I disturbi specifici dell’apprendimento: se tuo figlio non va bene a scuola, forse non è mancanza di impegno

I disturbi specifici dell’apprendimento vengono considerati dei disturbi del neurosviluppo. Al loro interno puoi trovare la dislessia, la disgrafia, la discalculia e altri di questo tipo. Il sintomo più evidente è il basso rendimento scolastico del bambino, che viene però scambiato per mancanza di impegno. Ecco perché è importante conoscere meglio questi disturbi e cosa fare per aiutare tuo figlio.
Entra nel nuovo canale WhatsApp di Ohga
Dott.ssa Samanta Travini Psicologa Psicoterapeuta
3 Luglio 2020 * ultima modifica il 03/07/2020

Nell’ultima versione del DSM-5 il disturbo specifico dell’apprendimento (DSA) figura tra i disturbi del neurosviluppo. Il disturbo specifico dell'apprendimento un disturbo con esordio durante gli anni della formazione scolastica ed è caratterizzato da persistenti e progressive difficoltà nell’apprendere le abilità scolastiche di base.

Cosa sono

Per poter parlare di disturbo dell’apprendimento le difficoltà descritte prima devono presentarsi per almeno sei mesi. Quest’ultime impediscono al bambino di poter apprendere la materia di studio stessa per questo il rendimento scolastico non è soddisfacente.

I Disturbi Specifici dell’Apprendimento (DSA) sono la causa principale di difficoltà scolastiche e di abbandono della scuola. Riconoscere, diagnosticare, pianificare e usare interventi efficaci significa creare interventi personalizzati e adeguati alle caratteristiche individuali dello studente e al percorso di studi, che favoriscano e garantiscano l’apprendimento. L’obiettivo è rendere lo studente autonomo o il più autonomo possibile, con tutte le ricadute positive in termini di successo scolastico ma anche di autostima e gratificazione nella sfera lavorativa e personale.

Quali sono

I disturbi specifici dell’apprendimento (DSA) riguardano un gruppo di disabilità in cui si presentano significative difficoltà nell’acquisizione e utilizzazione della lettura, della scrittura e del calcolo.

La principale caratteristica di questa categoria è proprio la “specificità”, ovvero il disturbo interessa uno specifico e circoscritto dominio di abilità indispensabile per l’apprendimento (lettura, scrittura, calcolo) lasciando intatto il funzionamento intellettivo generale. Ciò significa che per avere una diagnosi di dislessia, il bambino non deve presentare deficit di intelligenza, problemi ambientali o psicologici, deficit sensoriali o neurologici.

La Dislessia è una disabilità specifica dell’apprendimento caratterizzata dalla difficoltà di effettuare una lettura accurata e/o fluente. Il bambino, all’inizio del percorso di scolarizzazione, mostra difficoltà a riconoscere le lettere dell’alfabeto, a fissare la corrispondenza fra segni grafici e suoni e ad automatizzare tale processo di conversione. Tale difficoltà si ripercuote sull’apprendimento scolastico e sulle attività di vita quotidiana che richiedono la lettura di testi scritti

La disortografia è uno dei disturbi specifici dell’apprendimento che riguarda la componente costruttiva della scrittura, legata quindi agli aspetti linguistici, e consiste nella difficoltà di scrivere in modo corretto da un punto di vista ortografico. Il bambino disortografico presenta una difficoltà nell’applicare le regole di conversione dal suono alla parola scritta e quindi a riconoscere i suoni che compongono la parola, a individuare le regolarità o irregolarità ortografiche e a individuare il corretto ordine con cui questi elementi si compongono.

La disgrafia riguarda la componente esecutiva, grafo-motoria (scrittura poco leggibile); si riferisce alla difficoltà di scrivere in modo fluido, veloce ed efficace. Il bambino disgrafico può presentare una cattiva impugnatura della penna o matita, poca capacità di utilizzare lo spazio nel foglio, difficoltà nel produrre forme geometriche e nella copia di immagini, alternanza tra macro e micrografia.

La discalculia riguarda la difficoltà a comprendere ed operare con i numeri e la difficoltà automatizzare alcuni compiti numerici e di calcolo. Il bambino discalculico può presentare difficoltà nella cognizione numerica (meccanismi di quantificazione, seriazione, comparazione, capire il valore posizionale delle cifre, associazione numero quantità, eseguire calcoli a mente) nelle procedure esecutive (lettura, scrittura, messa in colonna dei numeri) e di calcolo (recuperare i risultati delle tabelline, recupero dei fatti numerici e algoritmo del calcolo scritto.

