
La psicopatia (o Disturbo Psicopatico di Personalità – DPP) è un disturbo di personalità caratterizzato da comportamento antisociale e distacco affettivo e interpersonale. Dal punto di vista dei sistemi di classificazione internazionale dei disturbi mentali, il Disturbo Psicopatico di Personalità è stato incluso nella sezione III dei “Modelli Emergenti e Misure” del DSM 5.
La psicopatia risulta essere un disturbo caratterizzato da una costellazione di caratteristiche affettive, interpersonali e comportamentali specifiche, quali:
Gli psicopatici mostrano difficoltà nel processare le informazioni emozionali e nel rispondere empaticamente agli altri. Tale deficit potrebbe essere alla base del successo che spesso questi individui hanno nel manipolare e raggirare le altre persone, risultando convincenti.
L’assenza di reciprocità emotiva ed empatia, oppure la riduzione di intensità con cui vengono vissute e rappresentate le emozioni, potrebbe spiegare la peculiare capacità di persuasione che connota tali individui: mancando di empatia, infatti, le persone psicopatiche sarebbero maggiormente in grado di rappresentare la loro vittima come “un oggetto da usare”, riuscendo a non provare rimorso o senso di colpa per le conseguenze delle loro azioni.
Gli schemi di base di sé, degli altri e del mondo degli psicopatici sembrano caratterizzarsi per rigidità e inflessibilità: lo psicopatico vede se stesso come forte e autonomo, mentre gli altri come deboli e passibili di sfruttamento (prede). È tipicamente presente un bias per il quale sono sovrastimate le intenzioni malevole altrui. Lo psicopatico tenderà dunque a fare massima attenzione, minimizzando il rischio di vittimizzazione e divenendo egli stesso aggressore.
La letteratura scientifica ha esplorato le capacità di giudizio morale nella psicopatia, cercando di capire se la persona affetta da tale problematica sia o meno capace di distinguere “ciò che è giusto” da “ciò che è moralmente sbagliato”.
I risultati delle ricerche hanno messo in luce come le persone che soffrono di psicopatia esibiscano prevalentemente giudizi morali personali utilitaristici: questo spiegherebbe la tendenza a compiere violazioni delle regole e delle norme sociali pur di ottenere vantaggi per sè. Secondo questa prospettiva, lo psicopatico sarebbe generalmente iper-concentrato sulla meta e, di conseguenza, non riuscirebbe a tener in debito conto i costi “morali” della propria condotta.
È importante precisare che questi tratti non sono osservabili solo nei soggetti criminali, ma possono essere riscontrati anche in individui appartenenti a vari livelli della società. Per questo motivo quando parliamo di persone psicopatiche non facciamo riferimento solo a soggetti colpevoli di omicidio o di crimini violenti. Altri individui con gli stessi tratti potrebbero essere più capaci di ottenere successo nella vita e potrebbero avanzare in carriere.
Il punto cruciale della psicopatia, dunque, non è la manifestazione del comportamento antisociale di per sé, ma è dato dai tratti distintivi di personalità, compresi i deficit emozionali che caratterizzano questi individui.
Esistono principalmente due tesi che hanno tentato di spiegare perché le persone affette da psicopatia non provino normalmente empatia e senso di colpa: l’ipotesi del deficit empatico e quella della carente fearfulness (propensione alla paura).
Secondo l’ipotesi del “deficit empatico” si riscontrerebbe un’anomalia nel funzionamento della amigdala che renderebbe difficile o assente il riconoscimento delle emozioni altrui come ansia e tristezza. La seconda tesi sostiene che alla base del disturbo vi sia un’alterazione dell’amigdala che si manifesterebbe nella scarsa fearfulness (bassa reattività agli stimoli nocivi o minacciosi). Implicherebbe insufficiente sensibilità alle punizioni e, di conseguenza, una limitata rilevanza attribuita alle norme morali.
La psicopatia è uno dei disturbi psichici più difficili da trattare e, prima di intraprendere un trattamento psicoterapico, è indispensabile effettuare un’attenta valutazione della gravità del caso. In particolare, è importante stabilire se il soggetto è assolutamente privo di senso di colpa oppure se è riuscito a costruire almeno una bozza di struttura etica. I casi più gravi sono considerati intrattabili.
Dal momento che l’individuo psicopatico non crea alcun legame emotivo con il terapeuta, anzi, spesso si prefigge di sabotare distruttivamente il suo lavoro o di manipolarlo, la psicoterapia tradizionale (di qualsiasi orientamento) in questo caso non è applicabile.
Sono trattabili con un percorso di psicoterapia soggetti che, pur presentando alcuni tratti di questo disturbo, hanno potuto sviluppare un rudimentale senso morale e una certa capacità di entrare in contatto con il prossimo. È importante che la persona abbia un dubbio su di sé, una certa qualche scontentezza per la vita che conduce.