I falsi miti sulla Sindrome di Down: 12 cose che hai sempre pensato fossero vere

Non sono eterni bambini e sicuramente non sono sempre felici. Quando si parla di Sindrome di Down, o Trisomia 21, sono diverse le credenze popolari da sfatare e che rischiano di appiccicare un’etichetta addosso alle persone che vivono con questa condizione e che hanno il diritto di essere, semplicemente, loro stesse.
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Giulia Dallagiovanna 13 Ottobre 2019
* ultima modifica il 20/03/2023

"Sono più affettuosi", "Sono sempre felici", "Hanno un'autostima più alta rispetto agli altri". Quante volte ti sarà capitato di pensare tutto questo rispetto a persone affette da Sindrome di Down. Magari avrai tratto queste conclusioni dopo aver conosciuto un ragazzo con Trisomia 21 che ti ha accolto con un ampio sorriso e un abbraccio, oppure si tratta di credenze ben radicate nella società e che saranno arrivate fino a te attraverso un passaparola che nemmeno si sa più da dov'è iniziato. Ma qualunque sia la ragione per cui ti sei convinto che quella sia la realtà, oggi, nella Giornata nazionale delle persone con la Sindrome di Down, c'è una notizia per te: non c'è niente di vero, si tratta di falsi miti.

E il problema di questa forma di pregiudizio, per quanto possa anche basarsi su considerazioni all'apparenza positive, è che appiccicano un'etichetta addosso alle persone e le "obbligano" ad attenersi a certi standard che non hanno fissato loro. Ti sembrerà quindi strano se anche chi vive con questa condizione si arrabbia o, semplicemente, se ne sta in disparte e non ama il contatto fisico. Così come ti sarà difficile accettare che questo stesso individuo possa avere degli amici veri, un lavoro e, addirittura, innamorarsi. Su Ohga ti avevamo già raccontato la storia di Benedetta Menghini. Ora facciamo un passo in più e vediamo nel dettaglio 12 falsi miti sulla Sindrome di Down.

Sono sempre affettuosi

No, non sono sempre affettuosi. La Trisomia 21 non gli ha consegnato un carattere migliore e non li ha resi degli eterni bambini in cerca di contatto fisico. Semplicemente, gli ha assegnato un cromosoma in più, che sicuramente comporterà delle differenze rispetto a quanto sei abituato a considerale come la norma, ma queste non hanno nulla a che fare con la personalità. Bisogna dire che però qualche giustificazione per il tuo fraintendimento ce l'hai: la Sindrome di Down amplifica l'espressione dei sentimenti e delle emozioni, probabilmente perché sono più attenuati quei freni inibitori con cui tu controlli le tue reazioni. Ma lo stato d'animo potrebbe essere anche rabbia, disagio e timidezza provocati dalla presenza di altre persone o, semplicemente, antipatia nei tuoi confronti.

Down significa "giù"

Il termine Sindrome di Down non si riferisce all'avverbio inglese che indica "giù, verso il basso" e non è un giudizio sulla condizione di chi ne è affetto. All'origine c'è il nome di quello che per primo ha fornito una descrizione accurata di questa condizione, il medico inglese John Langdon Down, nel 1866. A partire dalle caratteristiche fisiche ben note, come la forma degli occhi allungati e a mandorla e la bocca più piccola rispetto al normale, ha provato a redigere una sorta di vedemecum per distinguere la Sindrome da altre patologie. Ad arrivare all'origine genetica del problema è stato invece il medico francese Jerome Lejeune, alla fine degli anni '50.

Sono sempre felici

Esattamente come per quanto riguarda l'affetto, anche la serenità dipende dal loro carattere e dal loro vissuto. Una persona con Sindrome di Down è felice se è cresciuta in una famiglia dove è stata amata, ha stretto amicizie, svolge attività che la soddisfano, esattamente come accade anche a te. Un cromosoma alterato non preserva nessuno da eventuali delusioni o momenti tristi che capitano nella vita. E nemmeno da una personalità malinconica o che tende a vedere tutto nero.

Possono imparare solo informazioni semplici

La loro capacità di apprendimento, di nuovo, dipende dal singolo individuo e non dalla condizione in sé. Certo, in generale potrebbero essere più lenti nell'imparare e immagazzinare informazioni, perché presentano un ritardo cognitivo più o meno avanzato, ma questo non gli impedisce di frequentare un liceo e un'università con ottimi risultati. Pablo Pineda, che oggi ha 44 anni, si è laureato in Psicopedagogia e dal 2009 è diventato un insegnante. Nel 2011 Giusi Spagnolo ha conseguito la laurea in Lettere e nel 2016 è toccato a Gianluca Spaziani. Tutti loro vivono con la Sindrome di Down.

