
C’è qualcosa che potrebbe fare più paura del contagio di un virus: l’ignoranza della gente. Quella che ti porta a indossare una mascherina di carta quando non sei positivo al virus; quella che ti porta a saccheggiare un supermercato quasi fossimo in tempo di guerra; quella che ti porta a sterilizzare casa tua con disinfettanti, ammoniaca o candeggina come se ti trovassi in un reparto ospedaliero.
E poi c’è l’ignoranza che diventa razzismo. Che purtroppo c’è sempre stato, ma che queste emergenza virus ha evidenziato in modo particolare. Nel popolo dell’ignoranza ci sono anche (non pochi) giornalisti che titolano i propri articoli senza dare il giusto peso alle parole: “Alerte Jaune” (allerta gialla, ndr) titolava in prima pagina pochi giorni fa il giornale francese Courrier Picard, salvo poi presentare le proprie scuse; l’Herald Sun invece, senza allontanarsi troppo per toni e parole, preferiva tagliare la testa al toro e chiamare il coronavirus direttamente Chinese Virus. Su alcuni social media in Australia non sono poi mancati falsi annunci sull’importanza di evitare zone con “un’alta presenza di persone di origine cinese”, ma senza andare troppo lontano, anche a Milano, via Sarpi, il centro della Chinatown milanese, si è svuotata quasi fosse Wuhan.
A questo si aggiungono gli innumerevoli fatti di cronaca che vedono un bambino italiano di origine cinese insultato e spintonato solo per via delle sue origini, un'altro addirittura preso a calci da un padre di famiglia, e un altro giovane cinese di 26 anni preso a bottigliate e chiamato "untore" nel Vicentino. E l'elenco sarebbe ancora lungo.
La buona notizia è che c'è anche chi combatte questa immotivata ondata di razzismo. In questi giorni, dall’Istituto Dagomari di Prato, è stata lanciata l‘iniziativa #viralicontroilvirus, un’idea nata nell’ambito del progetto Quest For Feilong che vede alcuni studenti dell’istituto protagonisti di un cortometraggio che vuole essere un ponte tra culture diverse. I ragazzi coinvolti nel progetto, la cui parola chiave è "integrazione", hanno colto l'occasione "coronavirus" per lanciare il proprio messaggio postando su Instagram una foto che ritrae cittadini di etnie diverse che si abbracciano e baciano liberamente. Un gesto simbolico per andare contro ai pregiudizi e alla disinformazione che circola sul coronavirus e la sua diffusione.
Anche in Francia, un gruppo di cittadini di origine asiatica ha lanciato attraverso i social la campagna #JeNeSuisPasUnVirus (Io Non Sono Un Virus, ndr). L'obiettivo è sempre lo stesso: contrastare l’ondata di razzismo sollevata dalla diffusione del Coronavirus.
In Italia ci hanno pensato le Sardine, con la campagna di sensibilizzazione #Nonfarticontagiare contro la disinformazione. Le Sardine hanno parlato di un antidoto culturale, necessario più che mai, in questo momento di isteria generale: "È sempre più necessario portare avanti questa sensibilizzazione. Certamente bisogna ascoltare la scienza ma noi parliamo di discriminazione, attualmente nei confronti di persone dai tratti somatici asiatici, questo l'Italia non può permetterselo".