
Che un consumo eccessivo di zuccheri possa essere dannoso per la salute non è affatto una novità. C'è uno zucchero, però, che potrebbe sembrarti più innocuo rispetto ad altri. Sto parlando del fruttosio, lo zucchero che – come suggerito dal suo stesso nome – assumi quando mangi frutta, un alimento generalmente considerato salutare. Possibile, allora, che il suo zucchero faccia male alla salute?
In realtà, proprio il fruttosio è l'unico zucchero esplicitamente nominato quando si parla delle quantità massime di zuccheri da introdurre con l'alimentazione quotidiana. Infatti, all'indicazione di «limitare il consumo di zuccheri a < 15%» delle energie assunte ogni giorno con cibo e bevande, la Società Italiana di Nutrizione Umana (Sinu) aggiunge le raccomandazioni di «limitare l'uso del fruttosio come dolcificante» e di «limitare l'uso di alimenti e bevande formulati con fruttosio e sciroppi di mais ad alto contenuto di fruttosio».
I motivi alla base di queste raccomandazioni non sono da poco. Prima di tutto, un eccesso di fruttosio ha effetti deleteri sul fegato. Poi, può contribuire alla resistenza all'insulina (fenomeno direttamente associato al diabete) e all'obesità. E, secondo gli autori di un recente articolo pubblicato sull'American Journal of Clinical Nutrition, potrebbe anche danneggiare il cervello, promuovendo la comparsa dell'Alzheimer.
Gli autori della pubblicazione (un gruppo di ricercatori statunitensi e messicani guidati da Richard J. Johnson dell'Anschutz Medical Center, all'Università del Colorado di Aurora) spiegano che il fruttosio non è una fonte immediata di energia per l'organismo (un ruolo tipico, invece, del glucosio). Piuttosto, lo stimola ad assumere cibo e acqua, riduce il metabolismo a riposo (cioè la quantità di energia consumata indipendentemente dalle attività svolte), stimola l'accumulo di grasso e di glicogeno (la forma di glucosio “di scorta”) e, come accennato, induce la resistenza all'insulina. Tutto ciò permetterebbe di ridurre il metabolismo e risparmiare glucosio per il cervello – un meccanismo che garantiva la sopravvivenza ai nostri antenati, che grazie all'azione del fruttosio riuscivano a evitare distrazioni e a concentrarsi su attività più importanti, come la ricerca di cibo anche in condizioni di pericolo.
Nella nostra società, questa funzione, in genere, non è più necessaria. Tuttavia, non è andata persa, anzi, può essere continuamente attivata dall'assunzione continua di fruttosio, di cui sono ricchi non solo i frutti, ma anche il miele e numerosi cibi industriali. I suoi effetti, però, continuano a manifestarsi e possono risultare deleteri proprio per il cervello.
Per i nostri antenati, “evitare distrazioni” grazie all'effetto del fruttosio si traduceva nel non prestare attenzione a ricordi recenti e allo scorrere del tempo. Pensaci, non ti fa venire in mente quello che si dice accada in caso di Alzheimer? In effetti, secondo Johnson e colleghi questa patologia potrebbe essere la conseguenza di un adattamento indesiderato ai meccanismi di sopravvivenza indotti dal fruttosio. Se protratti nel tempo, tali meccanismi diventerebbero dannosi e scatenerebbero molti dei fenomeni precoci tipici dell'Alzheimer, come un ridotto metabolismo del glucosio a livello del cervello, malfunzionamento dei mitocondri (gli organelli che si occupano di produrre energia nella cellula) e neuroinfiammazione.
«La riduzione cronica e persistente del metabolismo cerebrale indotta dal ripetuto metabolismo del fruttosio porta a una progressiva atrofia cerebrale e a perdita di neuroni, con tutte le caratteristiche della malattia di Alzheimer», ha spiegato alla stampa Johnson, che insieme ai suoi colleghi ipotizza che gli effetti del fruttosio e di un suo derivato (l'acido urico intracellulare) siano associati all'accumulo, nelle cellule nervose, delle proteine associate alla malattia. Studi condotti negli animali supportano questa ipotesi e il fatto che nel cervello delle persone con Alzheimer siano stati riscontrati livelli elevati di fruttosio fa pensare che lo stesso possa accadere anche nell'essere umano.
Questa nuova ipotesi si aggiunge alle prove del legame tra alimentazione e Alzheimer. Secondo Johnson e colleghi, a promuovere gli effetti del fruttosio sarebbero le diete ricche di zuccheri, di carboidrati dall'elevato indice glicemico (come quelli presenti nelle farine bianche o nel riso e nel pane bianchi) e di sale. Devi infatti tenere presente che il fruttosio presente nel tuo organismo non è solo quello che introduci con il cibo, ma anche quello che tu stesso produci; non sorprenderti, quindi, se anche ingerire troppo sale può farlo aumentare.
Ricorda che, al contrario, un'alimentazione ispirata ai principi della Dieta Mediterranea può aiutarti a tenere alla larga l'Alzheimer. Preferisci i cereali (e i loro derivati, come pasta e pane) nella loro forma integrale, mangia legumi, pesce e frutti di mare, condisci con l'olio d'oliva e non esagerare con carne rossa, uova e dolciumi. Mangia anche verdura e, senza dubbio, frutta, ma non esagerare nemmeno con quest'ultima: a seconda dei casi, se ne suggeriscono al massimo 2-3 porzioni al giorno. Puoi regolarti così: una porzione corrisponde più o meno a quanta ne contiene una tua mano.