Non possono assumersi responsabilità

Benedetta Meneghini, di cui ti parlavo all'inizio dell'articolo, lavora in un asilo nido e collabora attivamente alle attività che vengono proposte. Ma c'è chi è impiegato in un'azienda, in un negozio o in altre realtà professionali. Ci sono addirittura interi ristoranti o alberghi gestiti da persone con Sindrome di Down. Ciascuno di loro ha le proprie capacità e come accade di norma, c'è chi è più portato per certe mansioni e chi invece no. Esiste anche un progetto in collaborazione con Erasmus Plus per un periodo di lavoro all'estero. E sempre a proposito di responsabilità, forse non sapevi che chi ha la Trisomia 21 può anche votare.

Esistono forme più lievi e altre più gravi

Non è esattamente così. La Trisomia 21 contempla tre diverse varianti, ma non possono essere classificate come più o meno lievi. È piuttosto il ritardo cognitivo a risultare più o meno marcato, in modo indipendente rispetto al tipo di Sindrome di Down con cui una persona è nata. Bisogna anche dire però che quella a mosaicismo, piuttosto rara, di solito comporta manifestazioni più attenuate e potrebbe quindi apparire come una tipologia "più lieve".

Sono privi di interesse sessuale

Chi ha la Sindrome di Down non è ipersessuato, ma nemmeno privo di interesse sessuale. La pubertà e la fase dello sviluppo, sia dal punto di vista fisico che psicologico ed emotivo, procedono alle stesso di modo di adolescenti con tutti i cromosomi in ordine. Proveranno quindi attrazione verso qualcun altro proprio come potresti provare tu. Di solito legami più stretti si instaurano tra chi è affetto dalla stessa condizione, perciò si cerca di incoraggiare e coltivare la socialità fin da quando sono piccoli. Capiterà quindi che si innamorino e che desiderino una famiglia, anche se non è ancora chiaro se possano avere figli senza problemi oppure no. Se infatti le donne di solito non hanno limiti particolari riferiti alla fertilità, sembra invece che gli uomini da questo punto di vista abbiano maggiori problemi.

Dovranno vivere per sempre con i genitori

Come ti dicevo prima, non è tanto la condizione genetica, quanto la personalità e il grado di ritardo cognitivo a incidere sulle loro scelte e sulle loro possibilità. Non è quindi raro che una persona con Sindrome di Down a un certo punto desideri abitare da sola e ritagliarsi la propria indipendenza. In questo senso ci sono diverse associazioni e case famiglia che possono aiutare in questo percorso di acquisizione dell'autonomia, sia totale che parziale.

Non sanno di avere un handicap

Una persona affetta da Sindrome di Down non è cieca, né vive in un altro mondo. A un certo punto si accorgerà di essere diversa, o perché lo scoprirà da sola o perché altri bambini, che spesso possono essere spietati anche senza volerlo, glielo faranno notare. Perciò sono ben consapevoli che la loro vita potrebbe non essere identica e riservare le stesse possibilità rispetto a quella dei compagni di classe senza Trisomia 21. Sarà quindi compito dei genitori e di chi hanno attorno far loro accettare la situazione ed evitare che diventi un peso difficile da sopportare. Da questo punto di vista, è quindi meglio sottolineare quello che un ragazzo sa fare piuttosto che le sue carenze, per favorire così la formazione di un'autostima ben salda e in grado di proteggerlo anche da eventuali prese in giro o discriminazioni.

Hanno un'aspettativa di vita più breve

In realtà, diversi anni fa questo problema esisteva davvero. La presenza di un cromosoma in più può infatti comportare anche malformazioni muscolo scheletriche, problemi cardiaci e altri tipi di complicazioni patologiche che, se non trattate correttamente, non contribuiscono certo a una vita lunga e in salute. Ma la medicina da questo punto di vista ha compiuto progressi notevoli e oggi l'aspettativa di vita media di una persona con Sindrome di Down è di circa 70 anni. Forse non sarà pari alla media italiana e europea, ma non si può certo parlare di un'esistenza breve.

Sono tutti uguali

Le persone con Trisomia 21, ormai l'avrai capito, sono prima di tutto individui con una propria personalità, interessi specifici e capacità differenti. C'è chi amerà la musica, chi preferirà leggere, chi è più pigro e chi non vede l'ora di lavorare o impegnarsi in qualche attività. Anche se hanno tratti fisici comuni, non significa che siano tutti uguali. D'altronde anche il tuo aspetto potrebbe assomigliare a quello di un'altra persona, ma non avrete certo lo stesso carattere o le stesse attitudini.

Hanno genitori anziani

È vero che l'età dei genitori, soprattutto quella della madre, influisce sull'aumento del rischio di Trisomia 21, ma non è detto che una persona con Sindrome di Down abbia per forza una famiglia anziana alle spalle. Se infatti è vero che dopo i 35 anni aumentano le possibilità di avere un figlio con questa condizione, è pur vero che in media le donne più giovani danno anche alla luce più neonati e quindi, per la legge dei grandi numeri, è più frequente che alcuni di questi abbiano un cromosoma in più.

Fonte| Aipd

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