Diminuisce l’ossigeno negli oceani: gli ecosistemi marini sono sempre più a rischio

Secondo il nuovo rapporto pubblicato dall’Iucn, il contenuto di ossigeno negli oceani è calato di circa il 2% rispetto ai valori registrati alla metà del secolo scorso a causa del riscaldamento globale provocato dalle attività umane. Le conseguenze? Proliferazione delle alghe, alterazione di interi ecosistemi e perdita di biodiversità.
Entra nel nuovo canale WhatsApp di Ohga
Federico Turrisi 12 Dicembre 2019

I nostri mari sono sempre più tartassati. Non bastano l'incremento dell'acidificazione, la pesca eccessiva, l'inquinamento da plastica. Gli oceani di tutto il mondo hanno anche meno ossigeno a disposizione; e il loro respiro si fa sempre più affannoso. Il nuovo studio presentato dall'Unione internazionale per la conservazione della natura, meglio conosciuta con la sigla inglese Iucn, proprio nei giorni in cui si svolge la Cop25 di Madrid, mette in evidenza uno scenario alquanto sconfortante: a livello globale gli oceani hanno perso circa il 2% dell'ossigeno dagli anni Cinquanta e, se non si interviene per limitare le emissioni di gas serra, si prevede che entro il 2100 perderanno un altro 4%.

La causa sta soprattutto nell'innalzamento delle temperature medie globali che, come sappiamo, è dovuto alla CO2 e agli altri gas climalteranti che continuiamo a rilasciare in enormi quantità nell'atmosfera. È un circolo vizioso: l'acqua più calda trattiene meno ossigeno e allo stesso tempo fa aumentare la richiesta di ossigeno da parte degli organismi viventi che abitano l'ecosistema marino. Questi ultimi però se ne ritrovano sempre meno.

Chi se ne frega? E no, invece è proprio il caso di preoccuparsi. In questo modo il già delicato equilibrio della vita marina si indebolisce ulteriormente, causando perdita di biodiversità e mettendo a rischio la sopravvivenza di specie marine come tonni, marlin e squali. Questi animali sono costretti a nuotare in acque superficiali più ossigenate, esponendosi ancora di più ai rischi dell'eccesso di pesca. Al contrario, tale situazione favorisce la proliferazione delle meduse.

Senza contare lo stravolgimento dell'ecosistema dovuto alla crescita eccessiva delle alghe provocata dal riscaldamento e dalla deossigenazione degli oceani. Lo studio individua le aree marine nel mondo soggette agli effetti dell'eutrofizzazione, ossia quel fenomeno che porta le acque ad una anomala proliferazione di biomassa vegetale e ad arricchirsi eccessivamente di sostanza nutritive (in particolare di nitrati e fosfati): negli anni Sessanta erano 45, oggi sono più di 900.

Fonte | "Ocean deoxygenation : everyone’s problem" pubblicato da Iucn il 7 dicembre 2019