
Partiamo da una breve premessa: ricatto affettivo e manipolazione non sono la stessa cosa. Il ricatto affettivo è sempre una forma di manipolazione, ma non tutte le manipolazioni hanno la forma del ricatto. Quando parlo di manipolazione mi riferisco a quelle modalità comunicative attraverso le quali qualcuno cerca di influenzare le tue azioni, facendo leva su fattori emotivi, senza che tu te ne renda conto.
Più la relazione affettiva è significativa e più è facile che la manipolazione si trasformi in ricatto perché uno dei modi per convincere qualcuno a fare qualcosa è fare leva su paura dell’abbandono, senso di colpa e senso del dovere. Più la relazione affettiva è significativa e più abbiamo da perdere.
Una manipolazione diventa ricatto quando è usato ripetutamente per costringerci ad accettare le richieste del ricattatore a spese del nostro benessere. Tali richieste possono essere di varia natura e importanza: richieste piccole, richieste rilevanti per la nostra integrità morale, richieste relative a decisioni importanti nella nostra vita. Non è tanto il contenuto, quanto la modalità: non è il cosa, bensì il come a fare il ricatto.
Il ricatto affettivo è una dinamica relazionale che coinvolge (almeno) due persone le quali, in modo diverso, contribuiscono ad alimentarla. La dinamica relazionale del ricatto affettivo è caratterizzata dalla presenza di alcuni elementi.
La richiesta è ciò che più di tutto contraddistingue un ricatto affettivo: il ricattatore vuole qualcosa da te, anche se non sempre ti dice apertamente cosa. La richiesta infatti può essere esplicita oppure velata, precisa o indistinta (lo vedrai meglio quando parleremo dei tipi di ricattatori): il punto è che c’è qualcosa che tu dovresti fare per il ricattatore.
Questo qualcosa però ha un costo per te, non ti va, non te la senti, non hai tempo, non ti sembra giusto, insomma per una serie di motivi il tuo primo istinto di fronte alla richiesta è la resistenza, ed ecco che siamo al secondo elemento. Tu opponi resistenza, non importa se lo fai in modo convinto o blando, la tua risposta non è un sì.
Ecco che la dinamica del ricatto si fa più intensa, perché di fronte al tuo no o al tuo non so, il ricattatore insiste, fa pressione affinché tu ceda alla sua richiesta. La pressione può essere fatta in molti modi, attraverso il quarto elemento del ricatto affettivo, ovvero la minaccia delle conseguenze di un tuo rifiuto. Se non accetti, ci saranno delle conseguenze.
Bada bene, non sempre la minaccia è esplicita ed è uno dei motivi per cui è più difficile riconoscere i ricatti morali. Non solo, spesso il tipo di minaccia è talmente coerente con le caratteristiche di quel rapporto e sei talmente abituata a pensare che i rapporti funzionino così, che non ti sembra una minaccia bensì una logica e inevitabile conseguenza. Di fronte alla pressione e alla minaccia, tu sperimenti una serie di emozioni confuse e negative che il più delle volte (se non hai consapevolezza di quello che sta accadendo) ti spinge ad accettare, a cedere al ricatto, ad arrenderti alla richiesta.
Esistono alcune strategie classicamente utilizzate da chi attua la dinamica del ricatto affettivo: strumenti che permettono al ricattatore di fare leva sui sentimenti della vittima e di orientarne in tal modo le azioni e i comportamenti. Vediamo quali.
Come convinco l’altro che non è giusto ricattare? Cosa posso fare per impedirgli di continuare a ricattare? Ecco, se è questo che ti stai chiedendo, ho una brutta notizia: non puoi. Ma ho anche una bella notizia: non ti serve farlo, per liberarti dai ricatti affettivi.
Prendiamo ad esempio la metafora della pesca: non puoi impedire all’altro di tendere l’amo, ma hai la facoltà di scegliere se abboccare o meno.
Posso immaginare cosa stai pensando anche ora: ma se io non cedo, lui/lei si arrabbierà! Mi farà sentire in colpa! Mi lascerà!
Lo so. Non c’è modo di evitarlo: può darsi che accada o può darsi di no (perché non tutte le minacce usate nei ricatti vengono portate a compimento davvero), non possiamo prevederlo. E la difficoltà sta proprio qui, nell’assumerti il rischio che accada, nonostante ti costi, nonostante non sia indolore. Questione di responsabilità. Scegliere di abboccare o meno all’amo del ricatto, è questione di responsabilità, che è il concetto chiave per me quando si parla di ricatti o si lavora con queste dinamiche.
Dove c’è responsabilità c’è scelta, in un modo o nell’altro, e viceversa. Quando scegli di abboccare ti stai assumendo la responsabilità dell’altro, di sollevare l’altro dal suo malessere, di soddisfare i suoi bisogni. Che ne è della responsabilità verso te stessa? Se sei arrabbiata e amareggiata perché nessuno capisce quanto ti costi o quanto ti faccia stare male essere bersaglio di ricatti affettivi, come puoi aspettarti che gli altri si assumano la responsabilità del tuo benessere se tu per prima non lo fai con te? Come possono gli altri capire che il tuo bene conta, se non fai altro che dimostrare loro che il dovere verso di loro è più importante delle cure che devi a te stessa?
Questa è una tua responsabilità e nessuno può sostituirti a te. Sta a te tracciare il confine di ciò che nei rapporti è consentito, una specie di steccato a difesa di ciò che per te non è negoziabile, ovvero tutte quelle cose (che sta a te scoprire) su cui si fonda il senso della tua integrità e il tuo amor proprio. Costi quello che costi.
È un percorso che può essere difficile, ma è il presupposto necessario per vivere libera da catene e per sperimentare relazioni in cui tu possa crescere ed espanderti (invece di lasciarti prosciugare).