La personalità passivo aggressiva si delinea con comportamenti che includono indifferenza o aggressività e che nascono da un’incapacità di esprimere e comunicare i sentimenti negativi in forma razionale.
Il comportamento passivo-aggressivo venne storicamente identificato dal colonnello William Menniger nel corso della Seconda guerra mondiale: egli identificò alcuni particolari comportamenti da parte dei suoi soldati differenti dai soliti “ribelli”, ma in egual modo aggressivi e disfunzionali, questi comportamenti si palesavano mediante misure passive come una spiccata caparbietà, temporeggiamento, il broncio e sabotaggio passivo rispetto ai loro doveri militari.
Il comportamento passivo-aggressivo deriva dall’incapacità dell’individuo di esprimere e canalizzare le emozioni verso un’espressione assertiva. Al contrario la persona mostra un’immagnine di sé carismatica, ironica e da una forte personalità.
Ognuno di noi può assumere atteggiamenti di tipo passivo-aggressivi, ma il problema sorge nel momento in cui queste modalità diventano le uniche modalità di interazione con l’altro.
Negli anni ’90, quando ancora il disturbo passivo aggressivo veniva diagnosticato come un comportamento patologico vennero realizzate molte diagnosi relative a questo disturbo.
Con gli anni e i successivi studi, si è giunti alla conclusione che l’aggressività passiva, la resistenza o il pessimismo in sé non erano necessariamente patologici, ma lo diventavano in quelle persone che realizzavano questi comportamenti in forma reiterata, con atteggiamenti dominanti e pessimisti.
In psicologia, il disturbo passivo-aggressivo è stato riconsiderato, nel manuale diagnostico dei disturbi mentali (o Dsm 5), negli ultimi anni come un aspetto di diverse malattie mentali e non una vera e propria patologia in sé, ma che può comunque causare problemi nelle relazioni o nel lavoro.
Nonostante ci siano opinioni discordanti su questo punto possiamo dire che il passivo aggressivo si riconosce per la sua maniera di gestire i conflitti, le relazioni e i problemi senza davvero affrontarli. O per meglio dire “il comportamento passivo aggressivo è un modo deliberato e mascherato di esprimere sentimenti di rabbia nascosti”.
Inizialmente le persone passivo aggressive si presentano come piacevoli e affabili: non essendo in grado di esprimere il proprio disaccordo, tendono a reprimere le emozioni negative. Col passare del tempo però questa frustrazione e rabbia repressa può portare queste personalità ad “esplodere” agendo in modo aggressivo arrivando a volte anche a pensieri di vendetta o violenza nei confronti dell’altra persona, minando così tutte le relazioni e i rapporti.
Dietro a un comportamento passivo-aggressivo, possono nascondersi altri disturbi come: depressione, disturbi d’ansia, sindrome da deficit di attenzione e iperattività, bassa autostima, un’infanzia triste e anche determinati fattori biologici o ambientali.
Se un individuo è cosciente che il suo modo di fare quotidiano scatena comportamenti passivo-aggressivi, l’ideale è cercare un buon terapeuta che lo aiuti a comprendere e canalizzare la sua ira, la sua frustrazione. Il lavoro terapeutico sarà finalizzato a comprendere perché si risponde e si agisce in un certo modo, identificare ciò che colpisce e preoccupa di più, e provare ad affrontarlo.
Se il contesto in cui vi muovete vi obbliga ad interagire con persone passivo-aggressive, uno dei modi migliori per ridurne l’impatto su di voi è ignorarle. Di solito il comportamento passivo-aggressivo è tipico di una persona dalla scarsa autostima e assertività emotiva, qualcuno che non sa come agire quando sente che il suo comportamento non sortisce alcun effetto.
Più noterà l’effetto delle sue parole e del suo atteggiamento sugli altri, più si sentirà forte. Se, invece, percepisce che non hanno effetto alcuno, smetterà di insistere e il suo impatto psicologico su gli altri sarà minore. Ciò nonostante, come abbiamo già detto, bisogna sempre comprendere cosa si cela dietro a questo comportamento. Se la persona passivo-aggressiva è un vostro familiare, cercate di spronarlo a rivolgersi a uno psicologo.