Come si scelgono le aree per realizzare il deposito nazionale delle scorie nucleari?

Come si scelgono le aree idonee ad ospitare la struttura, tra autocandidature ed effetto NIMBY una strada ancora in salita per un’opera fondamentale e urgente.
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Andrea Di Piazza Geologo specializzato in Green Management
22 Dicembre 2023 * ultima modifica il 22/12/2023

Dopo un lungo iter, il Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica (MASE) ha pubblicato l'elenco delle aree idonee per realizzare il deposito nazionale delle scorie nucleari. Si tratta di un’opera fondamentale per garantire lo stoccaggio in completa sicurezza non solo delle scorie prodotte dal breve passato di produzione di energia nucleare del nostro Paese, ma anche di tutti quei rifiuti radioattivi quotidianamente prodotti da soggetti come i centri di medicina nucleare e gli ospedali. L’elenco riguarda 51 potenziali siti mappati nella Carta Nazionale Aree Idonee (CNAI), strumento cartografico redatto da Sogin e dall’Ispettorato nazionale per la sicurezza nucleare e la radioprotezione (Isin). Quali sono dunque queste zone e quali criteri sono stati utilizzati per la loro selezione?

Aree 51

L’aggiornamento della Carta nazionale delle aree idonee per il deposito nazionale delle scorie radioattive (CNAI) e dunque dei potenziali siti che possono ospitare la futura struttura e il parco tecnologico, prevede 51 siti raggruppati in 5 zone ben precise, su 6 regioni: Piemonte, Lazio, Sardegna, Puglia, Basilicata e Sicilia.

In Piemonte sono stati individuati 5 siti: la zona adatta è in provincia di Alessandria, nei comuni di Bosco Marengo, Novi Ligure, Alessandria, Oviglio, Quargnento, Castelnuovo Bormida, Sezzadio, Fubine Monferrato.

Il Lazio ha il maggior numero di siti idonei, 21, tutti nel Viterbese, si tratta dei comuni di Montalto di Castro, Canino, Cellere, Ischia di Castro, Soriano nel Cimino, Vasanello, Vignanello, Corchiano, Gallese, Tarquinia, Tuscania, Arlena di Castro, Piansano, Tessennano.

In Sardegna, gli 8 siti sono concentrati fra la provincia di Oristano e quella di Sud Sardegna, a Albagiara, Assolo, Usellus, Mandas, Siurgius Donigala, Segariu, Villamar, Setzu, Tuili, Turri, Ussaramanna, Nurri, Ortacesus, Guasila.

Fra Puglia e Basilicata si individuano 15 aree idonee, fra la provincia di Matera (Montalbano Jonico, Matera, Bernalda, Montescaglioso, Irsina) e i comuni di Altamura, Laterza e Gravina. Non sfugge il territorio di Potenza, a Genzano di Lucania.

In Sicilia si trova la quinta e ultima zona, nel Trapanese, con 2 aree idonee a Calatafimi, Segesta e Trapani.

Come sono stati scelti questi siti?

Un render del futuro deposito nazionale (ph. depositonazionale.it)

I criteri di selezione

Il Deposito Nazionale deve custodire materiali radioattivi potenzialmente dannosi non solo per l’ambiente ma anche per la popolazione, per questo le aree devono avere dei requisiti che garantiscano l’integrità e la sicurezza nel tempo della struttura. I criteri elaborati dall’Ente di controllo ISIN, che riprendono quelli redatti da Ispra sono in linea con gli standard della IAEA (International Atomic Energy Agency) e sono suddivisi in 15 criteri di esclusione e 13 criteri di approfondimento.

I criteri di esclusione sono pensati per escludere le aree del territorio nazionale le cui caratteristiche non permettono di garantire piena rispondenza ai requisiti di sicurezza. Essi vengono applicati attraverso verifiche basate su normative, dati e conoscenze tecniche disponibili per l’intero territorio nazionale, anche mediante l’utilizzo dei GIS-Sistemi Informativi Geografici e, in alcuni casi, di banche dati gestite da enti pubblici. La verifica porta all’individuazione di aree “potenzialmente idonee” su cui vengono poi valutati i 13 criteri di approfondimento. Questi ultimi si basano su indagini e valutazioni specifiche sulle aree risultate non escluse.

Tra i criteri di esclusione vi sono per esempio le aree vulcaniche o altamente sismiche, le zone caratterizzate da alto rischio idrogeologico, tutte le aree poste oltre i 700 metri di quota o con una pendenza di versante superiore al 10%, la fascia costiera entro 5 km dalla linea di costa, i parchi naturali, le zone carsiche o zone troppo vicine a centri abitati.

