Da plastica a seta biodegradabile: alcuni scienziati usano i batteri per combattere l’inquinamento

Attraverso un processo chiamato “trasformazione microbica” alcuni scienziati stanno provando a convertire la plastica in seta. Ecco come avviene il processo.
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Francesco Castagna 14 Febbraio 2024

Quante volte hai sentito dire che la plastica è un problema? Che ne stiamo abusando e che dobbiamo cominciare a utilizzare sempre meno materiali usa e getta di questo tipo? L'anno scorso l'Unione europea aveva lanciato un segnale con una legge che ha stabilito lo stop definitivo alla produzione di oggetti in plastica monouso. In questi anni sono stati diversi i tentativi di risolvere il problema su scala globale dell'inquinamento legato alla plastica, ora una squadra di ricerca sta provando a trasformare questo materiale in seta biodegradabile. Ma come avviene questo processo?

Innanzitutto dobbiamo dire che lo studio è ancora in fase di sperimentazione, perciò non sappiamo ancora se la ricerca sarà poi applicabile su scala globale, e soprattutto se sarà possibile metterla in commercio. Il lavoro è stato condotto dai ricercatori del Rensselaer Polytechnic Institute (RPI) negli Stati Uniti d'America.

La scoperta promette bene e ha del rivoluzionario: hanno usato i batteri per degradare la plastica PET, così facendo avrebbero trovato un modo veloce per trasformarla in un materiale molto simile alla seta del ragno, ma molto più resistente. Questa trasformazione è stata fatta grazie all'editing genetico: i microorganismi sono stati modificati per produrre un materiale simile alla seta, inserendo una sequenza di aminoacidi simili a una proteina trovata nella seta.

In passato altri team di scienziati avevano provato questa strada, ma al momento gli esperimenti sono ancora in fase di sperimentazione. Se si riuscisse ad arrivare a una soluzione per risolvere il problema dell'inquinamento della plastica ne gioverebbe sia l'essere umano che l'ambiente. Essendo un materiale non computabile, la plastica rovina suolo, falde acquifere e, una volta sminuzzata da fenomeni naturali, purtroppo finisce anche nei nostri organismi.

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