Giornata del complimento, perché non riusciamo a farli così facilmente?

Ricevere complimenti favorisce la connessione sociale e contribuisce a creare relazioni pacifiche, eppure raramente riusciamo a farli. I motivi risiedono un po’ nella nostra difficoltà nell’esternalizzazione delle emozioni, un po’ nel nostro narcisismo.
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Evelyn Novello 1 Marzo 2024
Intervista a Dott.ssa Ilaria Bruschi Psicologa e psicoterapeuta

Alcune semplici parole o azioni possono migliorarti la giornata. Un amico che si congratula per un tuo successo, una collega che ti fa notare quanto il maglioncino che indossi faccia risaltare i tuoi occhi, un familiare che ti elogia per le tue doti culinarie la domenica a pranzo. Un complimento può davvero darti quella piccola dose di felicità e gratitudine che, probabilmente, ti farà accennare un sorriso prima di coricarti la sera. Ma quanto spesso ne facciamo? Perché riusciamo così poco a esporci anche con chi amiamo? In occasione della Giornata mondiale del complimento celebrata ogni 1 marzo, abbiamo indagato questo nostro aspetto psicologico con la dott.ssa Ilaria Bruschi, psicologa e psicoterapeuta.

Di fronte alla felicità altrui, potremmo non sentirci così a nostro agio come dovremmo, come la società ci ha sempre insegnato. "Un successo altrui ci fa istantaneamente da specchio ricordandoci quello che noi non riusciamo a ottenere – spiega Bruschi. – Accade, così, che, piuttosto che puntare su noi stessi per raggiungere lo stesso traguardo, cerchiamo di svalutare l'altro, o, comunque, non contribuiamo alla sua felicità. Se non ci sentiamo completi e siamo abituati a lamentarci, sarà complesso per noi essere felici per gli altri, a meno che non li amiamo veramente".

Dobbiamo considerare anche il mondo individualista in cui viviamo e con cui abbiamo imparato a convivere. "Non siamo abituati a fare complimenti perché – continua la dottoressa – viviamo in una società che ci mostra in continuazione altri migliori di noi, o che fingono di esserlo. Così, per noi è difficile provare empatia per emozioni positive degli altri, è più semplice, invece, provarla per chi soffre, anche perché socialmente ci sentiamo più buoni. È tutto collegato all'immagine che vogliamo dare di noi e alla nostra autostima".

C'è, poi, anche un lato oscuro nel fare complimenti. "Li potremmo usare – precisa Bruschi – non tanto per gratificare gli altri, quanto per manipolare e ottenere qualcosa da loro. Questo ci ricorda quanto sarebbe importante valorizzare il rapporto con gli altri. Siamo in un momento sociale in cui diciamo di volere la pace ma siamo, spesso, propensi a creare conflitti. Ribadiamo, allora, quanto contribuirebbe al benessere sociale fare un complimento davvero sentito. A livello neurofisiologico, chi li riceve, prova una combinazione tra amore e gioia, dati da alti livelli di dopamina, serotonina e ossitocina che favoriscono la sintonizzazione emotiva tra le persone".

C'è, infine, un altro punto da toccare. Chi non riesce ad esprimere parole gentili, nonostante le pensi, potrebbe semplicemente avere difficoltà ad esternare le proprie emozioni. "L'espressività delle emozioni è una dote acquisita a livello familiare – conclude l'esperta – Se siamo nati e vissuti in una famiglia anaffettiva sarà molto complicato per noi imparare a esprimere ciò che proviamo, perché non abbiamo avuto esempi a cui ispirarci in tal senso. È tutto correlato al contesto affettivo e ambientale che ci ha cresciuto".