I criteri di approfondimento analizzano più nel dettaglio il contesto geologico, meteo-climatico ma anche ambientale e infrastrutturale, con il fine di garantire l’identificazione di una area di massima sicurezza e stabilità.

Che succede adesso?

Verso la realizzazione del deposito

Come previsto dal Decreto Energia, entro i prossimi 30 giorni (o meglio, a partire dalla data di pubblicazione della CNAI), gli Enti locali di tutto il territorio italiano e le strutture militari possono presentare la loro autocandidatura ad ospitare il Deposito Nazionale e il Parco Tecnologico (DNPT). Se il proprio territorio non ricade nelle Aree Idonee, l’autocandidatura va accompagnata dalla richiesta di rivalutazione per verificarne la relativa idoneità. Al termine, il MASE invia l’elenco delle autocandidature a Sogin, che, entro i successivi 30 giorni, procede alle necessarie valutazioni tecniche e procedure di validazione e quindi, una volta completate (passano circa 5 mesi), si procede alla pubblicazione eventuale della Carta Nazionale delle Aree Autocandidate (CNAA). Nell’ipotesi sia approvata e quindi pubblicata la CNAA, si apre la fase di trattative bilaterali finalizzate alla localizzazione del deposito con le Regioni e gli enti locali nel cui territorio sono situate le aree autocandidate, o con il Ministero della difesa in relazione alle strutture militari. Nell’arco di poco più di un anno poi il MASE avvia le indagini tecniche con l’ISIN per formulare la proposta di localizzazione del deposito.

Qualora non pervengano autocandidature, Sogin aprirà la fase di confronto per accogliere eventuali manifestazioni di interesse che Regioni ed enti locali ricadenti nelle zone limitrofe a quelle individuate possono avanzare. Seguirà una complessa fase negoziale che terminerà con il decreto ministeriale di individuazione finale del sito. I lavori per la costruzione del Deposito Nazionale e Parco Tecnologico avranno una durata di circa quattro anni dall’individuazione definitiva dell’area sul quale realizzarlo.

“Non nel mio giardino”

Nel frattempo, la scelta del sito sta sollevando numerose polemiche, soprattutto per una diffusa opposizione delle comunità locali: si tratta del cosiddetto effetto “Not In My BackYard” (NIMBY), letteralmente “non nel mio giardino”, ed è quell’espressione che definisce le proteste delle comunità locali che ostacolano la realizzazione di determinate opere nel proprio territorio. Accettando però che si facciano in altre zone. Si è ampliato così il fronte del “no” con Basilicata, Sardegna, Lazio, il comune di Altamura, i sindaci dell’Alessandrino e il distretto turistico di Trapani che si sono fermamente opposti alla realizzazione dell’opera. Il Presidente della Regione Lazio, per esempio, si è augurato che nessun comune della Regione si candidi ad ospitare il sito.

Il tema dell’autocandidatura dei Comuni, tra l'altro, è stato ampiamente criticato soprattutto dalle associazioni ambientaliste, come ricorda Legambiente “Sulla questione aree idonee ad ospitare il Deposito nazionale delle scorie nucleari, ancora una volta si è fatto il solito pasticcio all’italiana. È assurdo prevedere la possibilità di autocandidature anche da parte dei Comuni non compresi nella Cnai”. Secondo l’associazione, la scelta del sito deve unicamente essere stabilita dai criteri individuati, “Ma perché mai – dichiara Stefano Ciafani, Presidente nazionale di Legambiente – i territori di questi Comuni, se prima non soddisfacevano gli stringenti requisiti richiesti in fase di valutazione, ora invece potrebbero essere ritenuti “idonei” ad ospitare il Deposito nazionale delle scorie nucleari? Si è imboccato un incomprensibile “percorso parallelo” a quello seguito finora, solo per dare modo ai Comuni scartati di ritornare in pista con proprie autocandidature. È noto, ad esempio, che il Sindaco del Comune di Trino, in Piemonte, fin dall’inizio non abbia mai nascosto il suo interesse ad avere sul proprio territorio il Deposito Nazionale, nonostante sono ben sei i criteri di esclusione che avevano determinato la sua esclusione. Per quale motivo ora potrebbe, invece, proporsi ufficialmente per essere scelto?

Il percorso per la realizzazione di quest’opera sembra ancora piuttosto articolato. Il deposito di stoccaggio è però un’infrastruttura fondamentale e urgente per garantire la custodia in tutta sicurezza di scorie radioattive potenzialmente dannose per l’ambiente e per il territorio.

Dopo una laurea in Geologia ed un dottorato di ricerca presso l'Università degli Studi Roma Tre, ha lavorato come ricercatore presso altro…