I nasoni di Roma: l’esempio perfetto di “acqua bene comune” ed efficienza contro lo spreco

In occasione della Giornata mondiale dell’acqua, venerdì 22 marzo 2024, Ohga racconta la storia dei nasoni di Roma: un esempio di rete idrica anti-spreco.
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Francesco Castagna 22 Marzo 2024

Attori non protagonisti, ma fondamentali per la vita di tutti i giorni. Appaiono in scene di film che hanno fatto la storia del cinema italiano, come in "C’eravamo tanto amati" di Ettore Scola, o in "Accattone" di Pier Paolo Pasolini, oppure in "Ladri di bicilette" di Vittorio De Sica. Sono i "nasoni", ovvero le famose fontanelle pubbliche sparse in tutta Roma, chiamate così per il rubinetto di ferro dalla forma ricurva, che ha richiamato l'idea di un naso molto grande. Ora questi impianti sono circa 2.500, ma quando nacquero i nasoni non avevano questa forma. Inizialmente infatti l'acqua usciva da tre rubinetti a forma di teste di drago. Oggi esistono nella Capitale soltanto tre esempi del modello iniziale: in via delle Tre Cannelle (che prende il nome proprio dalla forma originaria delle fontanelle), in piazza del Pantheon e in via San Teodoro. Ne esiste anche una variante, ovvero le fontanelle "della lupa imperiale". Questa tipologia comparve tra gli anni Venti e i Trenta e la particolarità è che l'acqua fuoriesce da una testa di lupa in ottone. Attualmente sono rimaste circa 70 fontanelle funzionanti di questo tipo, si trovano principalmente al Villaggio Olimpico o nei parchi.

A decidere che la Capitale dovesse dotarsi di un servizio pubblico di approvvigionamento dell'acqua potabile fu il Sindaco Luigi Panciani, con la collaborazione e il supporto dell'assessore Rinazzi. C'era bisogno dopo la riunificazione dell'Italia di rendere la Capitale a portata di tutti, nel 1874 quindi si decise di o scopo era rendere possibile l'erogazione di acqua potabile sia nel centro che nelle borgate. Così nacquero i primi modelli in ghisa, alte circa 120 cm, pesavano 100 kg e l'acqua finisce tutt'ora nelle fognature della Capitale. Per tanti romani che si sono fermati almeno una volta a bere, la domanda è sempre stata una: ma perché non le chiudono, al posto di lasciarle sempre aperte? Dove va a finire l’acqua? Quanta acqua sprechiamo? La risposta è sorprendente: di gran lunga meno di quanto immagini.

La famosa "acqua der sindaco", quindi, non è soltanto quella che i cittadini romani bevono nelle loro case. Sono costantemente in funzione perché hanno una funzione di sfogo della rete idrica. A Roma si dice che, se si decidesse di chiudere tutte le fontanelle presenti in città, la pressione sarebbe così alta che provocherebbe danni enormi alla rete idrica. Se fossero chiuse, inoltre, gli interventi di pulizia e manutenzione sarebbero troppo frequenti e richiederebbero costi elevati per i cittadini romani. Infine, l'acqua che esce dai nasoni in questo modo è priva di batteri o virus, dal momento che è continuamente in circolo.

Così, gli acquedotti costruiti nella Capitale permettono al Comune di rifornire tutti, turisti e non, ovunque si trovino. E quando la fontanella non è a portata di mano, esistono diverse mappe online in grado di geolocalizzare la più vicina.

Si chiama Waidy, è stata sviluppata dal team di Acea, l'azienda pubblica del Comune di Roma che si occupa della gestione dell'acqua e, in questo caso, di tutte le fontanelle. Tramite questa applicazione, è stata creata "una piattaforma semplice, pratica e divertente che, grazie alla digitalizzazione di circa 6000 punti di erogazione di acqua potabile rende possibile individuare quelli più vicini, conoscerne la storia e la qualità dell’acqua erogata". Non solo, perché Waidy è in grado di garantire la sostenibilità della rete idrica comunale, in quanto incentiva i contenitori refill, contribuendo alla riduzione della plastica monouso. In più, attraverso un sistema smart, permette l'individuazione di eventuali malfunzionamenti delle singole fontane, dando a tutti la possibilità di segnalare guasti e richiedere i parametri quali-quantitativi dell'acqua erogata.

Negli anni passati, però, alcuni nasoni sono stati chiusi per via della siccità che ha colpito l'Italia da nord a sud. È successo nel 2017, quando l'allora ministro dell'Ambiente Gian Luca Galletti decise di lasciare operative per alcuni giorni soltanto 85 nasoni in tutta la città. La misura fu fortemente contestata, sia dall'amministrazione comunale guidata dalla sindaca Virginia Raggi, sia dall'associazione 21 luglio, che portò la protesta sotto il Campidoglio. Il motivo? Quell'acqua erogata è fondamentale perché garantisce a 10mila persone indigenti di lavarsi, bere o cucinare.

Ma quanto pesano i nasoni sul consumo di acqua? Pochissimo, come anticipato: una percentuale che va dall'1% al 2%. In confronto, sono di gran lunga più grossi gli sprechi derivanti dalle perdite idriche comunali, che però fortunatamente sono passati dal 41% al 28% nel 2022.

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