
Body positivity, fatphobia, body shaming… ai giorni nostri siamo abituati parlare (tanto, se non troppo) del corpo. Termini anglosassoni che, una volta tradotti, acquistano un significato rilevante in grado di dare origine a vere e proprie tendenze sociali e culturali. Prendiamo ad esempio quella che viene chiamata fatphobia, o fat shaming, o meglio ancora "grassofobia".
Letteralmente si definisce come grassofobia quell’atteggiamento critico, carico di pregiudizio e disprezzo, rivolto a una persona obesa o in sovrappeso che si manifesta attraverso commenti offensivi o vere e proprie discriminazioni sul piano sociale.
Tutto nasce dal considerare negativamente un corpo che non sia conforme agli standard di bellezza esistenti o a considerare il termine “grasso” come un’accezione negativa. Ma perché? Perché mai essere in sovrappeso dovrebbe rendere una persona peggiore di quello che è realmente? Perché dovrebbe in qualche modo sminuirla o farla sembrare agli occhi degli altri una persona pigra o senza controllo davanti al cibo?
Eppure nella società occidentale il giudizio arriva senza troppi ostacoli e "grasso" è diventato uno stereotipo negativo così radicato che in qualche modo bisogna difenderlo. È però anche vero che esiste un confine un poco ottenebrato tra rivendicazione e accettazione di sé.
Partiamo dal fatto che magri o grassi, è fondamentale volersi bene. Volere bene al proprio corpo significa accettarlo, ma anche prendersene cura, il che non significa farsi un pacchetto di patatine ogni sera davanti alla televisione, rivendicando il diritto di essere sovrappeso a tutti costi.
Prendersi cura di se stessi è essenziale. È una forma di amore che può solo fare bene alla persona in sovrappeso e può solo aiutarla ad accrescere la propria autostima. In questa ottica quindi la grassofobia non dovrebbe essere tanto un problema di chi è in sovrappeso, ma di chi ha un pregiudizio e ha taglia e peso di una persona come parametri di giudizio.
Parlare tanto di fat shaming o body positivity negli ultimi tempi ha portato in questo senso a fare qualche passo in avanti? Ha cancellato gli stereotipi legati all’aspetto esteriore di una persona? Ha forse eliminato queste forme di pregiudizio? Non mi pare.
Cosa succederebbe invece se si smettesse di parlare di forme, misure e taglie del corpo? Se si smettesse proprio di pensarci?
Basta fare un paragone con quello che comporta una dieta ferrea e un’alimentazione sana ed equilibrata mantenuta nel tempo. Il pensiero di una dieta che inizia il giorno x e che prevede determinati alimenti in porzioni da tenere sotto controllo con la bilancia porta inevitabilmente a pensare continuamente alla dieta e quindi forse a renderla anche più "impegnativa"; diversamente, uno stile di vita sano ed equilibrato, dieta e attività fisica, rientrando in uno stile di vita quotidiano, diventano abitudine, normalità.
Si tratta di spostare l’attenzione. Si tratta di iniziare a concentrarsi su qualcosa di diverso. Così, come non continuare a pensare alla dieta, ma abituarmi a un'alimentazione sana, può semplificarmi la vita, anche non continuare a pensare al corpo dal punto di vista estetico, può permetterci di stare meglio.
Come farlo? Secondo Anne Poitier, una tra le prime life coach a voler promuovere il principio della body neutrality, è necessario concentrarsi su quello che il corpo può fare: dal camminare per le strade della città al nuotare in mare, dal rilassarsi a mangiare il proprio piatto preferito. Forse, una volta fatta pace con la questione "magro o grasso", la necessità di rivendicare a tutti i costi diritti legati all'apparenza perderebbe finalmente un po' di senso.