Cop25: a Madrid arrivano i capi di governo e i negoziati per il clima entrano nel vivo

Dal taglio delle emissioni di gas serra alla ridefinizione del mercato mondiale delle quote di carbonio e del meccanismo di “loss and damage” che dovrebbe aiutare i Paesi in via di sviluppo colpiti da eventi climatici estremi: sono molte le questioni sul tavolo in cui manca ancora un accordo.
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Federico Turrisi 10 Dicembre 2019

Che cosa sta accadendo in questi giorni alla Cop25 di Madrid? È la domanda che si stanno ponendo in tanti. Le trattative stanno proseguendo in maniera serrata e adesso inizia la fase decisiva con l'arrivo dei ministri e dei capi di governo di tutto il mondo. Mancherà il presidente americano Donald Trump che ha trascinato gli Stati Uniti fuori dall'Accordo di Parigi sul clima del 2015. Trattative su che cosa? Il tema fondamentale, certo, è l'emergenza climatica, ma le materie più tecniche oggetto di discussione sono molto complicate. Proviamo a capire un po' meglio.

Partiamo dall'articolo 6 dell'Accordo di Parigi, che mira a istituire un mercato globale del carbonio. Semplificando, questo strumento dovrebbe consentire di fissare un tetto massimo di emissioni di CO2 a livello mondiale: i paesi più virtuosi possono cedere delle quote, ovvero una specie di "permessi a inquinare", a chi invece è ancora indietro nel percorso di decarbonizzazione. Il tutto, chiaramente, nel rispetto degli impegni presi a raggiungere gli obiettivi climatici. La questione è legata al divario che attualmente separa i paesi occidentali industrializzati, ossia quelli che hanno contribuito maggiormente all'innalzamento dei livelli di gas serra nell'atmosfera e quindi al cambiamento climatico, e i paesi in via sviluppo, ossia quelli che subiscono in maniera più pesante le conseguenze del cambiamento climatico.

Qui si inserisce il discorso sul meccanismo di "loss and damage" che dovrebbe andare a finanziare quelle nazioni colpite duramente dagli eventi climatici estremi (come nel caso del Mozambico, paese africano devastato dal tifone Idai lo scorso marzo). I paesi più ricchi del Nord del mondo si rifiutano di adottare un sistema automatico di "risarcimento" dei danni provocati dai cambiamenti climatici e l'attuale fondo "verde" (il cosiddetto Gcf, Green Climate Fund) di circa 10 miliardi di dollari, istituito nel 2010 e perfezionato con la Cop19 di Varsavia, non è sufficiente per far fronte alle situazioni di emergenza. Tra l'altro gli Stati Uniti di Donald Trump hanno deciso di non dare più alcun contributo al fondo.

Sul funzionamento del mercato delle quote di carbonio non sono poche le perplessità e su questo stanno dibattendo i delegati dei vari paesi. La bozza del nuovo regolamento che sta circolando a Madrid, denuncia Rachele Rizzo, policy advisor dell’Italian climate network, presenta alcuni rilevanti passi indietro, in particolare in materia di diritti umani, il cui riferimento è sparito nel testo provvisorio. Insomma, come puoi capire, trovare un punto di equilibrio tra gli interessi dei vari paesi non è affatto un'operazione semplice. Anche quando in ballo ci sono le sorti del pianeta.

Venerdì scorso a Madrid sono scese in strada 500 mila persone per chiedere azioni concrete contro la crisi climatica. E così Greta Thunberg, arrivata nella capitale spagnola la settimana scorsa, non ha mancato di sferzare ancora una volta i politici di tutto il mondo ricordando loro l'urgenza di misure davvero efficaci per limitare gli effetti del riscaldamento globale. Come recita lo slogan di questa Cop25, è il momento di agire.