Cos’è e come riconoscere il gaslighting

Il gaslighting è una forma di manipolazione psicologica, non lontano da essere considerata una vera e propria forma di violenza. Come spiega la Dott.ssa Samanta Travini, psicologa, esistono dei campanelli d’allarme da riconoscere per salvarsi da questo tipo di dipendenza psicologica.
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Gaia Cortese 3 Novembre 2022
In collaborazione con Dott.ssa Samanta Travini Psicologa

“Come fai a non ricordatelo? Me lo avevi detto proprio tu”. “Non ne combini mai una giusta”. Non ho detto questo, hai capito male come sempre".

Se ti è capitato di sentirti rivolgere queste parole da qualcuno in famiglia, nella coppia o sul lavoro, forse sei stato o sei una vittima di gaslighting, una forma di manipolazione psicologica non sempre facile da riconoscere, ma che si rivela molto destabilizzante per chi la subisce.

Lo scopo di chi fa gaslighting è quello di portare la vittima a dubitare di se stessa, della sua percezione della realtà e dei suoi pensieri, ponendola in una posizione di dipendenza psicologica e fisica. Spesso e volentieri chi fa gaslighting arriva a negare la realtà pur di raggiungere il suo scopo, e punta a far credere alla propria vittima che quello che pensa, dice o crede sia solo frutto della sua immaginazione.

Il gaslighting è una forma di violenza psicologica a tutti gli effetti.

Essere vittima di un gaslighter significa perdere poco alla volta l'autostima, dubitare di sé e isolarsi completamente da amici e famigliari. Per non arrivare a tanto, la prima cosa da fare è riconoscere un gaslighter, e questo è possibile attraverso delle azioni e dei comportamenti che ne identificano immediatamente il profilo.

In famiglia, sul lavoro e nella coppia

In famiglia il gaslighter può essere un genitore iperprotettivo oppure molto autoritario, o ancora, un genitore con la mania di controllo sui figli. Un padre o una madre che esercita del gaslighting sui figli sottovalutano le loro capacità, o peggio ancora, attribuiscono loro delle colpe che non hanno, come la stessa separazione dei genitori.

Sul lavoro lo scopo di un gaslighter, che può essere un superiore come un collega, è sempre quello di destabilizzare la vittima, mimando in particolare l’autostima e mettendo in discussione ogni decisione o azione intrapresa. A volte viene usata anche l'ironia, condita da critiche e insinuazioni per minare l’autostima della vittima e portarla lentamente ad isolarsi anche dagli altri colleghi di ufficio.

Nella coppia il gaslighting diventa, nella maggior parte dei casi, una relazione tossica. Spesso e volentieri la manipolazione (in questo caso affettiva) si traduce in quello che viene chiamato "rinforzo positivo", ossia nell'utilizzo di parole e gesti di affetto nel momento stesso in cui la vittima è sul punto di crollare. Essere vittima di gaslighting nella vita affettiva è come vivere sulle montagne russe, non solo perché il manipolatore ha un comportamento ai limiti della bipolarità, ma anche perché una volta messo alle strette, il gaslighter riesce a spostare l’attenzione su altri argomenti, per poi muovere nuove accuse da indirizzare alla sua vittima. Diversamente, il gaslighter può decidere anche di rifiutare ogni tipo di comunicazione, attuando così come punizione la strategia del silenzio manipolatorio.

Il parere dell'esperto

Abbiamo sentito sull'argomento il parere della Dottoressa Samanha Travini, psicologa: "Il gaslighting è una forma di abuso psicologico in cui una persona o un gruppo ti convincono che dimentichi le cose, che sei troppo sensibile o semplicemente pazzo, in modo da controllarti. Potresti venire manipolato dal tuo partner, da un parente, da un superiore al lavoro o persino da un leader sociale o religioso. 

È possibile riconoscere alcuni campanelli d’allarme che possono aiutare la vittima ad uscire da questo tipo di relazione. Ne sono prove abbastanza tangibili il dare sempre ragione all’altro ed essere sempre d’accordo con lui, ma anche la tendenza ad assumere una posizione passiva e di rinuncia rispetto all’espressione del proprio punto di vista, anche in presenza di dubbi oggettivi, legata alla percezione di insicurezza e inadeguatezza generata dal gaslighter.

Chi si trova in questa posizione ha bisogno di un aiuto concreto per uscire dalla situazione. Per farlo, si può chiedere aiuto a persone vicine e ad un professionista della salute mentale intraprendendo un percorso psicoterapeutico che riporti la persona a vedersi come autonoma e capace, e a ritrovare la fiducia in se stessa. Lo scopo sarà quello di aiutare la persona a rendersi conto che non si è mai e poi mai responsabili del comportamento abusivo del gaslighter, di imparare nuovamente ad ascoltare i propri pensieri e sentimenti e di ricostruire le relazioni con la famiglia e gli amici qual ora queste fossero state interrotte. 

Il gaslighter, infatti, perde ogni potere sulla vittima quando questa acquisisce consapevolezza della manipolazione subita: il primo passo per uscirne sarà diventare consapevoli dei meccanismi che l’abusatore mette in atto ed evitare di fomentare discussioni su ciò che è vero o giusto con la persona manipolatrice.

Oltre a questo però, visto che questo tipo di violenza psicologica tende a distruggere la percezione della nostra realtà potremmo pensare di raccogliere prove per sentirci più sicuri come tenere un diario in un posto sicuro e nascosto dove appuntare gli eventi, registrare le conversazioni e gli eventi con il cellulare o un altro dispositivo di memo vocali, fare delle fotografie e mandare le prove via email a una persona fidata e poi cancellarne le tracce, per non tenere le prove raccolte nella propria casa".