
Hai presente cos'è un tormentone? Se dovessi spiegarlo a qualcuno, gli direi che è un argomento ripetuto in modo continuo, martellante. E se dovessi farti un esempio in tema di alimentazione citerei il caso del sale aggiunto, di cui ti viene continuamente ripetuto di ridurre il consumo. Ma, a fronte dell'insistenza con cui vieni invitato a non esagerare con questo ingrediente, sai come farlo? Per toglierti ogni dubbio, ti tormenterò anche oggi con questa tematica, cercando di spiegarti una volta per tutte come distinguere il sale aggiunto da quello naturalmente presente negli alimenti utilizzando uno strumento molto semplice: la loro etichetta.
Partiamo prima di tutto da una definizione: il sale aggiunto è tutto quel sale che non è naturalmente presente nel cibo. Attenzione, quindi: non ti sto parlando solo di quello che aggiungi di tua volontà durante la preparazione dei pasti – per esempio quello che metti nell'acqua della pasta, nel sugo o nell'insalata – ma anche di quello aggiunto dall'industria alimentare all'interno di moltissimi dei suoi prodotti.
Probabilmente ti sarà già capitato di leggere un elenco di cibi che ne sono ricchi. Te ne faccio solo qualche esempio: i legumi in scatola; gli insaccati; il pane; i biscotti. In tutti i casi, puoi scovarlo facilmente sapendo dove cercarlo all'interno dell'etichetta.
Ecco il punto cruciale: sapere dove cercarlo. Avrai probabilmente notato che la voce “sale” è sempre presente in tutte le etichette nutrizionali (quelle tabelle che trovi sulla confezione degli alimenti in cui sono indicati i livelli di nutrienti presenti al loro interno).
A rendere obbligatoria questa voce è stata l'entrata in vigore del Regolamento Europeo sull'etichettatura degli alimenti (1169/2011), con cui si è voluto semplificare la comprensione delle informazioni fornite sulle etichette, in particolare quelle che riguardano il sodio. Infatti, come ho già avuto modo di spiegarti in un'altra occasione, il sodio è uno dei costituenti del sale, che rappresenta una delle sue fonti principali nell'alimentazione moderna. Proprio per questo non dobbiamo esagerare con il suo consumo. “Poiché uno degli obiettivi del (…) regolamento [1169/2011] è di fornire al consumatore finale le basi per effettuare scelte consapevoli”, si legge nello stesso Regolamento, “è importante assicurare al riguardo che il consumatore finale comprenda facilmente le informazioni fornite sulle etichette. È quindi opportuno che l’etichetta rechi il termine «sale» invece del termine corrispondente della sostanza nutritiva «sodio»”.
Fin qui, tutto chiarito. Ma come capire, allora, se in un cibo è presente del sale aggiunto? È sufficiente spostare la tua attenzione su un altro punto della confezione, quello in cui sono riportati gli ingredienti. Se all'interno del loro elenco trovi anche il sale, puoi starne certo: si tratta di sale aggiunto.
C'è solo un caso particolare di cui devi tenere conto: quello dei formaggi che non siano freschi o fusi. Infatti il sale necessario alla loro produzione non deve essere obbligatoriamente riportato in etichetta. Ricorda, però: si tratta di importanti fonti di questa sostanza.
Sempre a proposito di sale, c'è un altro Regolamento Europeo che potrebbe interessarti: il 1924/2006. In questo caso il tema sono le indicazioni nutrizionali che possono essere riportate sui prodotti alimentari – per intenderci, scritte come “a ridotto contenuto di grassi” o, appunto, “di sale”. Devi infatti sapere che esistono regole ben precise anche per definire quando il contenuto di sale può essere definito “ridotto”, “basso” e così via dicendo. Di seguito trovi le indicazioni che potresti trovare e cosa significano esattamente.
Per le acque minerali esistono dei casi particolari. Approfondiremo il tema in un'altra occasione!