Cos’è l’inconscio e come si manifesta nella tua vita quotidiana

Quando ti scordi della riunione condominiale e non è una semplice dimenticanza. Quando sogni di litigare con il tuo collega di ufficio e forse sei preoccupato per il tuo lavoro. L’inconscio è sempre lì, a ricordarti che non tutto è sotto il tuo controllo. Ma allora a cosa serve la conoscenza del proprio io? Ce lo spiega la psicologa Samanta Travini.
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Gaia Cortese 4 Novembre 2018
Con la collaborazione della Dott.ssa Samanta Travini psicologa

Cos'è l'inconscio? È la parte della nostra psiche sconosciuta a noi stessi, ossia quella parte che non raggiunge il livello della coscienza. Per capire meglio di cosa stiamo parlando, ricorriamo proprio al padre della psicanalisi, Sigmund Freud, che chiarisce meglio il concetto paragonando il nostro apparato psichico ad un iceberg. La parte dell'iceberg che emerge al di sopra dell'acqua è la parte conscia, mentre la parte sommersa, tra l'altro molto più grande di quella visibile, è la parte inconscia.

Secondo Freud il funzionamento psicologico di un individuo è distribuito in tre grandi aree, non perfettamente circoscritte: il conscio, il preconscio e l'inconscio. Il conscio o coscienza è la parte di noi di cui siamo consapevoli, quella più razionale; il preconscio invece, racchiude in sé tutti quei fenomeni psichici che pur appartenendo già alla sfera dell’inconscio sono prossimi a diventare consci senza resistenza alcuna e in qualsiasi momento. E l'inconscio?

L'inconscio è, tornando al nostro iceberg, la parte invisibile, quella sommersa nell'acqua, un'area fuori dal nostro controllo di cui dobbiamo interpretare i segnali attraverso diverse manifestazioni come i sogni, i lapsus e altri sintomi ed evidenze da comprendere. Nell'inconscio troviamo i ricordi più remoti della nostra infanzia, emozioni e passioni nascoste, desideri non confessati neppure a noi stessi. Probabilmente facendo più attenzione a tutto quello che ti capita durante la giornata, anche tu ti accorgerai di qualche manifestazione del tuo inconscio.

Ti è mai capitato per esempio di scordare completamente un appuntamento dal dentista o con una persona non gradita? È abbastanza plausibile che inconsciamente tu (o meglio, il tuo inconscio) abbia messo in atto un meccanismo di rimozione per saltare a piè pari un impegno che non volevi rispettare. Quante volte ti è poi capitato di fare sogni incomprensibili? Sognare di litigare con qualcuno può evidenziare uno stato di tensione verso una persona del nostro "entourage" quotidiano, oppure provare una forte attrazione in sogno per una persona che nella realtà non avremmo mai considerato, potrebbe evidenziare una passione nascosta, di cui magari ci vergogniamo.

I sogni e i cosiddetti lapsus freudiani sono le manifestazioni dell'inconscio più semplici da spiegare; quando invece si è in presenza di vere e proprie patologie, come stati di ansia, attacchi di panico o forme diverse di nevrosi, le riflessioni su quanto ci sta comunicando il nostro inconscio diventano più complesse da interpretare e, nella maggior parte dei casi, richiedono l'intervento di uno specialista.

Il parere dell'esperto

Abbiamo chiesto alla dottoressa Samanta Travini, psicologa, in cosa consiste il lavoro di conoscenza del proprio io, nella consapevolezza che esiste anche una parte inconscia:

"Vorrei partire dalla domanda di un lettore: se l’inconscio è qualcosa di non controllabile a cosa serve la conoscenza del proprio io.

Partiamo da una definizione: l’autoriparazione non è altro che il processo con cui l’organismo spontaneamente si auto-guarisce. Come un taglio che si riassorbe e cicatrizza spontaneamente. Noi nelle stanze di terapia non facciamo altro che cercare di facilitare questo processo. Ciò che va a cicatrizzarsi non sono cellule, ma narrazioni.

Nella mia formazione sistemica e socio-costruzionista non si parla e non viene trattato l’inconscio, ma ciò di cui mi occupo è di far emergere una nuova consapevolezza. Facciamo un esempio: un paziente mi porta un problema, lo analizziamo insieme e poi insieme allarghiamo progressivamente il campo di osservazione. Mettiamo in discussione le ipotesi costruite inizialmente e prendiamo in considerazione elementi nuovi e non previsti. A questo punto diventa per me possibile restituire al paziente una descrizione dei fatti da lui condivisibile e basata su quello che ha detto, ma fondata su premesse incompatibili con quelle da cui lui era partito.

Il lavoro terapeutico serve dunque a ri-narrare le storie che i pazienti portano, trovando altri significati, altre possibili spiegazioni, nuove visoni che accrescono la consapevolezza. Attraverso domande, differenti idee e riflessioni si cerca così di giungere a un’altra visione del problema, a una nuova prospettiva attraverso cui osservare le cose.

Allo stesso modo il racconto del sogno di un paziente può essere considerato un resoconto relativo a uno stralcio del suo processo (spontaneo) di guarigione. I sogni non vengono quindi interpretati o ridefiniti, ma ascoltati, giustapposti o commentati alla luce della teoria, non interessa ciò che il sogno significa ma cosa il sogno contempla."

(Modificato da Giulia Dallagiovanna il 27/02/2019)