Il cibo sostenibile può ridurre del 25% la possibilità di morire per ictus, cancro e malattie neurodegenerative

Alimenti tipici della dieta mediterranea come cereali integrali, frutta secca, olio extravergine di oliva e verdure sono non solo meno impattanti sull’ambiente ma anche scientificamente correlati a una vita più lunga e sana. I ricercatori dell’Università di Harvard hanno evidenziato un rischio minore di morte per ictus, cancro, malattie cardiovascolari e neurodegenerative in chi li consuma quotidianamente.
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Evelyn Novello 5 Settembre 2023
* ultima modifica il 05/09/2023

Consumare cibo sostenibile fa bene non solo al Pianeta ma anche alla nostra salute. Da uno studio dell'Università di Harvard presentato a Nutrition 2023, una dieta sostenibile dal punto di vista ambientale riduce il rischio di morire per cancro, ictus, malattie respiratorie e neurodegenerative. Lo studio si basa su ricerche precedenti condotte confrontando le diete di 100 mila persone in 30 anni che comprendevano da una parte alimenti benefici come come cereali integrali, frutta, verdure non amidacee, noci e oli insaturi, e, dall'altra, alimenti che potrebbero essere dannosi come le carni rosse e lavorate.

A ogni alimento, i ricercatori hanno assegnato un punteggio basato sugli effetti che ognuno di essi produce sulla salute e sull'ambiente (consumo di acqua, di suolo ed emissioni di gas serra). Alla vetta di questo indice, definito Planetary Health Diet, troviamo i protagonisti della dieta mediterranea, quindi, cereali integrali, frutta fresca e secca, verdure, legumi e olio extravergine. Le carni sono, invece, tra gli alimenti che causano più inquinamento nel corso della loro produzione ed è stato calcolato che le emissioni di gas inquinanti del sistema alimentare scenderebbero del 70% entro il 2050 se tutti il mondo rinunciasse a ogni tipo di cibo di origine animale.

I punteggi più elevati secondo il Planetary Health Diet sono stati associati a un rischio inferiore del 15% di morte per cancro o malattie cardiovascolari, del 20% di morte per malattie neurodegenerative e del 50% di morte per malattie respiratorie. I punteggi sono comunque relativi perché non considerano condizioni di salute specifiche, restrizioni religiose o restrizioni alimentari dovute allo status socioeconomico.

"I risultati hanno confermato la nostra ipotesi che un punteggio più alto del nostro Indice fosse associato a un minor rischio di mortalità – ha detto Linh Bui, MD, dottorando presso il Dipartimento di Nutrizione di Harvard T.H. Chan School of Public Health. – Speriamo che i ricercatori possano adattare questo metodo a specifiche culture alimentari e capire come sia associato a malattie croniche e impatti ambientali come l'impronta di carbonio, idrica e l'utilizzo del suolo", ha affermato Bui.

Fonte | Nutrition

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