Come si riconoscono

Già dall’ultimo anno di scuola materna è possibile individuare una vulnerabilità nell’acquisizione delle specifiche competenze dei bambini. Le difficoltà possono costituire importanti indici di rischio e possono riguardare:

  • Aspetti meta fonologici (es. denominazione di parole; scorretta identificazione dei suoni iniziali e finali delle parole; segmentazione – es. dividere in sillaba la parola – e fusione fonemica – es. unire le sillabe per formare una parola -)
  • Il linguaggio
  • La motricità fine (es. impugnatura della penna, difficoltà nella manipolazione di piccoli oggetti, difficoltà nell’utilizzo delle forbici dei pennelli, ecc)
  • La coordinazione visivo-motoria (es. difficoltà nel disegno spontaneo e su copia, ricomposizione di puzzle, ecc.)

L’ingresso nella classe prima elementare è di solito cruciale per l’individuazione dei bambini che potrebbero sviluppare uno dei disturbi specifici dell’apprendimento. Sono spesso insegnanti e genitori a segnalare tali difficoltà.

È necessario, nella fase diagnostica, indagare gli aspetti neuropsicologici e quelli emotivi (indicare fattori di vulnerabilità e fattori protettivi) ed impostare un intervento adeguato. Trascurare la relazione tra disagio psicologico e DSA risulta rischioso considerando il fatto che i DSA hanno un notevole impatto sia a livello individuale, sia a livello sociale. Diagnosi accurata e l’intervento precoce costituiscano fattore prognostico positivo sia sul piano scolastico, sociale e psicologico (comorbilità psichiatrica). Spetta al clinico operare un’accurata diagnosi differenziale e impostare un adeguato piano di trattamento.

Le cause

Non vi è una risposta univoca rispetto a quali siano le cause dei DSA. Vi è accordo, però, rispetto al riconoscimento dell’origine neurobiologica del disturbo. La sua espressione, peraltro così eterogenea, è mediata e modulata da fattori ambientali.

Tra le cause sono state principalmente indagati i fattori genetici e quelli acquisiti (sofferenza cerebrale precoce, lesioni di varia natura, ritardi maturativi, ecc.).

L’esperienza clinica e i dati riportati da numerose ricerche suggeriscono che i disturbi specifici dell’apprendimento si presentano frequentemente associati a disturbi emotivi e comportamentali. La comorbilità fra i disturbi specifici dell’apprendimento e disturbi di tipo internalizzanti o esternalizzanti è tra il 25-50%. Le categorie diagnostiche maggiormente riscontrate riguardano il deficit di attenzione e iperattività; il disturbo oppositivo-provocatorio; i disturbi della condotta; il disturbo depressivo; i disturbi di ansia.

L’evoluzione è condizionata da vari fattori. Prima di tutto la gravità del disturbo specifico. In secondo luogo, le associazioni tra difficoltà di scrittura, lettura e calcolo. Poi, il livello cognitivo e metacognitivo. Altri fattori ancora riguardano: la presenza di un disturbo psichiatrico, il tipo di compromissioni neuropsicologiche, la precocità e adeguatezza degli interventi e le risposte ambientali.

Cosa fare

Un disturbo specifico dell’apprendimento si può diagnosticare già al termine del primo anno della scuola primaria con un percorso di valutazione di alcune ore. Se pensi che tuo figlio possa avere un DSA o i suoi insegnanti ti hanno segnalato una difficoltà specifica, chiedi un confronto con gli insegnanti, per collaborare a scegliere e applicare le strategie di potenziamento più adatte. Se l’attività didattica di recupero e potenziamento non si rivelano efficaci, rivolgiti al Servizio Sanitario Nazionale per una valutazione. Se i tempi di attesa sono troppo lunghi, puoi chiedere una prima valutazione a uno specialista privato. Se lo specialista diagnostica un DSA, ti indicherà il percorso più adatto per tuo figlio, per compensare il suo disturbo e agevolarlo nello studio e nell’apprendimento. La scuola che riceve una diagnosi di DSA scrive il Piano Didattico Personalizzato (PDP), dove indica le strategie e gli strumenti compensativi e dispensativi da usare per sostenere l’apprendimento.

