“Eravamo un po’ agitati, ma ce l’abbiamo fatta”: così la Nazionale italiana di basket C21 ha vinto i Mondiali

Davide Paulis, uno degli atleti in campo, e Giuliano Bufacchi, Referente Tecnico, ci hanno raccontato come sono arrivati a vincere per la seconda volta il mondiale con la Nazionale di basekt C21, composta da persone con sindrome di Down.
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Giulia Dallagiovanna 13 Dicembre 2019

Hanno vinto i mondiali, per il secondo anno consecutivo. La Nazionale italiana di basket C21 è ufficialmente la squadra da battere, dopo aver sconfitto per 36 a 22 il Portogallo. Gli atleti di Giuliano Bufacchi e Mauro Dessì, tutti affetti da sindrome di Down e provenienti da diverse squadre italiane, hanno sollevato la coppa più importante e si sono portati a casa una medaglia di cui possono, e possiamo, andare orgogliosi.

"Non è stato facile, perché anche la squadra del Portogallo ha giocato bene – ha raccontato a Ohga Davide Paulis, cestista al suo primo anno in Nazionale – Abbiamo fatto un po' di fatica e io ero un po' agitato, perché era la finale. Ma alla fine mi sono divertito: ho segnato tanti punti e abbiamo vinto". Un esordio notevole per il 23enne sardo, che è riuscito a totalizzare ben 28 punti nella sola ultima partita. La vittoria, però, è possibile solo se tutta la squadra è unita e gioca bene. "Per Davide era la prima volta – conferma la madre Elena – ma i compagni più esperti lo hanno aiutato e servito molto bene. Quando si gioca a questi livelli, i risultati arrivano solo se il team è forte e in questo caso lo è stato".

Davide gioca a basket da quanto aveva 9 anni. Ha iniziato proprio nel suo comune, Quartu di Sant'Elena, a pochi chilometri da Cagliari. La prima squadra, l'Antonianum, era formata da bambini normodotati e di qualche anno in meno, che gli hanno dato una mano ad accettare regole e disciplina: "Il gruppo è fondamentale – prosegue la madre – quando gli altri si sono accorti delle furbizie che Davide utilizzava per saltare una fila o non rispettare del tutto il regolamento, lo hanno rimesso in riga. E tutto poi è andato per il meglio, si sono creati dei rapporti sinceri. A distanza di anni, infatti, si vedono ancora. Di recente hanno organizzato una pizzata dove è stato invitato anche Davide".

Era stato proprio uno dei suoi insegnanti a consigliare ai genitori di farli fare un'attività sportiva di squadra. Alla fine, è stato scelto il basket perché "era il mio preferito", ci conferma. Così dall'Antonianum si è spostato a Cagliari, all'associazione Millesport. Ed è qui che è stato notato da un talent scout e segnalato ai responsabili tecnici della Nazionale.

Davide gioca a basket da quando aveva 9 anni e lo ha scelto proprio per passione

"La Fisdir (Federazione italiana sport paralimpici degli intellettivo relazionali, ndr.) organizza da tempo anche la pallacanestro – ci spiega Giuliano Bufacchi, il Referente Tecnico – ma solo dal 2017 è nata la squadra C21 specifica per ragazzi Down". E non gli è servito molto tempo per salire sul gradino più alto del podio: "Abbiamo vinto il mondiale per due volte – aggiunge – siamo la squadra più preparata e un punto di riferimento per le altre. Quest'anno quindi avevamo anche un po' l'obbligo di vincere ed è stata una scommessa perché ci siamo presentati con diversi esordienti, ma il gruppo è stato unito e non hanno accusato troppo la tensione".

Prima dell'appuntamento di Guimarães, c'è stato un ritiro di preparazione. I ragazzi hanno vissuto insieme 24 ore su 24 e si sono allenati per due volte al giorno, invece che due volte a settimana come fanno di norma. "Mi è piaciuto, anche se alla fine ero stanco – ricorda Davide – ma è comunque la mia passione". "Anche questa è stata un'esperienza, che conta al di là dei risultati – aggiunge la madre – il viaggio, lo stare tutti assieme, la trasferta lontano da casa. Poi chiaramente il risultato è quello che fa la differenza. Infatti mentre parlo, Davide continua a ridere". 

Il risultato è quello che ti fa festeggiare fuori dagli spogliatoi e che riempie di soddisfazione non solo chi ha giocato, ma anche la famiglia, i parenti e i compagni della propria squadra. Durante tutto il weekend non sono infatti mancati messaggi di incoraggiamento, prima, e poi di congratulazioni, da tutti quelli che conoscono Davide da sempre. E c'è da scommettere che la stessa cosa sia accaduta a tutti gli atleti della Nazionale C21.

"Per quanto riguarda lo sport per persone Down – conclude Elena – in Italia c'è una cultura dell'inclusione molto forte e speriamo si apra anche ad altre patologie. Perché queste esperienze sono davvero formative e importanti nella vita dei ragazzi".

Fonte| Fisdir