Nel 1983 lo psicologo americano Howard Gardner formulava la Teoria delle intelligenze multiple, descrivendo l’esistenza di ben nove tipi di intelligenza.
Il presupposto da cui partiva lo psicologo era che non esistesse solo un tipo di intelligenza, ma più tipologie, influenzate dalle inclinazioni naturali e dalle componenti genetiche di ciascuno soggetto. Per Gardner esiste, per esempio, un’intelligenza logico-matematica, forse la più conosciuta e più approfondita nel sistema scolastico, un’intelligenza corporea-cinestetica, tipica di chi ha grandi qualità manuali, o ancora un’intelligenza interpersonale di chi è particolarmente empatico e possiede grandi doti comunicative e di leadership.
Tuttavia, lo psicologo americano non aveva considerato un'altra forma di intelligenza, quella adattiva, fondamentale e non meno importante delle altre nove tipologie descritte. Con il termine "intelligenza adattiva" si definisce la capacità di reagire ai cambiamenti e di adattarsi all’ambiente. Una forma di resilienza? Sì, ma con l’unica differenza che non tutti i cambiamenti devono essere per forza, e per fortuna, degli eventi traumatici.
Tutto cambia, tutto si modifica, a volte per il meglio a volte per il peggio. Se, tuttavia, la resilienza descrive la capacità di un individuo di affrontare e superare un evento traumatico o un periodo di difficoltà, l’intelligenza adattiva descrive semplicemente la capacità di adattarsi a qualcosa che cambia, un atteggiamento da non dare per così scontato perché non sempre è così immediato da mettere in pratica.
Per semplificare il concetto, pensiamo ad una delle principali innovazioni del ventesimo secolo, vale a dire il passaggio che è avvenuto dai mainframe degli anni '70 e dei primi anni '80 ai personal computer e successivamente ai notebook e ai tablet. Se, nella veste di giornalista, continuassi a voler scrivere con una macchina da scrivere, probabilmente non brillerei di intelligenza adattiva: impiegherei probabilmente mezza giornata per scrivere un articolo, che magari dovrei pure "faxare".
Negli ultimi due anni siamo poi stati messi alla prova con l'avvento della pandemia, una dura prova per lo spirito di resilienza di ognuno di noi, ma anche una sorta di 2test di intelligenza adattiva", nel momento in cui tutti abbiamo dovuto adattarci a diversi cambiamenti non solo nella vita privata, ma anche in quella professionale. Passare al lavoro in presenza allo smart working, da un postazione in ufficio a una "costruita" giorno dopo giorno tra le quattro mura domestiche è un esempio molto semplice di intelligenza adattiva che andrebbe anche oltre se la stessa situazione avesse portato ad ulteriori cambiamenti di adattamento (cambiare lavoro o casa, per esempio).
Possedere un'intelligenza adattiva significa quindi avere una buona capacità di adattamento fondamentale per scienziati del calibro di Albert Einstein e Stephen Hawking che sostenevano che "l’unica nozione valida di intelligenza fosse quella in cui era presente la capacità di adattarsi all’ambiente". Sviluppare questo tipo di intelligenza è fondamentale, non solo perché consente all'individuo di evolvere e di trasformarsi, ma soprattutto perché è uno strumento essenziale per vivere meglio.
L'intelligenza adattiva, infatti, trova le sue applicazioni al momento di risolvere prontamente un problema (il famoso e tanto inflazionato problem solving che compare nel 95 per cento degli annunci di lavoro), nella capacità di stimolare processi creativi nella mente e di mantenere una certa apertura mentale. Tutte capacità che purtroppo non possono essere date per scontate, perché devono anche essere "allenate". E non lo si fa di certo nell'affidarsi, sempre a comunque a Google Maps, per percorrere anche solo pochi chilometri nella propria città, o nel fare "come si è sempre fatto".