La diagnosi

La diagnosi di disturbo dell’apprendimento viene di solito eseguita solo al termine del secondo anno di scuola primaria, anno in cui tale disordine diventa più evidente grazie all’esposizione della letto-scrittura. Solitamente sono le maestre, durante le attività scolastiche, ad avvertire le prime difficoltà e disagi nel bambino. È loro dovere quindi informare il genitore al più presto per fargli prendere contatto con lo specialista in grado di formulare una diagnosi: – solitamente il neuropsichiatra infantile o un’équipe multidisciplinare composta da neuropsichiatra infantile, psicologo, logopedista ed eventualmente altri professionisti sanitari abilitati alla certificazione – sulla base della quale il logopedista, psicomotricista ed eventualmente lo psicologo, opereranno da quel momento in poi. Ricordiamo che figure non sanitarie, quali pedagogisti, tutor degli apprendimenti, counselor, ecc., non possono fare diagnosi cliniche, pertanto nemmeno la certificazione: la diagnosi clinica in Italia è permessa solo a psicologi e medici.

L’accertamento diagnostico di uno specifico disturbo evolutivo dell’apprendimento avviene in due distinte fasi, rispettivamente finalizzate all’esame dei criteri diagnostici prima di inclusione e successivamente di esclusione. Nella prima fase si somministrano, insieme alla valutazione del livello intellettivo, quelle prove necessarie per l’accertamento di un disturbo delle abilità comprese nei DSA . Nella seconda fase vengono disposte quelle indagini cliniche necessarie per la conferma diagnostica mediante l’esclusione della presenza di patologie o anomalie sensoriali, neurologiche, cognitive e di gravi psicopatologie.

Il trattamento vero e proprio è di tipo strettamente riabilitativo. Gli interventi variano a seconda delle caratteristiche individuali, va quindi strutturato un intervento  in seguito alla stesura di un profilo personale dei deficit. Sicuramente è raccomandato un intervento il più possibile tempestivo e specialistico,  sia per approfittare della fase evolutiva in cui l’alunno è predisposto a specifici apprendimenti, sia per evitare il rischio del consolidamento degli errori.

L’insuccesso prolungato genera infatti scarsa autostima e dalla mancanza di fiducia nelle proprie possibilità scaturisce un disagio psicologico che, nel tempo, può strutturarsi e dare origine ad un’elevata demotivazione all’apprendimento scolastico.

Questo disagio può tradursi anche in disturbi del comportamento e/o in manifestazioni emotivo-affettive particolari quali la forte inibizione, l’aggressività, gli atteggiamenti istrionici di disturbo alla classe (come si usa dire: “fa il buffone”), il rifiuto della scuola, la chiusura in sè stessi, gli atteggiamenti di disinteresse verso tutto ciò che può richiedere impegno, depressione e così via.

Il trattamento

Gli interventi devono interessare sia il trattamento del disturbo specifico, attraverso operatori specializzati e programmi mirati, che l’organizzazione emotivo-relazionale. Questi ragazzi mostrano una grande sofferenza psicologica legata ai vissuti delle loro carenze. Tali vissuti possono incidere pesantemente sull’autostima e la motivazione ad apprendere.

Spesso accade che il loro funzionamento sociale all’interno del gruppo classe risulta più problematico. Il sentirsi incompetenti nell’apprendere può comportare un sentimento di inferiorità nelle interazioni tra pari, che man mano diventano sempre più sporadiche. Inoltre, il percorso scolastico di questi soggetti è frequentemente segnato da ripetuti insuccessi. Gli insegnanti e i genitori possono attribuire questi esiti ad una mancanza di impegno, colpevolizzandoli come oppositivi, pigri, non interessati. Dal canto suo se il ragazzo percepisce che le sue difficoltà non gli vengono riconosciute, per proteggersi evita i compiti e/o mette in atto comportamenti disturbanti. La conseguenza di ciò è la degenerazione delle relazioni con gli adulti.

Laureata in psicologia clinica dello sviluppo e neuropsicologia, si occupa di sostegno psicologico per individui, coppie e famiglie con particolare attenzione altro…