Condanniamo le proteste quando il vero problema non sono gli attivisti, ma la crisi climatica

Diverse Ong e associazioni, tra cui Amnesty e Greenpeace, «rifiutano l’idea che criminalizzazione, repressione e intimidazione siano le risposte giuste a un’ansia che monta».
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Gianluca Cedolin 13 Gennaio 2023

La grande indignazione suscitata dall'azione dimostrativa compiuta lo scorso 2 gennaio dagli attivisti di Ultima generazione, che hanno imbrattato la facciata del palazzo del Senato per contestare l'inazione politica sulla lotta alla crisi climatica, mostra come la protesta abbia colto nel segno.

Le attiviste e gli attivisti, come nel caso delle manifestazioni di dissenso nei musei, vogliono dimostrare come siano sballate le priorità di chi governa, pronto ad arrabbiarsi per un po' di vernice su un muro ma non per una crisi climatica che sta devastando il Pianeta e già oggi uccidendo migliaia di persone.

Le proteste stanno quindi svelando questa ipocrisia di fondo esistente in chi, come le istituzioni e le grandi aziende inquinanti, avrebbe il potere di prendere sul serio il contrasto alla crisi climatica ma non lo fa per pigrizia, incapacità o peggio convenienza. Lo si vede anche nella replica spropositata da parte della giustizia nel contrastare le azioni dimostrative e gli attivisti che le portano avanti.

"La risposta a queste proteste si basa sull’applicazione di misure sempre più spesso intimidatorie e repressive", hanno scritto in un comunicato Amnesty International Italia, A Sud, COSPE, Greenpeace Italia, Giuristi democratici, Terranuova, Un Ponte Per, Yaku, associazioni e organizzazioni attive in difesa dei diritti umani e dell'ambiente. "Dopo i fogli di via e le multe, comminati ad attivisti e attiviste, adesso si è arrivati anche alla sorveglianza speciale di un attivista di Ultima Generazione", una misura ritenuta "completamente ingiustificata ed è espressione della crescente criminalizzazione nei confronti dell’attivismo ambientale".

In un pianeta sconvolto dalla crisi climatica e ambientale, che a cascata genera problemi sociali ed economici e aumenta le disuguaglianze, governi e tribunali dovrebbero pensare di più a come contrastare quest'emergenza, invece che accanirsi su chi sta provando, con i pochi mezzi a disposizione, a combatterla. «Le associazioni e Ong – si legge ancora nel comunicato – rifiutano l’idea che criminalizzazione, repressione e intimidazione siano le risposte giuste a un’ansia che monta. Chi continua a proporre in Italia come altrove soluzioni fasulle, come ad esempio nuove infrastrutture per importare e consumare sempre più combustibili fossili, ha tutto l’interesse a non affrontare davvero problemi sempre più urgenti e a zittire coloro che sollecitano soluzioni urgenti ed efficaci».