
Pochi decidono per molti. Quei pochi come sempre sono i più ricchi e questa volta non stanno deliberando sull’aumento dell’Iva o delle accise sul carburante, dettagli non secondari che comunque pesano sulla qualità della tua vita. No, stanno giocando con il futuro del tuo Pianeta. Già, perché loro, i più ricchi, stanno inquinando più di tutti gli altri: in fatto di emissioni di CO2, l’1% della popolazione più abbiente della Terra inquina il doppio della metà più povera. Se ti dipingo questo quadro usando i numeri, l’effetto è ancora più devastante: 63 milioni di abitanti ha emesso nell’atmosfera il doppio di anidride carbonica rispetto a 3,1 miliardi di persone.
A incorniciare la situazione è stato il rapporto Oxfam-Stockholm Environment Institute: alla vigilia dell'Assemblea Generale dell'Onu (dove si discuterà, appunto, dell’emergenza climatica) il report contribuisce a riempire la scatola della preoccupazione e anche quella della rabbia. Dopo aver visto il decennio più caldo nella storia e aver praticamente fallito nel limitare il riscaldamento globale a 1,5°, è difficile allontanare l’idea che una maggior disponibilità economica non sia sinonimo di una maggior libertà di pensare che "tanto non stiamo inquinando". Traduzione: la sensazione è che la ricchezza autorizzi, più o meno inconsciamente, a fregarsene.
Il report di Oxfam analizza la quantità di emissioni di CO2 di 117 paesi e di quasi il 90% della popolazione mondiale su un periodo di 25 anni, partendo dal 1990. E quelli che arriveranno sui tavoli dell’Onu non sono numeri facili:
Per rendere ancora più chiara questa diseguaglianza, la Oxfam utilizza il grafico del "bicchiere di champagne”. Lo trovi qui sotto. In sostanza la larghezza del bicchiere è determinata dalle emissioni globali generate dai più poveri e dai più ricchi del mondo e come puoi vedere il “bicchiere” del 2015 è più largo rispetto a quello del 1990: una crescita che sarebbe verificata, appunto, nella metà a reddito più alto della popolazione mondiale.
Lo specchio di questa disuguaglianza si riflette anche in termini economici, ambientali e di costo di vite umane. Il sillogismo è semplice: più si inquina, più si incide negativamente sul cambiamento climatico più sono frequenti, purtroppo, eventi estremi e catastrofici.
Sto parlando ondate di caldo mai viste prima o incendi come quelli in Australia di cui ti abbiamo raccontato, di cicloni violentissimi come quelli che hanno devastato l’India e il Bangladesh o delle invasioni di locuste che hanno distrutto i raccolti in Africa. A pagarne il prezzo sono spesso i più poveri e di riflesso anche le generazioni future.
Ti ho parlato prima del “punto di non ritorno”, la linea che, una volta oltrepassata, secondo la scienza non ci permetterà di fare marcia indietro sull’autostrada per l’autodistruzione. L’Intergovernmental Panel on Climate Change l’ha fissata non quei famosi 1.5° entro cui dobbiamo contenere l’aumento della temperatura del mondo. E per riuscirci davvero, sarà necessario cambiare marcia: i più ricchi dovranno dovranno passare la spugna e sbarazzarsi delle vecchie malsane abitudini.
E devono farlo anche tenendo sotto controllo l'orologio perché, stima la Oxfam, se anche tutto il resto del mondo riducesse a zero le proprio emissioni entro il 2050, qui 10% più ricco potrebbe arrivare ad esaurire le riserve entro il 2033. I più abbienti – e quindi, forse, anche noi – avrebbero dunque una sola soluzione: da qui a 8 anni ridurre di dieci volte le proprie emissioni pro-capite. Il tempo corre, insomma, e tutti dobbiamo darci una mossa. Qualcuno più in fretta degli altri.