Cop28, Marevivo a Ohga: “È decisamente l’inizio della fine dell’era dei combustibili fossili”

Cosa ne pensano le associazioni ambientaliste di questo summit per il Clima che si è appena concluso? Ne abbiamo parlato con Mila Cataldo, giornalista inviata per Marevivo a Dubai.
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Francesco Castagna 15 Dicembre 2023
In collaborazione con Mila Cataldo Giornalista, inviata Marevivo alla Cop28

Sorprendentemente, la COP28 viene applaudita anche dalle associazioni ambientaliste, solitamente le più scettiche nei confronti dei testi finali che escono dalle Conferenze delle Parti.

A pochi giorni dalla chiusura della Cop di Dubai, negli Emirati Arabi, tenutasi da giovedì 30 novembre fino al 13 dicembre, le istituzioni e le associazioni stanno ancora commentando a caldo gli accordi presi durante il summit. Nel frattempo, si è tenuta anche la conferenza stampa per annunciare che la prossima Cop si terrà a Baku, in Azerbaijan.

Per commentare i risultati di questa Cop, Ohga si è rivolta a Marevivo, Fondazione attiva nella tutela del mare e dei bacini idrici. Abbiamo parlato con Mila Cataldo, giornalista inviata per l'associazione ambientalista alla Cop28.

Cataldo, un bilancio di questa Cop e come possiamo interpretare il passaggio da "phase out" a "transitioning away"?

Il bilancio è molto positivo, alla fine la presenza di un petroliere alla Cop28 ha reso più semplice in un certo senso il raggiungimento di un accordo anche con i Paesi più "ostili" al rapido abbandono delle fonti fossili. Gli Emirati Arabi hanno iniziato da diversi anni un processo di diversificazione delle fonti energetiche, ha già fatto investimenti sulle rinnovabili e soprattutto nell'energia solare. Questa Cop segna un risultato che davvero e di portata storica: l'inizio della fine dell'era dei combustibili fossili.

C'è una sottile differenza tra le due parole chiave, ma offre ai singoli Paesi un margine di manovra per decidere come affrontare questo abbandono. Sembra un tecnicismo, ma ha delle motivazioni che hanno reso l'approvazione unanime del documento finale. Una cosa simile era già avvenuta alla Cop26 di Glasgow, quando l'India ha chiesto di togliere "phase out" con "phase down". Una differenza che ci sembra lieve a livello linguistico in realtà serve a mettere d'accordo i Paesi di tutto il mondo. Da adesso inizia il vero lavoro, che si deve tradurre in azioni concrete.

La prossima Cop29 si terrà a Baku, cosa possiamo aspettarci?

Dalla prossima Conferenza delle Parti non credo di aspettarmi grandi passi avanti rispetto a quello che si è fatto adesso. La tecnica di coinvolgere le nazioni che basano la propria economia sul petrolio è importante perché, se si vuole davvero imprimere un'azione importante sulla transizione ecologica, devono essere coinvolte le parti in causa. La cosa che credo sia importante è la necessità e l'urgenza di agire, questo oggi è uno dei punti chiave che esce dalla Cop28: il fatto che tutti i Paesi concordino finalmente che non si possono escludere degli attori importanti, se si vuole raggiungere gli obiettivi previsti dagli accordi di Parigi.

Per quanto riguarda le politiche per il mare, di cosa si è parlato alla Cop28?

Cop28 ha dato un impulso decisivo all'importanza dell'acqua perché ne ha riconosciuto l'importanza nel contrasto ai cambiamenti climatici. È necessario proteggere i bacini idrici, ripristinare i sistemi di acqua dolce, ci sono 43 Paesi che sono impegnati a salvaguardare il 30% di acqua dolce e degradabile entro il 2030. Passi importanti che avranno ripercussioni sul nostro pianeta.

C'è stato un allarme da parte del mondo accademico, ma anche da alcuni settori della politica riguardo al deep Sea mining, che è uno dei temi molto controversi perché queste pratiche da alcuni vengono presentate come necessarie per via del fatto che si potrebbero estrarre i materiali necessari alla transizione ecologica. C'è un Paese come la Francia, sostenuta da altri 23 Paesi che sono relativamente piccole isole e altri Stati che hanno forti interessi legati al mare (e tra questi non c'è l'Italia), che sono fortemente contrari allo sfruttamento dei fondali marini. Intendono regolamentarlo con regole molto precise, se non eliminarlo del tutto.

E alla COP23?

C'è molto più pragmatismo, una coesione quella di quest'anno che mai si era vista negli anni precedenti. C'è stata tanta attenzione a tutelare le aree marine protette, più piantumazione, contrasto alla perdita di biodiversità, gemellaggi tra aree marine protette e risposte multiple a crisi multiple: ci si rende conto che non c'è solo il problema del mare staccato dalla Terra ferma, ma che anche l'entroterra è coinvolto.

L'ecosistema è uno e non si possono trattare le problematiche come se fossero in compartimenti stagni. Questa è una grandissima presa di consapevolezza, perché i Paesi che prima viaggiavano su binari isolati ora trovano comprensione per raggiungere delle risposte concrete.