Covid, la nuova variante Pirola più di 30 mutazioni: perché due sono da monitorare

La nuova variante di Sars-CoV-2, ribattezza BA.2.86 o “Variante Pirola”, presenta più di 30 mutazioni genetiche sulla propria proteina Spike, 2 delle quali sarebbero da monitorare. Ad oggi questa forma aiutata di virus è stata registrata negli Usa, nel Regno Unito, in Israele, Danimarca, Svizzera e Sudafrica ma non ancora in Italia.
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Kevin Ben Alì Zinati 29 Agosto 2023
* ultima modifica il 29/08/2023

Si scrive BA.2.86, ma come si legge? Nuova nuova potenziale preoccupazione legata a Sars-CoV-2? Andiamoci piano.

La nuovissima variante del virus per ora è stata rintracciata solamente negli Stati Uniti, nel Regno Unito oltreché in Israele, Danimarca, Svizzera e Sudafrica (non ancora in Italia) ma da settimane sta rimbalzando da uno studio scientifico all’altro, portandosi dietro una dubbi e domande.

Ribattezzata «variante Pirola», al momento BA.2.86 “non desta particolari preoccupazioni, ma serve attenzione, considerate le sue caratteristiche e le molte mutazioni”. 

L’ha spiegato Massimo Ciccozzi, responsabile dell'Unità di Statistica medica ed Epidemiologia della Facoltà di Medicina e Chirurgia del Campus Bio-Medico di Roma e autore, insieme a Fabio Scarpa, del dipartimento di Scienze Biomediche dell’Università di Sassari, di uno studio dedicato proprio a questa nuova variante.

In effetti, la variante Pirola ad oggi non rientra tra le «Variants of Concern», le forme mutate del virus che secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità sono pericolose. Si troverebbe invece tra le «Variant Under Monitoring»: tra quelle mutazioni che meritano uno sguardo in più per via di alcune caratteristiche «interessanti».

Il riferimento è al numero di mutazioni genetiche individuate sulla sua proteina spike, la “chiave” con cui in virus “apre” le nostre cellule e penetra nell’organismo: oltre 30, di cui 2 particolarmente significative.

Per il professor Ciccozzi, una di queste mutazioni sarebbe uguale a quella presente nella variante Delta, ormai pochissimo diffusa, mentre l’altra sarebbe la mutazione tipica del ceppo virale originale, quello di Wuhan.

“Le mutazioni non ci hanno dato elementi per dire che si tratti di un'infezione più contagiosa, più patogena, insomma più cattiva rispetto alle altre” ha aggiunto l’epidemiologo, sottolineando come i dati ad oggi in nostro possesso non sembrano giustificare alcun tipo di preoccupazione specifica.

Eppure, BA.2.86 va comunque tenuta sotto controllo. Ad oggi non consociamo tante cose di “Pirola”. Non sappiamo se è più o meno contagiosa delle altre; se è in grado di bucare la barriera di protezione fornitaci dai vaccini; se il nostro sistema immunitario è in grado di debellare efficacemente l’eventuale malattia che questa variante potrebbe provocare una volta penetrata nel nostro organismo; non sappiamo se, invece, sarà del tutto innocua.

La realtà in cui emerge questa nuova variante è quella in cui gran aorte della popolazione mondiale è immunizzata, l’emergenza sanitaria è finita, le misure restrittive sono state eliminate (in Italia l’isolamento per i positivi è caduto recentissimamente) e le campagne vaccinali stanno ripartendo con farmaci nuovi e aggiornati: mutare e cambiare forma per cercare la via migliore per contagiare e replicare è tuttavia proprio il modo in cui il virus cerca di farsi strada e sopravvivere in un contesto a lui sfavorevole.

È chiaro quindi che di fronte a nuove varianti non dobbiamo mai abbassare la guardia. Dietro a ciascuna di queste potrebbe nascondersi una nuova ondata di contagi o, magari, una nuova pandemia.

Fonte | Organizzazione Mondiale della Sanità

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