immessa nella rete elettrica del Paese.

Cosa potrebbe voler dire questo? Forse puntare su una transizione ecologica più lenta, forse cambiare il sistema degli incentivi e delle tassazioni su prodotti non green, o forse cambiare le politiche di conversione delle filiere quali: plastica, automotive, allevamenti intensivi?

Quest'ultima considerazione la facciamo dopo aver visto l'ultima mossa che Orbán ha compiuto sempre nel suo Paese. Il leader avviò piani per estendere la durata di vita del più grande impianto di lignite del Paese e che è responsabile di quasi la metà delle emissioni totali di CO2 del settore elettrico ungherese.